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lunedì 10 dicembre 2007

Legambiente: Vittorio Cogliati Dezza nuovo presidente

 
Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza è il nuovo presidente
Professore di storia e filosofia spiega a greenreport il suo programma. Nuovo anche il direttore, con Rossella Muroni che è subentrata a Francesco Ferrante

LIVORNO. Un professore di storia e filosofia da ieri è alla guida di Legambiente, che in occasione del congresso nazionale ha infatti eletto come presidente Vittorio Cogliati Dezza. Prende il posto di Roberto Della Seta, chiamato da Veltroni a far parte dell'esecutivo del Partito democratico. Nuovo anche il direttore, con Rossella Muroni che è subentrata a Francesco Ferrante.

Vittorio Cogliati Dezza, come sarà la nuova Legambiente?
«Legambiente ha una cultura consolidata, per cui ci inseriremo nella continuità dei grandi filoni che hanno caratterizzato la storia di questa associazione: autonomia prima di tutto; cura della società civile, quindi della qualità dei territori e della partecipazione dei cittadini; interlocuzione con il mondo della politica a tutto campo. Queste sono le caratteristiche di fondo che abbiamo individuato al congresso e che ci consentiranno di affrontare le grandi sfide che ci troviamo davanti».

Quali sono queste sfide?
«La prima è quella climatica, e su questa credo ci sia da dire ben poco anche perché oggi ogni questione finisce per essere inglobata in questo tema. La seconda sfida che abbiamo davanti è quella di riportare al centro della discussione politica la questione urbana, che non è soltanto un problema di qualità tecnica dell'edilizia, di risparmio e di efficienza. C'è anche un problema di imbarbarimento dei conglomerati urbani, di consumo di territorio che va al di là delle strutture storiche delle città. Il nostro intento è quindi quello di avviare un'interlocuzione sempre più forte con il mondo dell'industria edile.
Terza sfida valorizzare e difendere i beni comuni, cioè tutto ciò che ha a che fare coi beni della collettività, anche immateriali: legalità, bellezza, paesaggio, acqua, natura, biodiversità…
La quarta sfida è quella della qualità culturale dei territori, che è la chiave di lettura più importante per capire il futuro e cambiare il presente, un cambiamento che passa attraverso la costruzione nei territori di un nuovo vivere sociale, una nuova qualità.
Quindi attenzione al ruolo della scuola pubblica e alla necessità di costruire occasioni educative per gli adulti, c'è la necessità di continuare ad apprendere non nozioni, ma una nuova cultura del vivere per confrontarsi e capire dove va il mondo, secondo quelli che erano i principi delle università verdi. Una presenza forte sul territorio per rispondere anche a quel vuoto che si è venuto a creare con il progressivo abbandono dei quartieri e delle città da parte delle sezioni dei partiti».

A proposito di partiti. Nel mondo le tematiche ambientali rivestono sempre maggiore importanza e sono addirittura capaci di decretare le elezioni di un premier, come avvenuto alcune settimane fa in Australia. Anche in Italia qualcosa si muove e sembra che l'ecologia stia cominciando ad uscire dal "ghetto" in cui era confinata: ecologia non più sinonimo di salvaguardia, ma come opportunità di uno sviluppo economico sostenibile.
«Sì, direi che finalmente anche in Italia siamo usciti dalla fase pionieristica dell'ambientalismo . Oggi ci sono più soggetti, più opzioni politiche in campo ambientale e la vera debolezza forse va vista nel fatto che a differenza di molti Stati europei, e penso subito a Sarkozy in Francia e alla Merkel in Germania, in Italia questa presa di coscienza da parte della destra è quasi assente. Avere comunque nostri esponenti di spicco nel Pd e nell'Arcobaleno, rappresenta un elemento molto avvincente, perché finalmente avremo interlocutori credibili in più schieramenti».

Contemporaneamente però si rinforza il vento della cosiddetta antipolitica.
«Il nostro obiettivo, che è anche la nostra forza, è quello di radicarsi nella società e siamo profondamente distanti dall'antipolitica. Anche perché come diceva Bobbio ogni società civile ha la classe politica che si merita. Quindi il problema è proprio quello di intervenire in una società sempre più individualistica, persa dietro valori che sono profondamente in contraddizione con i valori di uno sviluppo sostenibile. Anche per questo motivo il congresso nazionale ha votato una mozione molto chiara e indicato la necessità di organizzare una grande manifestazione per il 7 giugno dedicata alla questione climatica, per dare voce da protagonista alla società civile e chiedere al governo di assumere la questione climatica come centrale dei prossimi anni: non solo come difesa dell'ambiente, ma come volano di innovazione, quindi per salvare il pianeta e rinnovare il sistema economico e delle relazioni sociali».


da www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=10940

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