Il basso tasso d'inflazione è frutto del clima di depressione dei consumi che ha costretto oltre il 70 per cento delle famiglie a "tagliare" anche sul cibo, con un calo dell'1,8 per cento delle vendite alimentari nei primi sei mesi dell'anno e il conseguente crollo della spesa per prodotti indispensabili come pasta (-9,3 per cento), pesce (-16,6 per cento), carne rossa (-4,4 per cento) e ortofrutta (-3,7 per cento). Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati provvisori sui prezzi al consumo ad agosto diffusi oggi dall'Istat.
Non bastano i ribassi su base mensile degli alimentari non lavorati (-1,3 per cento), soprattutto verdura (-6,5 per cento) e frutta (-2,1 per cento), a cambiare la situazione -spiega la Cia-. Gli italiani continuano a svuotare il carrello della spesa, orientandosi sempre di più verso una tavola "low-cost", con 7,4 milioni di famiglie che optano per prodotti di qualità inferiore e 6,5 milioni che ormai si rivolgono quasi esclusivamente ai discount.E' chiaro quindi che in questa situazione non è pensabile aumentare l'Iva -avverte la Cia- che rischia di dare un colpo mortale al Paese, costando alle famiglie quasi un miliardo in più soltanto per le spese alimentari.
Certo, è vero che l'aumento dell'aliquota dal 21 al 22 per cento non riguarda beni di prima necessità come pasta o pane, ma coinvolge tuttavia prodotti di largo consumo come acqua minerale, vino e spumanti, birra, succhi di frutta, caffè e bevande gassate -ricorda la Cia-. Senza contare che il rialzo sulla voce carburanti avrà comunque effetti moltiplicatori sui prezzi di tutti i prodotti alimentari, visto che in Italia viaggiano su gomma nell'85 per cento dei casi per arrivare dal campo alla tavola.
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