L'interfaccia grafica si ispira a quella del sito della "community" più cliccata; l'unico colore però è il rosso, simbolo di rabbia. Il logo è una fiamma accesa
Fin dalla fase dell'iscrizione, il visitatore si imbatte in frasi colorite di offesa al "nemico". Lo scopo è quello di concentrarsi verso un obiettivo comune, un obiettivo da odiare, e fare "community" sfogando il rancore e sbirrazzendosi con epiteti offensivi. Perché in gruppo si odia meglio.
La home face di Hatebook, accanto a una fiamma rossa che accoglie i visitatori, presenta il progetto in modo sincero e ironico al tempo stesso: "Hatebook è un prodotto di anti-utilità sociale che ti disconnette dalle cose che odi". Tutto il contrario della filosofia buonista e della connettività "a tutti i costi" che domina i siti più cliccati del web. Lo scopo, nella maggior parte dei casi, è quello di mettere in relazione, non certo "disconnettere". I nomi di questi siti richiamano alla mente momenti di incontro e svago, sorrisi e buoni sentimenti: da www.gotomeeting.com a www.myspace.com, una carrellata di ottimismo e apertura verso il prossimo.
Hatebook sta dall'altra parte. I link rosso fuoco che si aprono sul sito riguardano la possibilità di "inserire le bugie di qualcuno" e "pubblicare i segreti altrui". Oltre a quella, altamente consigliata, di spettegolare, caricare video "odiosi" e persino costituire degli "hate-clan". L'ultimo link è il più esasperato: "Take over the world" permette di registrarsi e fare amicizia con tutti quelli che, semplicemente, odiano il mondo intero.
Infine, per tutti i visitatori iscritti c'è la possibilità di partecipare a un concorso: vince chi riesce ad accumulare il "punteggio di odio" più alto. Un dubbio: ma la voglia di competere e di vincere non è incompatibile con tutto questo simpatico nichilismo?



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