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sabato 19 maggio 2007

Copyright: IPRED 2, cambiano le regole

Copyright

IPRED 2, cambiano le regole


Tra timori dei navigatori e discussioni nella blogosfera, la nuova direttiva europea in materia di proprietà intellettuale è stata approvata.


La Commisione Juri ha finalmente votato la tanto discussa direttiva Ipred 2 (acronimo di Intellectual Property Rights Enforcement Directive), che mira a regolamentare la controversa materia della proprietà intellettuale su Internet. L'obiettivo è quello di dare norme sicure sul'argomento in Europa e di armonizzare le leggi in vigore nei diversi paesi UE (in alcuni casi in palese contraddizione tra loro). La direttiva introduce un rafforzamento delle misure penali per i reati contro il diritto d'autore e la proprietà intellettuale di tutti i contenuti Web: essa è il risultato di un lungo iter, che ha sollevato molte critiche e aperto un acceso dibattito sul Web e soprattutto nella blogosfera.

La direttiva

Ipred 2 nasce dall'esigenza di trovare delle risposte ai quesiti lasciti aperti dalla precedente direttiva Ipred 1: questa norma lasciava infatti irrisolti tutti i dubbi relativi al diritto penale. Ipred 2 è stata accompagnata da grandi polemiche circa la sua natura troppo restrittiva che sembrava minacciare la libera circolazione di idee e contenuti nella rete. L'approvazione finale arriva con alcune importanti modifiche rispetto al testo originario (proposto dal relatore italiano Nicola Zingaretti). Il punto saliente è che sono repressi i reati di contraffazione e la pirateria riguardanti tutti i diritti di proprietà intellettuale, con sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino a 400 mila euro nei casi più gravi.

Salvi gli utenti (per adesso)

I passi più contestati, quelli che destavano maggiori preoccupazioni tra i blog nostrani, sembrano in parte superati da alcuni emendamenti inseriti nel testo finale: il primo introduce il concetto di "scala commerciale", ossia non sono considerati dei criminali tutti coloro che scaricano contenuti multimediali da Internet, ma solamente coloro che violano i diritti di proprietà intellettuale con finalità di lucro e commerciali. Questa distinzione permette di evitare sanzioni penali al singolo utente (anche se un singolo Stato membro potrebbe prevederlo in fase di adeguamento alla direttiva, mentre resta da chiarire l'aspetto civile e amministrativo), a chi commette delle violazioni con finalità private, no profit e senza scopo di lucro. La direttiva ribadisce anche che la riproduzione di contenuti multimediali in copie o su supporto audio o con qualsiasi altro mezzo, a fini di critica, recensione, informazione, insegnamento (compresa la produzione di più copie per uso scolastico), non è qualificabile come reato. Anche il libero scambio tra utenti (peer to peer) sembra per il momento salvo, sempre che non abbia finalità commerciali.

Gli altri dubbi risolti

Una seconda importante novità riguarda i diritti di brevetto: anche questo punto aveva sollevato parecchie critiche, perché la direttiva sembrava andasse a colpire la ricerca in campo tecnologico e l'innovazione. Vista la complessità della maggior parte dei progetti di ricerca, era davvero difficile determinare il limite tra violazione brevettuale ed evoluzione di un prodotto preesistente: c'era il rischio, prevedendo sanzioni penali, di disincentivare la ricerca, se non addirittura bloccarla completamente. Un ulteriore aspetto di criticità, che sembra essere stato superato tramite emendamento, era quello relativo all'obbligo per i provider di sorvegliare quanto accadeva in Rete per non rendersi complici di un reato.

I pregi...

Il risultato finale di questo confronto su vari aspetti del Web è una direttiva che per certi versi continua a non piacere, ma che ha il merito di colmare un vuoto legislativo circa una materia molto delicata, quale appunto la proprietà intellettuale. È da non disprezzare, inoltre, lo sforzo di recepire le critiche piovute addosso al testo originale, cercando punti di mediazione e cambiando quello che si doveva cambiare. Un altro punto a favore della direttiva Ipred 2 è la volontà dei legislatori di arrivare ad una definizione compiuta e comune di contraffazione e pirateria, concetti che, se a prima vista sembrano molto semplici, in realtà sono molto complessi da un punto di vista legislativo.

...e i difetti

Permangono, però, alcuni elementi critici: in primo luogo bisognerà capire come i singoli Stati membri dell'UE recepiranno la direttiva. Attualmente esistono normative molto differenti tra Stato e Stato, con leggi molto permissive (è il caso dei Paesi Bassi) ed altre molto più repressive (l'Italia): Ipred 2 prova a mettere d'accordo tutti, ma non sempre le direttive europee trovano poi piena applicazione nei singoli Paesi. In secondo luogo, rimangono le perplessità riguardo i poteri dei titolari dei diritti: ammettendo la procedibilità d'ufficio, quindi anche senza la presentazione di una querela, e consentendo ai privati detentori di diritti d'autore di partecipare direttamente alle indagini, si consegna nelle loro mani un grande potere. Da un lato c'è il rischio di violare la privacy altrui da parte di soggetti non autorizzati a farlo, con minore tutela dei diritti della difesa. Dall'altro c'è anche il pericolo che si inneschino manovre volte a proteggere situazioni di monopolio contro la libera concorrenza. Questi due aspetti sono molto controversi e su di loro si appuntano le critiche di alcune associazioni di consumatori che intravedono il rischio di una minora difesa dei diritti del cittadino.

Le creative sullo sfondo

In ogni caso il dibattito tra pro e contro Ipred 2 continua sul Web, con toni a volte molto accesi. Molti blogger si sono schierati apertamente contro la direttiva, che metterebbe in dubbio la libera circolazione del sapere. Indubbiamente, si tratta però di una materia difficile da normare, anche perché non sono facilmente definibili la proprietà intellettuale, il diritto d'autore, il copyright su Internet. Occorrerebbe trovare nuove formule, perché nuovi sono gli orizzonti di significato che la Rete ha aperto a questi concetti: e i Creative Commons rappresentano la risposta autoprodotta dagli utenti a questi problemi.

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