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giovedì 24 novembre 2005

Toni Muzi Falconi: Quel siluro a Torino, la comunicazione deve essere più avanti della realtà?

Quel siluro a Torino: la comunicazione deve essere più avanti della realtà?

Un corsivo di Toni Muzi Falconi ancora sulle relazioni con i media: chi paga quando un titolo stravolge il contenuto di un articolo?

Sabato scorso (19 Novembre), a Torino per il seminario Ferpi sulla valutazione con Stefania Romenti, sfogliavo La Repubblica e mi ha preso un colpo! A pagina piena, sulle cronache torinesi, un titolone: "TORINO? ZERO IN COMUNICAZIONE" con il sottotitolo:
il sociologo Fabris: "Si produce più di quanto si fa sapere".

L'articolo parlava del solito convegno sulla città, e il titolo si riferiva alla tavola rotonda finale in cui Giampaolo Fabris aveva sostenuto che "mentre in ogni altra città d'Italia la comunicazione è in generale molto più avanti della produzione, a Torino si produce molto di più di quanto si comunica all'esterno".

Di fronte a questa pagina le mie reazioni immediate sono state tre:
1.
Di stupore per il titolone. Ho pensato ad un'azione di killeraggio contro Anna Martina. Possibile che un quotidiano della città che, per generale ed entusiastica ammissione degli esperti, e da anni, comunica meglio in Italia e in Europa faccia a freddo un attacco del genere? Cosa è successo?

2.
Stupore per la frase attribuita a Giampaolo Fabris. Ma come, il fatto che un soggetto comunichi all'esterno meno di quel che produce è un difetto? Ma ne siamo proprio sicuri? Possibile, Giampaolo, che tu pensi che un soggetto debba comunicare all'esterno più di quanto non produca?

3.
Indignazione per il solito caso del titolo che non corrisponde al testo. La frase del titolo, pur messa fra virgolette, non è stata detta da Fabris né compare nel testo dell'articolo: è anonima.

Rispetto alla prima reazione: sono ovviamente di parte, stimo Anna come una delle migliori professioniste che ho mai incontrato, ho seguito dall'esterno il suo lavoro in questi anni e ho la certezza di non sbagliare affermando che Torino è davvero fortunata ad avere un direttore della comunicazione di quel livello. Non so cosa sia successo fra Repubblica di Torino e il Comune o Anna stessa: l'episodio è talmente paradossale che non può trattarsi di un banale incidente: particolarmente in un momento, quello dei tagli al bilancio imposti dalla Finanziaria, così delicato.

Sulla seconda reazione penso invece valga la pena soffermarsi di più. Evidentemente Fabris pensa che la comunicazione debba essere più "avanti' rispetto alla produzione. Ma, "avanti' in che senso? Intuitivamente, direi che la frase va interpretata nel senso che la comunicazione ha il compito di rafforzare, abbellire, rimpolpare, esaltare la realtà. Altrimenti a che serve? Se la comunicazione si limita ad riprodurre fedelmente la realtà, perché investirci?

Si sente qui il taglio del sociologo dei consumi: i simboli, la retorica, gli elementi persuasivi della comunicazione collocati in primo piano. La comunicazione che 'fa sognare', evoca valori, stilemi e via dicendo. Eppoi, non è vero che la grandissima parte della comunicazione d'impresa (la pubblicità) è alla perenne ricerca di modelli comunicativi capaci di emozionare?

Aggiungo che per molti decenni anch'io sono stato convinto che il ruolo del comunicatore fosse quello di posizionare l'identità percepita dell'organizzazione presso i suoi pubblici influenti leggermente più avanti' rispetto alla realtà, e presumo che una grande maggioranza dei miei colleghi la pensi proprio così e forse anche Anna la pensa così.

Per cui, volendo fare una battuta, si potrebbe interpretare benevolmente la frase (quella vera) di Fabris come per dire: la tradizionale ritrosia dei torinesi, la si riscontra anche nel modo di auto-rappresentarsi all'esterno. Ma sarebbe solo una battuta...

Sono certo che Fabris la pensa come me, ma non c'è dubbio che in questi ultimi venti anni è stata proprio la sociologia dei consumi e dei mass media ad offrire l'alibi culturale e professionale alle organizzazioni (pubbliche, sociali e private) per sommergerci con le loro enfatici, retorici, ridicoli e apodittici proclami unidirezionali e asimmetrici, al punto da produrre una forte accelerazione dell'inquinamento comunicativo e della de-costruzione dell'efficacia della comunicazione d'impresa.

Se invece assumiamo che la comunicazione efficace oggi sia quella dei comportamenti, bidirezionale e tendenzialmente simmetrica allora, proprio per acquisire credibilità ed autorevolezza, le organizzazioni dovrebbero essere indotte a comunicare un po' meno di quel che in effetti producono. Come tutti sanno (ma le interpretazioni possono essere diverse) le organizzazioni di cui si parla di meno sono quelle che vanno meglio.

O no? Che ne pensate?

Qualche parola infine sulla terza reazione. Questa dei titoli di giornale che stravolgono i contenuti degli articoli è usanza davvero insopportabile ed è il classico alibi usato da tutti i giornalisti, quando qualcuno si lamenta.

E' il titolista, non sono stato io, dicono sempre. Ma è proprio così? E poi, anche se fosse così&che alibi è se comunque il lettore viene fuorviato? Sappiamo bene tutti il valore preponderante di un titolo rispetto al contenuto di un articolo! Il quotidiano non è una rivista culturale, tanto è vero che esiste una figura professionale specializzata definitia: titolista.

Intanto non è vero che i giornalisti non centrano nulla: i titolisti in media tengono conto dei suggerimenti di titolo dell'autore dell'articolo. Quando succede che un titolo è del tutto diverso dall'articolo - mi dice un amico inviato, già capo redattore e titolista - è perché qualcuno al giornale vuole lanciare un siluro e, con la scusa del titolo che deve essere sintetico e che comunque non può essere imputato a chi firma l'articolo, lo si forza, rifugiandosi nell'anonimato, per scatenare reazioni contro l'oggetto del siluro.

Esattamente quello che è successo in questo caso.

E gli Ombusdman di Repubblica, oppure l'Ordine dei Giornalisti, che dovrebbero entrambi garantire il lettore e la funzione di servizio pubblico del giornalismo che fanno??

(tmf)


Articolo integralemte ripreso da Ferpi - News Italia (pubblicata il 22/11/2005)

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