La grande sfida all'impero di Google
Non sapeva che non sarebbe stato l'impero Cinese, ma l'impero, quello di Bill Gates e di Microsoft quello che avrebbe tentato di salvare i profitti e l'esistenza stessa della ex regina dei motori di ricerca, ridotta ormai a nano anche finanziario.
Pochi giorni dopo l'annuncio della morte di un altro nome storico nella giovane storia di Internet, Netscape, l'offerta di acquisto per 46 miliardi di dollari lanciata dall'amministratore di Microsoft, Steve Ballmer, per conto di Bill Gates, di inghiottire Yahoo! è la conferma di quanto rapide, imprevedibili e brutali siano le sorti di queste "start up companies", di questi funghi che dagli anni '90 spuntano, crescono e muoiono in vortici di miliardi creati dal nulla e tornati nel nulla. Sono notizie che servono a ricordare, soprattutto ad azionisti che videro il titolo di Yahoo! salire a 450 dollari e poi scendere, prima dell'Opa di Gates e Ballmer a 14, che questa è la prima era geologica sul pianeta Internet, e tutti i tirannosauri di oggi possono diventare i fossili di domani.
Yahoo! che nello slang Americano derivato dal Gulliver di Swift significa burino, zotico, persona ruvida e incolta, ha vissuto la parabola di queste creature balzate dal brodo primordiale del nuovo Pianeta. Esattamente come la sua concorrente che l'avrebbe spolpata e ridotta ad avere meno del 25% del mercato dei "motori di ricerca", quei programma che consentono a chi è collegato in rete attraverso un browser di compitare un nome e di vedere i risultati in ordine, è nato in quella università di Stanford, in California, dove un tempo regnavano i "dottor Stranamore" come Eduard Teller, padre della bomba H e profeta delle "Guerra Stellari" care a Reagan. Di nuovo come Google, che fu partorita dalla creatività di due ventenni e di quegli "immigrati stranieri" che i miopi aborrono come minaccia sociale, Larry Page e il russo Sergej Brin, anche Yahoo! fu figlia della collaborazione fra un Americano della Louisiana, David Filo e di un giovane immigrato cinese nato a Taiwan, Yang Chi-Yuan, poi anglicizzato nel più pratico Jerry Yang.
Era il 1994 e nel magma di Internet quei due giovanotti non ancora trentenni cominciavano a perdersi, vagando, e perdendo tempo, nella ricerca di informazioni e siti sparpagliati ovunque. "La nostra idea - spiegò poi Filo - fu quella di creare una formula che raccogliesse e creasse un gerarchia ordinata fra quei frammenti sparsi in rete" e dunque semplificasse il compito di chi cerca notizie, informazioni scientifiche, prodotti, contatti, immagini.
Nacque Yahoo, il solito astruso acronimo di varie parole, ma letto proprio come riferimento ironico al senso di smarrimento che i primi "zotici" dispersi in rete come contadini in una metropoli, avvertivano. Nel 1995 ottennero finanziamenti di ventura, e brevettarono il nome, scoprendo che era già stato appropriato da una salsa per il barbecue.
Il problema fu risolto aggiungendo un punto esclamativo: Yahoo!. Dozzine di "motori di ricerca" uscirono, Altavista, Excite, Inktomi, Infoseek, HotBot, Northern Light, eredi del primo rudimentale "motore" di successo, Gopher (la talpa). Si alimentavano dell'euforia che rovesciava miliardi su titoli che garantivano di decuplicare l'investimento in pochi mesi, senza preoccuparsi di bilanci e profitti inesistenti.
Nessuno ebbe il successo di Yahoo! che fino al 1998 crebbe sicuro, fino al giorno in cui spuntò il dinosauro più rapido e vorace: Google. Nella logica del "sarà fatto a te quello che tu hai fatto agli altri", Google, con un formula, un algoritmo migliore e un modello di business pubblicitario più redditizio divenne, in pochi anni, il re della foresta, conquistando il 62% del mercato mondiale e lasciando alla concorrente appena il 12%.
Quando la prevedibile "bolla di Internet" implose nel 2001, Yahoo! resistette meglio di altri, ma Google che in borsa ancora non era presente e quindi fu immune dal contraccolpo, emerse come la più sana. Yang, che aveva nel frattempo arricchito il proprio "portafoglio" personale a 2,5 miliardi di dollari entrando con il partner Filo fra i 500 più ricchi del mondo, puntò sulla propria terra natale, la Cina. Ma aveva anche lui dimenticato che le statistiche ammirevoli e i grattacieli scintillanti non fanno ancora una democrazia da soli. Quando il governo di Bejing gli chiese di rivelare chi fosse quel giornalista dissidente che, attraverso Yahoo!, criticava il regime, Yang e Filo cedettero all ricatto e si fecero "pigmei". Risalirono alla persona e il giornalista, Shi Tao, fu condannato a 10 anni di carcere duro per "attività sovversiva". Il congresso Americano lo umiliò, la "umma" dei fedeli della rete s'indignò e le organizzazioni internazionali e i "Reporters senza frontiere" invitarono al boicottaggio di Yahoo! per collaborazionismo.
Tutto questo non sembra avere dissuaso Bill Gates e la Microsoft, dal tentare, per la quarta volta, di assorbire "Yahoo!", con un'offerta principesca di un premio di 31 dollari per ogni azione oltre al valore corrente e che i fondatori, e soprattutto gli azionisti, troveranno molto difficile da rifiutare. Costerà almeno 44,6 miliardi, questo boccone, e forse di più, perché la Microsoft deve assolutamente acquisire un motore di ricerca nella propria scuderia e Yahoo! rimane pur sempre un pigmeo da 130 milioni di visitatori al giorno nel mondo. Deve finalmente raggiungere quel mondo della rete che il fondatore Gates e la cultura "ingegneristica" che domina l'azienda di Redmont avevano disprezzato, aggrappati alla propria schiacciante superiorità di mercato nei sistemi e nei programmi.
A Redmont si vive nel terrore che la Google compia il percorso inverso e passi dalle steppe di Internet alla invasione del territorio dei programmi e dei sistemi che appartiene a Microsoft. L'acquisizione di Yahoo! è quindi il caso dell'impero che arruola i barbari di ieri perché divengano i pretoriani di domani. Il rischio, storicamente ben provato, è che le bande dei "barbari creativi" venuti da Internet prendano un giorno possesso dell'impero degli "ingegneri programmatori" e l'ostilità creata attorno a Yahoo! dalla "sindrome cinese" non gioverà all'immagine della Microsoft pigliatutto. Ma, come ogni museo di storia naturale dimostra, nei mondi primordiali non importa essere buoni, importa soltanto sopravvivere.
Nessun commento:
Posta un commento