Un
gruppo di ricerca dello Iom-Cnr e della Sissa e
aumenta l’efficienza dei
catalizzatori riducendone lo spreco. La ricerca è stata appena
pubblicata su Nature
Communications
Le nuove tecnologie
hanno 'fame' di catalizzatori
efficienti e dai costi contenuti. I materiali migliori sono
costituiti da
nanoparticelle, che devono le loro proprietà proprio alle
dimensioni ridotte.
Le singole particelle di catalizzatore però hanno la tendenza
ad aggregarsi in
particelle più grandi, affievolendo la propria efficacia.
Un
gruppo di
ricercatori dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio
nazionale delle
ricerche (Iom-Cnr), della Scuola internazionale superiore di
studi avanzati di
Trieste (Sissa) e del centro Democritos, con la collaborazione
di altre
istituzioni, ha creato un materiale che mantiene stabile il
catalizzatore 'disperso',
aumentando così l’efficienza del processo e diminuendo costi e
sprechi. La
ricerca è stata appena pubblicata su Nature
Communications.
Il
platino è uno dei costosi metalli usati come catalizzatori nelle
nuove
tecnologie che servono per i processi chimici industriali, le
fonti di energia
rinnovabile, la riduzione dell’inquinamento e tanto altro
ancora. In
particolare, viene usato per le celle a combustibile,
dispositivi che
trasformano l’energia chimica in elettrica, senza passare
attraverso la
combustione.
La ricerca dimostra che l’efficienza maggiore si
ottiene quando il
catalizzatore è disponibile in forma di nano-particelle (sotto
la dimensione di
10-9 m). In parole povere, più il materiale è
disperso e piccole
sono le particelle, più è disponibile per il processo di
catalisi. Purtroppo,
le leggi della termodinamica spingono le particelle ad
'attaccarsi' le une alle
altre formando aggregati più grandi e questo è il motivo per cui
il materiale
con il passar del tempo diventa più scadente. Come fare per
mantenere la
“nanopolvere” massimamente dispersa?
Il gruppo
di scienziati Iom-Cnr/Sissa, con la collaborazione
dell’Univerzita Karlova di
Praga, ha studiato il modo di produrre granuli di platino così
piccoli da
essere costituiti da un solo atomo e di mantenerli dispersi in
maniera stabile,
sfruttando le proprietà del substrato sul quale poggiano. “Il
lavoro teorico ha
dimostrato che le discontinuità del substrato chiamate step
(gradini),
osservate negli esperimenti effettuati presso Sincrotrone
Trieste, tendono ad
attirare le nanoparticelle e a disgregarle, facendo sì che vi
restino
letteralmente attaccate in forma atomica”, spiega Stefano
Fabris, ricercatore
Iom-Cnr/Sissa. “Le particelle incollate ai gradini non erano più
visibili
nemmeno con il microscopio a risoluzione atomica”, spiega
Nguyen-Dung Tran, uno
studente di PhD della Sissa. “Tuttavia, la loro presenza veniva
rilevata dalla
spettroscopia: quindi erano presenti, ma non libere di muoversi
e invisibili”. “Le
nostre simulazioni al computer hanno risolto questo dilemma,
dimostrando che le
particelle sugli step si riducono a singoli atomi”, aggiunge
Matteo Farnesi
Camellone Iom-Cnr, altro autore del lavoro.
“Se la
superficie viene ingegnerizzata creando un gran numero di questi
difetti,
allora la forza che àncora le particelle al substrato contrasta
efficacemente
quella di aggregazione”, prosegue Fabris. Il lavoro teorico,
coordinato da
Fabris, ha permesso di formulare un 'sistema modello' al
computer in grado di
prevedere il comportamento del materiale. Le previsioni del
modello sono state
confermate dalle misure sperimentali. Materiali come questo
possono essere
utilizzati per gli elettrodi delle celle a combustibile, con
costi molto
inferiori a quelli attuali.
“Ridurre
la quantità di platino usata negli elettrodi delle celle a
combustibile è
prioritario, non solo per ridurre i costi ma anche in una
prospettiva di
sostenibilità ambientale, come indicano anche le recenti
direttive europee”, conclude
Fabris. Il progetto europeo ChipCat, che ha finanziato questa
ricerca, è mirato
proprio a questo scopo.
Immagine: credit
Iom-Cnr/Sissa
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