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mercoledì 19 novembre 2008

Avvocati, processi più semplici. E Alfano prende nota

Appena concluso il XXIX Congresso nazionale forense, problemi e prospettive
Avvocati, processi più semplici. E Alfano prende nota

Se, dopo il 29esimo Congresso nazionale forense appena conclusosi a Bologna, il tanto atteso dialogo politico sui mali della giustizia italiana e su i possibili “rimedi” per fa ripartire una “macchina” ormai arrugginita nel tempo ( e nei tempi di durata dei processi n.d.r) verrà fuori dalle secche della mera bega politica, significa che l’ultimo scossone per un cambio di rotta chiesto al “Palazzo” dai 200mila avvocati italiani (e non solo), avrà centrato l’obiettivo. Tra un workshop e una mozione politica, il messaggio che viene dagli “Stati generali dell’avvocatura” è forte e chiaro: basta proliferazione dei riti, stop ai gangli delle procedure giudiziarie e maggiore velocità e semplificazione con il processo telematico. Come a dire non siamo più disposti ad essere additati tra coloro che impediscono la “rivoluzione” in termini di efficienza del sistema giustizia, ma stiamo “lavorando” da tempo nella direzione opposta, solo che nessuno ci ha mai ascoltato. In effetti dal Congresso, le varie anime dell’avvocatura (Consiglio nazionale forense, Oua, Ordini e associazioni forensi) si sono ritrovate unanimi nel chiedere alla politica le “risposte” che si aspettano da tempo: unificazione dei riti, una diversa e più efficiente geografia giudiziaria (troppi i piccoli tribunali sparsi in Italia), la partenza della class action (le azioni risarcitorie collettive) e più ricorso ai riti alternativi.
Dopo lo “scomodo” Mastella che ha provato invano di difendersi allo stesso tempo dai fischi di mezzo mondo della giustizia per il suo ddl di riforma delle professioni/ordinamento giudiziario e dai fiaschi delle liberalizzazioni del Dl 223/06 (le lenzuolate di Bersani) si è capito che pretendere di sciogliere tutti i mali della giustizia italiana è un’impresa titanica e, di sicuro, non tutto è “liberalizzabile”, “lenzuolabile” e/o negoziabile.
Anche l’attuale Guardasigilli Angelino Alfano, che intervenendo al Congresso forense ha assicurato la massima disponibilità ad un testo condiviso di riforma della professione forense e della Giustizia nel complesso, deve prestare attenzione. Gli avvocati quel testo lo hanno terminato, i dottori commercialisti e notai (le altre due categorie convocate da Alfano ad agosto visto che allora si decise di preparare un testo condiviso e poi tre appendici dove ognuno avrebbe inserito le proprie specificità) anche. Sono passati quattro mesi, manca solo il sigillo dell’intero comparto giuridico-economico e poi bisognerà agire nelle Aule. Per gli avvocati il presidente del Cnf Guido Alpa ha messo sulla bilancia tre risultati da raggiungere subito: riforma dell’ordinamento forense (dal tirocinio, all’abilitazione, alla formazione e aggiornamento), una cancellazione, visto i risultati opposti a quelli ricercati, della legge Bersani (nelle parti relative all’abolizione dei minimi tariffari, all’introduzione della pubblicità commerciale per gli studi e al patto di quota lite) e infine di rivisitare il sistema fiscale che affligge senza logica le professioni intellettuali.
Se, dalla ricerca Censis “Il ruolo sociale dell'avvocatura italiana”, presentata al Congresso emerge che l'avvocato è un professionista apprezzato perché fornisce certezze (il 70,4% ritiene che senza gli avvocati mancherebbero garanzie nei processi; il 68% pensa che la lentezza dei processi, sia civili che penali, non sia colpa esclusiva degli avvocati;. il 64,4% ritiene che la consulenza legale aiuti a prendere decisioni personali ed economiche più giuste), non si capisce perché debbano essere proprio i politici a dimenticare l’importanza del loro ruolo nella giustizia dei nostri tribunali. Il ministro Alfano, lasciando i lavori congressuali ha promesso che presenterà al Senato un pacchetto di emendamenti per rivedere alcuni aspetti della riforma della giustizia civile già approvata alla Camera. Tra questi, una delega al Governo per sfoltire il numero dei riti oltre a rivedere due punti che peggio erano stati digeriti dagli avvocati: il filtro per i giudizi in Cassazione e la testimonianza scritta. Si vedrà.
Almeno il nuovo corso del centrodestra sta cercando di ascoltare un minimo le proposte che vengono dagli “addetti al settore”. Bersani, come ammettono gli stessi professionisti, fece l’errore di rimanere completamente sordo e tirare avanti senza un minimo di confronto. L’importante però, e questo è un consiglio che diamo noi al ministro Alfano, è non fare una riforma qualunque e a qualunque costo. Bisogna semplificare e informatizzare, recuperare le inefficienze e non tagliare, puntare sul merito e non sugli incentivi di carriera per i trasferimenti “disagiati”. Insomma puntare su una concretezza politica prima di tutto e pratica dal punto di vista della sua effettiva realizzazione.
E’ vero che ora, sarà l’aria “buona” post Congresso nazionale, tutti, compresa l’opposizione, dal ministro ombra Lanfranco Tenaglia al responsabile delle professioni Pierluigi Mantini, arrivano i “mea culpa” e ci si apre alle richieste di Alpa&Co,. Oggi però l’esame delle possibili risposte è dei “nuovi titolari”. “Angelino”, ha annunciato la riapertura (inizialmente blindata) della riforma del processo civile inserita nel decreto competitività, dando seguito alle richieste dell'avvocatura; al Congresso ha insistito sulla necessità di affermare nel processo la parità tra accusa e difesa e di voler introdurre meccanismi meritocratici per i magistrati. Ha anche annunciato dure sanzioni per le parti processuali “che giocano ad allungare i tempi del processo” e di ridurre gli attuali 27 riti processuali civili a soli due; di accelerare sul processo telematico e proposto corsi di laurea separati per avvocati, notai e magistrati per limitare l'accesso alla professione legale, che sta assumendo dimensioni ingestibili.
A Bologna però giocava in casa, visto che anche lui è un professionista del diritto e le standing ovation che si sono levate ad ogni suo annuncio gradito sono una chiara testimonianza di “vicinanza” di intenti con il mondo delle professioni legali. Ma la vera battaglia è solo all’inizio e si combatterà a suon di emendamenti nelle Aule di Camera e Senato quando si passerà ai fatti. L’aria “buona” del Congresso non durerà in eterno.


Daniele Memola
link.www.opinione.it

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