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venerdì 3 gennaio 2025

Europa: Gas prezzi in aumento, ne godono i paesi Brics

Nei giorni scorsi il bagarino del Gas ha cominciato la sua oscillazione al rialzo chiudendo a 50 euro, ai massimi dall’ottobre del 2023. Tra le cause il rifiuto del passaggio del gas russo attraverso l’ucraina verso i paesi europei come indicato dall’accordo che l’UE ha sancito con il presidente Zelensky per attuare un processo sanzionatorio verso l’aggressore.

Ma in realtà tale condizione non colpisce solo la Russia che secondo alcuni giornali dovrebbe avere una perdita di circa cinque miliardi di euro, naturalmente solo informazione giornalistica che in realtà nella sua miopia non guarda più lontano del suo naso. Dietro il processo riorganizzativo e commerciale Russo, infatti, troviamo il BRICS che dal 1° gennaio 2025 vede l’entrata di Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan.

Un passo avanti notevole che vede un grande raggruppamento di stati che potranno liberamente commerciare fra di loro ed effettuare scambi anche in termini energetici sfidando l’egemonia statunitense. I paesi BRICS rappresentano oggi il 36% del PIL mondiale, il 37% del commercio globale e il 40% della produzione petrolifera globale. Il gruppo rappresenta il 47% della popolazione mondiale e i Paesi che vi fanno parte coprono una superficie complessiva di circa 40 milioni di chilometri quadrati.

L’Europa sarà costretta ad attuare approvvigionamenti esterni non convenienti attraverso le navi con un costo per i paesi europei del 50% in più rispetto al gas russo. Le fasi di stoccaggio del gas sono in positivo almeno secondo l’Italia. Ma nella realtà tutto questo non corrisponde a verità perché le avvisaglie già inviate da Trump sono chiare in merito all’obbligo di acquisto di GNL dagli Stati Uniti per pareggiare il divario di bilancio commerciale in essere con l’Europa che si traduce in circa 22 miliardi di euro.

La filiera del GNL (Gas Naturale Liquefatto) è altamente sconveniente rispetto alle forniture via gasdotto, il gas infatti deve essere prima trasportato in impianti speciali dove viene liquefatto ad una temperatura di 162 gradi sottozero con una riduzione di volume di 600 volte per poi essere immesso nelle navi metaniere per la destinazione presso i vari rigassificatori. Una spesa enorme valutando il fatto che il prezzo del gas subisce delle variazioni di mercato che molte volte non corrispondono al contratto ventennale che alcuni paesi europei hanno già firmato.

A pagare saranno sempre i cittadini che dovranno sopperire di tasca propria agli sbagli della politica sanzionatoria europea contro la Russia attuando mediaticamente un’azione di visibilità contro il grande aggressore dello stato ucraino ma miopicamente ne paga le conseguenze.

Una nota di colore arriva proprio dalla stessa America dove Elon Musk ha visto bene il grande sacco della Guerra Ucraina - Russia definendo Volodymyr Zelensky il grande “campione di furti di tutti i tempi”. Guardando in tal senso la negazione del passaggio di Gas Russo attraverso l’Ucraina potremmo dire anche altro riguardo ad affari energetici.

Secondo Bloomberg “Quando si prende la decisione (di fermare il transito), il leader ucraino deve tenere conto della necessità di proteggere i 38,6mila chilometri di gasdotti del Paese. La rete, una delle più grandi al mondo, è sfuggita agli attacchi negli ultimi tre anni poiché al suo interno scorreva il gas russo. Se ciò si fermasse, il sistema potrebbe diventare un bersaglio, come è successo con gli impianti di stoccaggio del gas e le fonti di elettricità”, si legge nell’articolo.

Sempre nella pubblicazione si ricorda il modello proposto dal primo ministro ungherese Orban: queste società acquistano il gas al confine tra Ucraina e Russia, e poi questo verrà pompato attraverso il territorio ucraino. La commissione europea non è assolutamente interessata a questa idea perché la ripresa del transito è contro ogni azione sanzionatoria contro la Russia. In pratica paghiamo perché l’Europa non vuole perdere la faccia.

Il fronte del fabbisogno energetico ed il blocco del transito in Ucraina verso l’Europa del Gas Russo dal 1°gennaio 2025 ha creato inoltre uno scontro tra Slovacchia e Ucraina e questo spiega anche le minacce di Fico che vuole interrompere le forniture di emergenza di elettricità all’Ucraina in inverno di fronte agli attacchi russi delle centrali elettriche e alla rete di distribuzione”. Il premier Fico ha affermato che la Slovacchia sarà costretta a adottare misure contro l'Ucraina se Kiev interromperà il transito del gas. Lui ha anche ammesso la possibilità di sospendere la fornitura di energia elettrica all'Ucraina.

Nel frattempo, Gazprom interrompe la fornitura anche in Moldavia per cumulo di debiti dal 1° gennaio 2025. Il debito moldavo e di 709 milioni di dollari, rispetto agli 86 milioni già versati. Un vero parallelismo rispetto alla guerra che però con la lente del buon senso si ritorcerà proprio contro l’Ucraina che dovrà sopperire alla perdita di tasse, infatti, l'Ucraina è destinata a perdere tra 0,8 e 1 miliardo di dollari all'anno in tariffe di transito del gas russo.

La dipendenza dell’Ucraina dalle importazioni di energia elettrica dipende in larga misura da energia proveniente da Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. La Slovacchia ha dato all’ucraina 2,4 milioni di megawattora di elettricità in Ucraina tra gennaio e novembre, con un aumento del 152% rispetto all'anno precedente. Il suo blocco non potrà essere sopperito dagli altri paesi fornitori di energia all’Ucraina che in situazione di freddo invernale ha una domanda che potrebbe raggiungere i 18,5 GW, con un deficit di fornitura stimato di 6 GW.

Ritornando ai paesi Brics saranno quelli a beneficiare di prezzi speciali del gas russo vedi la Cina che attraverso il gasdotto “Forza della Siberia” fornisce 38 miliardi di metri cubi anno per trenta anni con un ricavo di 400 miliardi di dollari ed a sopperire le esequie del gasdotto Nord Stream 1 ecco nascere un nuovo gasdotto “forza della siberia 2” che fornirà circa 10 miliardi di metri cubi di gas alla Cina. Sempre riguardo le componenti fossili della Russia ,vedi il petrolio, sono state dirottate verso Cina, India e Turchia con stime impressionanti che raggiungono i 475 miliardi di dollari.

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