OPEL, FIAT E NUOVI EQUILIBRI DELL'ECONOMIA MONDIALE.
di: Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco.
La decisione del Governo della Signora Merkel, di accettare l'offerta della società austriaca Magna, per acquisire la Casa Automobilistica Opel, è molto importante, perché traccia un nuovo scenario nella crisi internazionale.
Liquidare , questa complessa vicenda come una sconfitta della Fiat, non è lungimirante. Non era una semplice partita di "Monopoli", quella che si è giocata a Berlino, non era qualcosa che riguardava solo il gruppo dirigente della Fiat. La conclusione di questa vicenda finanziaria ed industriale, sarà molto importante per gli anni a venire. In Italia, per le note antipatie che intercorrono da sempre tra Fiat e Berlusconi, la vicenda è stata seguita da tutti i mass media con un distacco troppo ostentato per non essere sospetto. Non abbiamo registrato nessun dibattito televisivo acceso, ne tanto meno inchieste o inviati speciali dei giornali italiani che hanno fatto notte per avere notizie ed indiscrezioni. Che la Fiat non abbia avuto successo, sembra quasi che faccia piacere a molti. Per il Governo era imbarazzante, che questa azienda italiana, che fino a pochi anni fa sembrava sull'orlo del fallimento, sia andata in giro per l'America e la Germania a comprare grandi aziende automobilistiche, proprietarie di marchi prestigiosi. L'immagine di Marchionni, ricevuto da Obama e dal Cancelliere tedesco, dai ministri e dai sindacati dei due paesi più importanti al mondo, mettevano in cattiva luce il Cavaliere di Arcore, che andava anche lui, sulle pagine del Financial Time, ma per altri motivi.
Il Governo italiano ha brillato per la sua assenza, il Ministro Scaiola, aspettava che si concludessero le trattative per chiedere alla Fiat che fine avrebbero fatto i lavoratori di Pomigliano e di Termini Imerese.
Una vergogna! Se qualcuno avesse bisogno della prova dell'insipienza di questo Governo, le vicende del settore auto chiariscono ampiamente quale sia la politica del Governo, del suo Presidente e dei suoi Ministri: non fare niente. La logica è quella che "Chi non fa non sbaglia".
L'acquisizione della Opel da parte della Fiat, dopo che questa ultima aveva acquisito la Chrysler, era una svolta nella produzione mondiale delle auto, significava che l'Italia si poneva al centro del nuovo sistema di produzione dell'auto e diventava il riferimento europeo del settore. I motivi per cui la Fiat ha perso sono: la scelta della Germania di aprire un asse economico e politico con il suo tradizionale mercato, rappresentato dai paesi del corso del Danubio e della Russia; sperare che la ripresa economica consenta a VolksWagen e Porche di formare un grande Gruppo tedesco che possa in futuro riassorbire la Opel ; non perdere in questa crisi molto mercato e molti posti di lavoro; mantenere intatte le potenzialità della Germania di rimanere un paese leader della produzione automobilistica europea. La questione economica è stata molto importante in questa vicenda, con i continui rilanci che si sono verificati nel corso della trattativa; ma le decisioni sono state prese tenendo conto degli scenari di politica industriale che sono determinanti per il settore dell'auto e per lo sviluppo futuro.
Ci sono state telefonate tra Obama e la Merkel , ci sono stati interventi di Putin e del Governo Austriaco, tutti si sono mossi, tranne il nostro Governo. La debolezza della Fiat è stata proprio questa, il progetto industriale, iniziato in America, non interessa al nostro Governo, non lo capisce e non lo appoggia.
Ci vorrebbe molto spazio e molta pazienza da parte dei lettori per raccontare nei dettagli questo scenario economico, politico ed industriale molto complesso. Come è nostra abitudine cerchiamo di sintetizzare con alcuni dati le nostre affermazioni. La produzione mondiale di automobili nel 2007, anno in cui siamo entrati nella crisi, è stato di 90 milioni di vetture. Nel 2008 le vetture vendute sono state esattamente la metà, 45 milioni. Il mercato è completamente cambiato, mancano i finanziamenti per la nota vicenda del fallimento della economia virtuale, il costo dei carburanti e delle materie prime è sempre più alto, il settore va verso una ristrutturazione epocale. Degli attuali produttori, ne rimarranno al massimo sei, che dovranno progettare e costruire nuovi modelli, meno costosi, più ecologici e più sicuri. Quella che appare una politica di semplice salvataggi industriali, inaugurata in America con l'accordo Fiat Chrysler, rappresenta, invece, un modo moderno di riproporre un "new deal", necessario a rilanciare l'economia americana, insieme a quella internazionale. L'espressione americana, letteralmente"nuovo patto", applicata nel nostro caso mette insieme il Governo americano, il sindacato dei lavoratori, una azienda esperta come la Fiat nella produzione di auto con bassi consumi e il settore finanziario che deve recuperare la fiducia dei cittadini. Trasportare questo patto in Europa, avrebbe significato un cambiamento della politica economica di destra che la guida .
Non solo, l'accordo Fiat- Opel, - Chrysler, avrebbe individuato uno dei sei produttori mondiali che sarebbero rimasti dopo la crisi e questo la Germania e la Francia non se lo potevano permettere. Pensate, nel frattempo che si discuteva di Opel, si sono aperte le trattative tra la Fiat e la svedese Saab. Il Governo Italiano è colpevole di fronte al Paese di non avere nessuna visione strategica della crisi e di quello che è necessario fare per superarla in positivo. Infine, in questo contesto i lavoratori, che stanno facendo di tutto per difendere il loro lavoro, sono abbandonati in una attesa senza risposte e senza interlocutori. Molti pensavano che con l'acquisizione dell'Opel, si sarebbero persi molti posti di lavoro in Italia, era l'esatto contrario, Ora, il pericolo di chiusura di stabilimenti è più grave di quanto non si pensi, mentre il nostro Governo è in altre faccende affaccendato.
Il nostro pensiero va ai tre lavoratori caduti di Cagliari ed ai tanti che perdono il lavoro, pensiamo con la rabbia in corpo, che un altro modo di vivere è possibile, ma per il momento in Italia, non abbiamo questa speranza.
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