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lunedì 20 ottobre 2008

DIFFERENZE DI GENERE A SCUOLA

Carissime e Carissimi,

...e a proposito di Pari Opportunità, penso che riconoscere la soggettività della donna corrisponde a riconoscere anche la differenza: la pari dignità non viene stabilita sulla base di una omogeneizzazione dei due sessi, ma sulla identificazione della differenza come valore. Non si vuole fare l'elogio del pensiero della differenza sessuale, (che è comunque un momento alto della partecipazio­ne femminile all'elaborazione culturale) ma sottolineare ancora una volta che la rilevazione della differenza sessua­le come positività attribuisce diritto di cittadinanza culturale a tutte le altre differenze (etnica, razziale, culturale appunto, ma anche di età, di salute, di stato sociale eccetera). Ciò sembra importante soprattutto in un momento in cui le differenze etniche e culturali spaccano nazioni e interventi politici, anche da lungo tempo costruiti sull'unione di etnie diverse.

laura tussi


DIFFERENZE DI GENERE A SCUOLA.

Le pari opportunità come integrazione della diversità

di LAURA TUSSI

Gli studi di genere o gender studies, come vengono chiamati nel mondo anglosassone, rappresentano un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio dei significati socioculturali della sessualità e dell' identità di genere. Si sviluppano a partire da un certo filone del pensiero femminista e trovano spunti fondamentali nel poststrutturalismo e decostruzionismo francese (soprattutto Focault e Derrida), negli studi che uniscono psicologia e linguaggio. Di importanza specifica per gli studi di genere sono anche gli studi gay e lesbici e il postmodernismo. Questi studi non costituiscono un campo di sapere a sé stante, ma rappresentano innanzitutto una modalità di interpretazione. Sono il risultato di un incrocio di metodologie differenti che abbracciano diversi aspetti della vita umana, della produzione delle identità e del rapporto tra individuo e società, individuo e cultura. Per questo motivo una lettura gender sensitive, attenta agli aspetti di genere, è applicabile a pressoché qualunque branca delle scienze umane, sociali, psicologiche e letterarie. Soprattutto ai loro inizi, ma in parte, gli studi di genere sono caratterizzati da una impronta politica ed emancipativa. Sono infatti strettamente connessi alla condizione femminile e a quella di soggetti minoritari. Non si limitano quindi a proporre teorie e applicarle alla analisi della cultura, ma mirano anche a realizzare cambiamenti in ambito della mentalità e della società. Sono strettamente legati ai movimenti di emancipazione femminile, omosessuale e delle minoranze etniche e linguistiche e spesso si occupano di problematiche connesse a oppressione razziale ed etnica, sviluppo delle societàpostcoloniali e globalizzazione.

Secondo Aristotele è solo il seme maschile "ad essere portatore del principio vitale, mentre l'apparato genitale femminile fornisce il ricettacolo, il contenitore passivo della vita umana…Non c'è dunque da stupirsi se le donne per Aristotele non sono dotate di un'anima razionale" (Braidotti R.). Nel quadro di Jusepe de Ribeira, La Mujer barbuda, la scollatura della donna mostra un petto prosperoso mentre allatta un bambino e di contrasto un'incipiente calvizie. Da questa immagine traspare la misoginia del maschio che tra invidia e terrore, rispetto al prorompere delle potenzialità del materno, fa trasparire lo stato di bisessualità, la distorsione ambigua dell'androginia e la finzione delatoria del travestimento. Nelle classi, nelle scuole gli insegnanti collettivamente dovrebbero predisporre progetti didattici e curricolari per intervenire nell'insegnamento con un iter didattico e progettuale orientato alla comprensione della diversità primaria nel genere umano, il maschile ed il femminile, al fine di impostare l'integrazione di tutte le differenze. Tanti insegnanti, con questi esempi, anche a livello pluri e multidisciplinare, attraverso interventi didattici di tipo trasversale a tutte le materie di insegnamento, ricollegano la didattica declinandola al femminile per provocare ragazze e ragazzi a svariate riflessioni su di sé, non significando una soluzione di continuità tra passato e presente, ma posizionandosi nel presente per porre domande al passato non sempre uguali. La femminilità cercherà le narrazioni delle donne celebri e delle donne assenti, chiedendone nozioni rispetto al vissuto quotidiano, in cui ritrovare tracce di esistenza al femminile.

Il mondo maschile comprenderà che la storiografia è ancora costellata prevalentemente e quasi completamente dalle azioni degli uomini e dunque racconterà una storia maschile. In una scuola aperta al pensiero delle differenze e all'approccio al femminile, un ragazzo e una ragazza comprenderanno che la storia scaturisce dal compenetrarsi dell'agire intrinseco di uomini e donne, quali individui sessuati, con una differenza, con molteplici diversità soggettive e contestuali come la differenza di genere, per cui attuano azioni di cambiamento evolutivo e mutamento trasformativo che si esplicitano nella scuola e nella storia universale, in una visione antropologica maggiormente approfondita in quanto l'essere uomo è due, maschio e femmina, di qualsiasi razza, etnia, nazionalità, ab origine.

Il sistema educativo e scolastico deve analizzare, rivisitare e ripercorrere il sapere del presente e del passato quale fondamentale e precipuo impegno culturale e formativo nelle istituzioni. Queste sperimentazioni di genere, concernenti le pari opportunità, inerenti ad un'alternativa storiografica, filosofica, letteraria, scientifica di carattere femminile, esistono già in primis nei libri scolastici? Nell'ambito dell'educazione si annoverano Paesi davvero progrediti nei confronti delle pari opportunità e nell'attenzione al problema dei testi scolastici rispetto alla coerenza nel riportare l'evoluzione dei sessi, e l'affermazione del conflitto di genere nella storia dei tempi. Rispetto a codesta attenzione al genere nelle materie d'insegnamento, l'Italia è in ritardo per cui abbiamo potuto ricavare contenuti dalle esperienze ed evitare gli errori ricadendo in interventi e risultati di efficacia precaria con bieche lamentele e denunce sugli stereotipi sessisti, senza provvedimenti di elaborazione rispetto a progetti innovativi e proposte risolutive per attribuire contenuto, valore, risonanza e visibilità culturale al concetto di differenza.

Le riflessioni relative alla diversità di genere sommuovono un'adesione o un rifiuto caratterizzanti a livello ideologico, suscitando ripercussioni e reazioni di contrapposizione o consenso. Le teorizzatrici del femminismo puntualizzano come il concetto biologico relativo alla caratterizzazione sessuale risulta determinato socialmente, costruendosi con pratiche culturali cui soggiace la dialettica dicotomica che prevede specifici caratteri biologici e indicatori della sessualità come dualità presupposta tra maschile e femminile. Esistono diversi percorsi di identificazione dell'identità di genere maschile e femminile. La costruzione dell'identità è evidentemente il compito nucleare dell'adolescenza in quanto fase in cui si ridefinisce un'idea di sé che diventa consapevole e in particolare si ridefinisce e diventa cosciente come idea sessuata di sé. L'adolescenza e l'identità contemporanea si costruiscono tramite sistemi diversi rispetto al passato, in quanto le tappe identitarie si forgiavano attraverso sistemi e gerarchie sociali collettivi e celebrazioni di rito, come per esempio i rituali iniziatici e le fasi di celebrazione collettiva dei passaggi da un ruolo sociale ad un altro, dove i ruoli sia sociali che affettivi in cui ci si inseriva erano molto ben definiti. Mentre l'identità contemporanea si costruisce attraverso percorsi di elaborazione più soggettiva, più individuale che si inserisce in modalità sociali molto meno precise e meno definite. Essere maschio o femmina oggi è qualcosa di molto meno stabilito socialmente di quanto avveniva in passato, così come per quello che riguarda gli altri ruoli, sia sociali, sia affettivi. Quindi si tratta di percorsi più lunghi e costruiti attraverso percorsi soggettivi ed obiettivi di elaborazione individuale o meno, organizzati socialmente e fondamentalmente definiti. L'adolescente attuale deve inserirsi non in percorsi rigidamente organizzati, ma in aspettative di ruolo molto meno chiare rispetto al passato che aumentano il livello di complessità, di flessibilità, con tutti gli aspetti positivi e negativi del caso. L'identità contemporanea è sicuramente più complessa, più flessibile e lascia spazio maggiore alla libertà individuale, ma quindi anche all'incertezza soggettiva meno contestualizzata in ambiti fondamentalmente rassicuranti. I percorsi maschili e femminili nella costruzione dell'identità non sono gli stessi. Quando si tratta di identità di genere si identifica qualcosa che concerne le aspettative relative all'essere maschio e all'essere femmina, all'interno di un determinato ambito psicosociale. Quindi non si tratta di un concetto biologico, perché diverso dall'identità e dall'orientamento sessuale. E' qualcosa che riguarda le aspettative di ruolo relative all'essere maschio o femmina all'interno di una determinata cultura.

L'infanzia e la definizione delle identità.
Le origini dell'identità di genere, ossia l'identità nucleare di genere si costituiscono nella prima infanzia, sono addirittura precedenti alla consapevolezza della differenza anatomica fra i sessi. E' un qualcosa che riguarda uno stato soggettivo del sentirsi maschio o femmina che si costruisce a partire dal fatto che i genitori pensano di avere un neonato sessuato. E' qualcosa che riguarda l'immagine di sé che si costruisce attraverso il rispecchiamento nelle relazioni di base con i genitori. Sussiste un nucleo dell'identità di genere che si fonda sostanzialmente nella prima infanzia e che intanto per i maschi e per le femmine comporta una differenza di base. Il primo oggetto d'amore e d'identificazione per entrambi i sessi è la madre, significando che il bambino maschio ha come primo oggetto di identificazione "un'altra", appunto di altro sesso da cui deve disidentificarsi e separarsi per rivolgersi altrove, ma che ritroverà in altri aspetti e sembianze nel futuro come nuovo oggetto d'amore. Mentre la bambina ha come primo "altro da sé" un altro uguale a sé e da cui non dovrà quindi disidentificarsi nelle stesse modalità maschili. Però la bambina dovrà fare uno spostamento per l'oggetto d'amore verso un altro di un altro sesso. Questa differenza di base determina discrepanze e diversità importanti per quello che riguarda la costruzione differenziata e sessuata dell'identità di genere.


La paternità nel processo di individualizzazione e di crescita.

Per l'adolescenza maschile, in quanto l'oggetto d'amore primario è la base, la problematica fondamentale è la separazione della disidentificazione, di doversi staccare da quello che rimane un nucleo d'attrazione primaria, in quanto comporta problematiche di dipendenza e passività. Risulta necessaria la figura paterna che sostenga il processo identificatorio. La presenza del padre è un elemento fondamentale per consentire la costruzione dell'identità di genere nell'adolescente maschio, in quanto "altro" valorizzato da sé e dalla madre.

Non è il padre di freudiana memoria con le sue valenze limitanti e castranti, ma è un padre che fornisce modelli, sistemi di valori, norme di comportamento, che accompagna la funzione di tutore della crescita, in una funzione maschile essenziale per la costruzione del sistema di valori che governano l'identità di genere maschile e di cui sentiamo una forte carenza nell'attuale sistema sociale, per esempio considerando il processo di femminilizzazione della scuola, come una delle istituzioni per cui forse i preadolescenti maschi si trovano più a disagio nel percorso di scolarizzazione, per cui la dimensione femminile preclude l'identificazione con la componente maschile. Nel momento in cui viene meno il ruolo maschile adulto, come ruolo ostetrico rispetto al fare emergere i valori maschili, si presenta il rischio che questi ultimi agiti nell'ambito del gruppo dei pari assumano, proprio per effetto d'attrazione degli aspetti infantili come la passività e la dipendenza, forme di radicalizzazione e vengano estremizzati, nella difficoltà di integrazione dell'aggressività quale istanza virile. Quindi l'elemento virile propositivo, costruttivo, attivo, si trasforma purtroppo in violenza che deriva dalla mancata presenza di una funzione adulta come potenziale contenitore e integratore di un preciso sistema di valori.

L'adolescenza femminile rispetto al ruolo materno


Problematiche diverse si riscontrano nel percorso adolescenziale femminile. Al momento della scoperta anatomica e della differenziazione sociale tra maschile e femminile subentra una sorta di delusione narcisistica da parte della bambina per la propria identità che nasce da una ferita, secondo Freud l'invidia del pene, quale trauma complesso riguardante l'immagine di sé, del proprio valore in quanto donna, maturando un senso d'inferiorità viscerale. Si tratta comunque di una ferita che facilita lo spostamento della simbolizzazione verso il padre, verso il maschile, decentrando l'oggetto d'amore, ma che rende il percorso di costruzione dell'identità di genere un'istanza da ricostruire rispetto ad una delusione primaria, attraverso processi di identificazione e controidentificazione con individui dello stesso sesso.

Integrare le caratteristiche della costruzione dell'identità di genere così come viene proposta e suggerita dalla società contemporanea con quello che concerne lo specifico dei valori della femminilità e del materno, in aree che riguardano la realizzazzione della femminilità e dell'area materna, della seduttività, in una società così complessa, risulta essere un'operazione molto complicata.

laura tussi

1 commento:

  1. LE DIFFERENZE DI GENERE NELLA CULTURA OCCIDENTALE.
    Un confronto tra razzismo e patriarcalismo.

    di LAURA TUSSI

    Gli apparati educativi e le istituzioni di formazione si trovano di fronte al problema della disuguaglianza sessista nella didattica e nei libri di testo.
    I principi egualitari del presente entrano in contrasto con i fondamenti antiegualitari della tradizione. Nell'insegnamento delle discipline che presuppongono la dimensione dell'evoluzione storica e della tradizione, la disparità sessista risulta un problema fondamentale e particolare.
    I sapere didattici e disciplinari fondanti la cultura occidentale, rispecchiano la società patriarcale di cui costituiscono esplicito retaggio culturale e intellettuale, nel cui ambito la subordinazione delle donne e la sottovalutazione e addirittura svalutazione del sesso femminile sono presupposti costanti.
    Di conseguenza, l'insegnamento delle discipline, la trasmissione dei saperi e della cultura occidentali risultano in contrasto con i valori e i principi a cui la scuola europea si ispira attualmente.
    Occorre informare il mondo studentesco che la cultura trasmessa appartiene alla civiltà patriarcale del passato. Il fenomeno del patriarcalismo appare superato dalla concezione illuministica secondo cui la discriminazione risulta già accertata e riconosciuta e che nessuno ignora il ritardo del passato rispetto al progresso del presente. Di conseguenza, il patriarcalismo appare naturale, così ovvio, scontato e inevitabile da non dover essere nemmeno segnalato. L'atto di questa segnalazione è ritenuto offensivo nei confronti della popolazione femminile, forse per un malinteso criterio di correttezza. Dunque perché insistere sul ruolo di sottomissione e subordinazione della donna nel passato se la discriminazione attualmente risulta essere un fenomeno già noto? Il confronto con un'analoga situazione evidenzia quanto questo criterio di correttezza sia falso, ossia il silenzio sul fenomeno dell'antisemitismo per non offendere gli studenti ebrei. L'antisemitismo è un dato storico di cui l'Europa civile prova grande vergogna. Infatti nella trattazione scolastica e didattica l'antisemitismo è sempre ampiamente criticato e condannato. I campi di concentramento sintetizzano tutto l'orrore possibile e impossibile della violenza antisemita. Invece, al contrario, lo sviluppo della supremazia patriarcale sembra non indurre né a vergogna né a esecrazione, infatti questa storia di superiorità fallocratica risulta priva di eventi ed episodi estremi, in grado di concentrarne e sintetizzarne il significato in un'unica icona storicistica. Infatti il patriarcalismo risulta diffuso nel tempo e nello spazio, per millenni e in ogni dove, presentandosi come trasversale alle molteplici culture e alla complessità dei gruppi sociali, per cui la supremazia patriarcale si manifesta come una dimensione ovvia, scontata, banale e soprattutto naturale, lontana dalla violenza antisemita e in un certo senso appare soprattutto come funzionale all'evoluzione graduale della società e allo sviluppo della civiltà. Il confronto tra antisemitismo e patriarcalismo, e in generale tra razzismo e sessismo, effettivamente non risulta funzionale. Le cause di questo impossibile funzionamento non sono dovute all'incommensurabilità di questi atteggiamenti in termini di efferatezza, ma a un’ incommensurabilità di carattere strutturale. Infatti il razzismo contrappone un’etnia ad un'altra, un gruppo all'altro, mentre il sessismo si manifesta trasversale ad ogni realtà sociale. Il razzismo costituisce la propria ideologia rispetto ad una cultura intrisa di differenze di varia tipologia, mentre il sessismo costruisce la propria identità sulla differenza sessuale tra uomo e donna, ossia una differenza che determina e caratterizza l'intera specie umana, quale differenza concepita in natura. L'atteggiamento tramite cui il soggetto maschile traduce la differenza sessuale in una subordinazione dell'altro sesso, risulta come sistema basilare e imprescindibile per l'interpretazione di ogni differenza e diversità in termini di inferiorità e sottomissione. Infatti l'economia sessista agevola, facilita e rende legittima un'economia di carattere razzista. Dunque, l'informazione sul carattere patriarcale della cultura tradizionale trasmessa, appare un criterio informativo doveroso. Però il fatto che tale informazione sia sempre assente nella didattica scolastica, risulta un sintomo culturale molto preoccupante, in quanto sempre omesso per la sua supposta ovvietà e scontatezza e per non applicare al passato delle categorie ermeneutiche ed interpretative di carattere moderno, per non incorrere in una ridefinizione anacronistica di tradizione culturale. Infatti la tradizione patriarcale viene definita tale in base a criteri culturali moderni. Quindi le tradizioni non sapevano di essere patriarcali perché agivano “in buona fede”. Per ottemperare alle necessità antidiscriminatorie dell'editoria rivolta alla scuola, sarebbe utile apporre ai libri di testo una chiosa informativa, di carattere introduttivo, sugli aspetti di tipologia patriarcale della disciplina in oggetto, così che l'utenza scolastica sarebbe in tal modo avvertita che i contenuti culturali del testo rispecchiano un mondo di dominio maschile. Questo costituisce una problematica molto seria per una società che si proclama egualitaria, infatti oltre all'informazione risulta necessario fornire strumenti metodologici critici di riflessione ed intelligenza. La filosofia e la storia filosofica risultano discipline primarie rispetto a tutti i saperi nel teorizzare i principi del patriarcato, perché permettono la coincidenza dei criteri oggettivi della verità con i canoni e i codici simbolici di carattere patriarcale. La filosofia risulta inoltre portatrice e fautrice dell'elaborazione teorica dei principi egualitari moderni e contemporanei, ossia dei modelli di pensiero antidiscriminatori. Dunque la filosofia non solo permette di comprendere il funzionamento di un ordine androcentrico, ma anche la comprensione del principio di uguaglianza. La filosofia e la sua storia costituiscono l’assetto didattico e disciplinare maggiormente permeato dall'essenza antropocentrica e androcentrica della cultura tradizionale dell'Occidente. L'aggettivo che indica il carattere maschile della tradizione, ossia “androcentrico”, con modificazioni non essenziali, può essere sostituito da una terminologia affine che indica quanto la filosofia, come il sapere e la società, sono stati costruiti dal solo punto di vista maschile. Il termine androcentrico è paragonabile ai termini patriarcale, fallologocentrico, fallogocentrico, fallocentrico, fallocratico. La filosofia rispecchia la posizione dominante dal punto di vista culturale, storico e sociale dei maschi della specie umana, da cui è stata elaborata. Dunque ogni forma di cultura e di sapere androcentrici possono anche essere definiti sessisti. La filosofia nasce in Grecia, seguendo la tipica parabola storica della cultura antica occidentale, in quanto frutto della mentalità occidentale che la produce in modo decisivo. Questo non significa che certe tipologie di sapere e di sapienze elaborati da altre aree geostoricoculturali non possano essere definiti come filosofia e non si incrocino con la parabola occidentale. Pertanto la filosofia segna l'Occidente contribuendo soprattutto a rafforzarne le pretese universalistiche. Lo statuto disciplinare della filosofia determina l'assunto che i principi su cui si fonda il mondo occidentale sono obiettivamente e oggettivamente giusti e buoni, intrinsecamente veri e universalmente validi e accertati, quali i valori della democrazia e i diritti della persona.
    La questione androcentrica risulta pertanto individuabile in questo statuto disciplinare quale osservatorio privilegiato della civiltà occidentale. Molte altre discipline, e non solo la filosofia, teorizzano e proclamano la superiorità degli uomini in rapporto alle donne, ma soprattutto la storia della filosofia fonda su un solo genere maschile la categoria stessa di umanità, ossia l'Uomo, inteso come specie umana, coincide all'uomo, inteso come uno dei due generi della specie umana. Di conseguenza, le donne risultano così esseri umani di secondo livello, ossia mancanti, incompleti, inferiori, rispetto all'umanità modellata sugli esseri umani di sesso maschile. Aristotele insegna come rispetto alla definizione dell'uomo come animale razionale, le donne risultano invece irrazionali, dal momento che l'incapacità naturale del mondo femminile di acquisire pienamente la ragione, risulta solo uno dei molti fattori di pretesa inferiorità che legittimano lo stato di subordinazione femminile. L'identificazione dell'umanità con l'uomo di sesso maschile costituisce infatti l'apice di una complessa struttura di pensiero che valuta una serie di dicotomie oppositive, binarie e duali, afferenti a un quadro gerarchico, come gli archetipi di mente e corpo, ragione e passione, cultura e natura, pubblico e privato. L'ambito e l'entità femminili occupano sempre il polo negativo dell'opposizione, in quanto assunti come una sorta di sottospecie dell'umanità, per cui le donne risultano umane rispetto agli animali, ma non pienamente umane rispetto agli uomini.
    Comunque non è la filosofia ad inventare l'ordine simbolico patriarcale, perché in quanto disciplina, nasce in un contesto culturale e valoriale basato e strutturato su una salda e inconfutabile economia androcentrica, limitandosi perciò ad elaborare una teoria coerente al contesto. La filosofia consegna a questa teoria del femminile il potere di rendere indiscutibili e naturali e di occultare tutti gli elementi di violenza, di sopraffazione operanti in ambito, appunto, filosofico. La supremazia patriarcale ricava dalla filosofia i principi imprescindibili, oggettivi e naturali per giustificarsi, in quanto ricondotta e fondata su una modalità di sapere imperniata esplicitamente sulla ricerca della verità. Il predominio dell'uomo non risulta solamente una questione di potere, ma un principio di ragione, ossia una verità evidente corroborata e suffragata dalla teoria. Dunque la parità fra i due sessi, in questa ottica, risulta incontrovertibilmente ingiusta perché non si attiene alla verità della natura umana. L'origine greca della filosofia è di importanza fondamentale. Infatti la maggior parte del lessico filosofico è in greco e non si avvale di neologismi coniati in epoca posteriore, come accade in altre discipline, ma sono vocaboli trasmessi inalterati e di matrice greca. Questa gamma lessicale corrisponde al sistema valoriale e concettuale su cui si costruisce la disciplina filosofica, nello specifico orizzonte greco, in cui la filosofia si rivela ed eleva come nuova modalità di sapere. L'esempio del termine filosofico “idea” può servire a comprovare l'antropocentrismo e l’androcentrismo filosofico. Infatti il termine “idea” indica “ciò che è visibile”, e, come dimostrato dal mito della caverna di Platone, l'idea è contemplazione teoretica di oggetti immateriali e immobili, visibili solo all'occhio metaforico della mente. Praticamente, l'idea sancisce la dicotomia oppositiva tra mente e corpo, verità e inganno, pensiero e materia. Dunque il sistema filosofico greco si rivela come costruito su posizioni binarie, in cui il polo negativo è assegnato al mondo femminile, in un quadro teorico di astrazione e dicotomizzazione.
    Come donne, dunque, portiamo avanti una riflessione globale che vede l’essere umano di genere femminile e, come in uno specchio, quello di genere maschile, nella loro interezza. Vi è un intreccio inscindibile fra cultura e modo di considerare la sessualità umana e una ricaduta profonda e un’importante interazione tra cultura, vita e società civile.
    La conflittualità culturale che permea ogni relazione umana ha la sua base
    • nella diversità, a cominciare da quella di sesso
    • nello scarto fra l’utopia che intravediamo e l’ambiguità di ogni impresa per raggiungerla
    • nell’impossibilità per l’essere umano di abitare l’opposizione, di cogliere i punti estremi contemporaneamente, oscillando tra l’uno e l’altro

    Le culture si sono sviluppate sui tentativi successivi degli umani di superare le diversità, di colmare lo scarto di rendere realizzabile l’utopico. La rivelazione della differenza sessuale come positività, attribuisce diritto di cittadinanza culturale a tutte le altre differenze, etniche, culturali, ma anche di età, intergenerazionali, di salute, di stato sociale eccetera. Questo è importante soprattutto in un momento in cui le differenze etnico-culturali sgretolano nazioni, anche da lungo tempo costruite sull’unione di etnie diverse, in tanti piccoli satelliti. La differenza di sesso è forse attualmente quella che subisce i maggiori attacchi. Anche le scienze dimostrano che riconoscersi in un sesso è un processo culturale oltre che fisiologico e psichico.
    Anche in questo campo subentra la tendenza alla confusione con una società che propone “ermafroditi” non come esseri mitici, ma reali, possibili. Il transessualismo non è più un tabù, ma è la spia dell’esasperazione, dell’incertezza.
    La differenza di genere non è ancora del tutto percepibile come un valore o come un paradigma per l’assunzione dell’importanza di ogni altra possibile differenza.
    Le elaborazioni del neofemminismo hanno dimostrato che la partecipazione delle donne ai processi culturali è stata di notevole spessore, anche se sotterranea, tacita, priva di protagonismi, quasi ignorata dalle donne stesse.
    Proprio nella quotidianità e non nelle orchestrazioni metafisiche si gioca il senso più rilevante della nostra esistenza, anche come donne. In questo senso Hannah Arendt scriveva con evidente lucidità: “E’ vano cercare un senso della politica o un significato nella storia quando tutto ciò che non sia comportamento quotidiano o tendenza automatica è stato scartato come irrilevante”.
    Abbiamo come donne forza, tenacia, creatività, capacità di resistenza anche in situazioni di tensione. Abbiamo anche una certa “innocenza” che deriva dal fatto di essere state lontane dai luoghi di potere.
    Abbiamo dimestichezza con le origini della vita e della morte: “sappiamo” per retaggio atavico. Eros e Thanatos trovano ricomposizione nella nostra stessa esistenza.
    Dobbiamo innanzitutto riuscire ad utilizzare le forze positive che si liberano nell’inevitabile conflitto tra i “diversi”, per sesso, per età, per cultura, come stimoli a cambiare, a crescere, neutralizzando la parte negativa del conflitto che si esprime in prevaricazione, ricerca di possesso dell’altro, tentativo di omologazione dell’altrui diversità ad un modello costruito a nostra immagine e somiglianza o per nostro tornaconto.
    Il conflitto sessuale non è a se stante, ma partecipa di una conflittualità che permea tutto il reale, perché è un atto creazionale.

    Laura Tussi

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