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mercoledì 19 novembre 2008

Il Presepe napoletano

di Mario Carillo

Nel periodo natalizio Napoli si identifica con San Gregario Armeno, una stradina del centro storico con una miriade di botteghe artigiane.

Tutt'intorno, nei vicoli adiacenti, centinaia di bancarelle stracolme di pastori e pastorelle, personaggi orientali, re magi, mucche, pecore e capre, sono meta di visitatori provenienti da tutto il mondo.

L'idea del presepio, che pare sia venuta per primo a San Francesco, nel Quattrocento diventò popolare anche a Napoli, dove si sviluppò una vera e propria arte. Più tardi maestri come Lorenzo Vaccaro, Matteo Bottigliero, Domenico Antonio Vaccaro e Giuseppe Sanmartino, grandi scultori del Settecento, si specializzarono nella modellatura di figure da presepio, nelle quali riversarono tutte le sfumature del proprio ricco linguaggio, ora naturalistico, ora barocco, ora più decisamente rococò.

Con l'arrivo di Carlo III di Borbone, il re riformista (1716-1788) il presepio prosperò e si diffuse fin nei borghi più lontani. Il re amava circondarsi di artisti e andava nelle botteghe degli artigiani a spiegare come voleva che fossero intagliate mani e piedi dei pastori, passava ore e ore a preparare le "scene" del presepio di carta, aiutato da pittori e scultori, con l'entusiasmo di un ragazzo disponeva personalmente angeli e pastori, asinelli e buoi, mangiatoie e cammelli. Intanto, assistita da dame incipriate, la regina Maria Amalia cuciva gli abiti dei personaggi.

"Da una bottega all'altra – racconta un giornalista di mezzo secolo fa – escono ed entrano amatori di presepi e pastori; arriva un carico di piccole case di cartone; il sughero trionfa con le sue contorsioni di magma vulcanico pietrificato, di rocce ridotte ai minimi termini. Si vive in un mondo di sogni. Di qua, di là, a sinistra, scenari di montagne bianche di neve, palmizi ebbri di sole, montagne di sughero che si azzuffano e mille e mille piccoli uomini dai vestiti sgargianti dei più inverosimili colori, in piedi, seduti e la teoria dei re magi. Se passate di sera per San Gregorio Armeno, quando la luce delle lampade elettriche non giunge ad illuminare ogni angolo, questo piccolo popolo di pastori sembra si animi e sorga dalle ceste".

Dopo un periodo di oblio, dovuto all'avvento dell'abete e alla vendita nei grandi magazzini di pastori di plastica, l'arte presepiale è tornata a rifiorire. Una mostra sul presepio napoletano organizzata a Parigi ha registrato migliaia di visitatori, una composizione con 32 pastori è stata richiesta dalla corte di Spagna; il prossimo anno sarà la volta della Russia che ospiterà nella cattedrale ortodossa un presepe offerto dal cardinale Sepe al Patriarca di Mosca.

Due gruppi presepiali del Museo di San Martino sono stati restituiti alla città, dopo i danni del terremoto del 1980. Molti altri presepi storici sono presenti in chiese napoletane, nei pressi della "via dei pastori" verso San Biagio dei Librai. Un esemplare ligneo, la cui origine risale al 1654, è allestito nella chiesa di San Lorenzo Maggiore. E' costituito da ventuno pezzi a grandezza naturale: vere e proprie sculture. I presepi più caratteristici sono nella chiesa del Gesù Vecchio (della fine del Settecento); in Santa Chiara con pastori in terracotta, in Santa Maria del Parto a Mergellina (presepe del Seicento con pastori a grandezza naturale); nello Spirito Santo (presepio animato del Settecento).

Danno vigore alla tradizione i soci della "Associazione amici del presepe" che anche quest'anno hanno organizzato nella Sala Valeriana una mostra con più di duecento opere. "Scenografie e regia presepiale, accessori decorativi e notazioni di costume – ha detto Gennaro Moscatelli, animatore dell'Associazione – sono opera non solo di abili modellatori di professione, ma soprattutto di valenti scultori amatoriali".

Gli artigiani esperti nel lavorare la creta stanno pero scomparendo, ed è grande il rischio che con loro scompaia anche il prodotto di qualità. In Via San Gregorio Armeno, dove nacque Giuseppe Sanmartino, si coltiva in poche superstite botteghe l'antica tradizione della modellatura delle statuine di terracotta. Questa, più che un mestiere, è un'arte che si tramanda d padre in figlio, un vero e proprio amore ereditatorio insieme alla tecnica.

Nel centro storico, nei decumani della vecchia Napoli, si lavora tutto l'anno. Solo in pochi giorni del mese di dicembre si vende al pubblico. "Da me vengono per lo più collezionisti che hanno particolari esigenze – dice Ferrigno. Negli ultimi tempi alle cinque misure tradizionali dei pastori (dai sei ai venticinque centimetri) ne ho aggiunta un'altra: quella di quattro centimetri, molto richiesta perché è tornato di moda il presepio girevole sotto la campana. Poi ci sono i pastori vestititi, alti dai dieci ai trenta centimetri".

I maestri pastorai si rammaricano di vedere scomparire un'arte che ha dato tanto lustro alla città. E che non si istituiscano corsi di specializzazione per renderle vigore. Che cosa sarebbe Napoli senza i suoi presepi.

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