Nello spazio alla ricerca di vite strane
"Più creatività per le nuove missioni"
Potrebbero non utilizzare acqua, Dna o molecole a noi note ed essere molto diversi da quelli terrestri
A lanciare l'appello per un approccio più aperto, meno dogmatico alle esplorazioni spaziali è un gruppo di scienziati americani in un rapporto del National Research Council, commissionato dalla Nasa all'organismo indipendente, che fornisce consulenze al governo americano in materia scientifica.
Quelle che gli scienziati definiscono proprio forme di vita strane, weird life, nel rapporto "The limits of Organic Life in Planetary System", potrebbero, ad esempio, non usare l'acqua come elemento fondamentale per la sopravvivenza, ma altri liquidi considerati improbabili, come l'ammoniaca. O non utilizzare il DNA o l'RNA per codificare le informazioni di base che permettono loro di replicarsi e di mutare, come accade invece per le forme di vita sulla terra; o ancora, non sfruttare neppure quelle molecole che normalmente consideriamo la base della vita. E il rischio di un approccio che segue esclusivamente il noto è di non farci riconoscere organismi di tipo differente, anche se ci stanno davanti agli occhi.
"Lo scopo di questo studio - ha detto alla Reuters John Baross, professore di oceanografia all'Università di Seattle, a capo del comitato scientifico che ha redatto il rapporto - è quello di essere in grado di cercare la vita su altri pianeti e lune con mente aperta. E quindi non perdere forme di vita perché cerchiamo solo quelle ovvie".
La scoperta degli estremofili, microrganismi in grado di sopravvivere in ambienti estremi, finora considerati incompatibili con la vita, ha contribuito ad allargare il dibattito all'interno della comunità scientifica su dove si possano trovare organismi viventi.
Il rapporto è diretto in particolare all'agenzia spaziale americana. E se la Nasa ha privilegiato finora le missioni su pianeti e lune con tracce di acqua, questo cambio di prospettiva potrebbe capovolgere la lista delle priorità, facendo passare in testa altri ambienti, finora visti come secondari: Titano, innanzi tutto, o Venere.
E' necessario studiare "le possibilità chimiche che le forme di vita possono assumere", consiglia Steven Benner, un altro membro del comitato scientifico, parlando al New York Times. Non solo nello spazio, ma anche sulla Terra, perché c'è ancora molto da scoprire anche sul nostro pianeta, ammoniscono i ricercatori. Ma tornando allo spazio, il nuovo approccio comporta la necessità di nuove strumentazioni, più adatte a guardare a fondo per cercare forme di vita "strane". Perché trovarle davvero "sarebbe la più profonda scoperta mai fatta" conclude Baross.
News selezionata da: Repubblica
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