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martedì 22 dicembre 2009

Brand Reputation & Social Media


Riceviamo dalla newletter Ferpi questo interessante articolo di Gianluca Comin, ed il successivo commento da Toni Muzi Falcone, sull'evoluzione della comunicazione con l'evoluzione e l'integrazione dei Mass media e dei New Media, sempre più in chiave "Social". Lo rilanciamo nel web suggerendone vivamente la lettura. Questo e altro su www.ferpi.it

La brand reputation nell'epoca dei social media

I social media sono diventati il principale luogo di formazione dell'opinione pubblica. Hanno un ruolo sempre più rilevante nella strategia di legittimazione della reputazione dei brand e della visibilità dei soggetti. E' quanto ha sostenuto il presidente di Ferpi intervenendo al Convegno "Creatività e tecnologie in libertà vigilata dai brand".

Notizie Ferpi, 2 Commenti

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di Gianluca Comin

(FERPI) Da alcune settimane in Rete circola un video, Is social media Fad? già visto da 1.2 milioni di persone, su come i social media stanno cambiando la vita e il modo di reazionarsi e soprattutto, non siano più semplicemente strumenti di contorno, ma vere e proprie piattaforme di contagio sociale e alternativi percorsi di interazione.

Alcuni dati ci aiutano a capire bene un fenomeno che sta cambiando radicalmente il modo di comunicare delle persone e delle organizzazioni.

  • 13 ore di video caricati in media ogni minuto.
  • 3.600.000.000 il numero di foto archiviate (Giugno 2009), quasi una foto per ogni due persone sul pianeta
  • Sono circa 1.000.000.000 i contenuti condivisi ogni settimana (web link, news stories, blog posts, notes, foto, etc.)
  • 3.000.000 il numero medio giornaliero di Tweet

C'è stata qualche arretratezza e resistenza culturale nella capacità di cogliere nei social media, nelle loro applicazioni, nelle loro forme più moderne, nelle loro espressioni collettive la fonte di una "linguistica" diversa e di una nuova piattaforma sociale, politica e di business.Tuttavia mai come in questo momento i social media si avviano ad una diversa rilevanza nella strategia di legittimazione della reputazione dei brands e della visibilità dei soggetti. Le due concause possono essere cosi rintracciate in due aspetti:

  • l'evoluzione della capacità delle persone di muoversi da un mezzo all'altro, tradizionale e non e di influenzare i propri processi d'acquisto attraverso queste interazioni (quello che definiamo comunemente multicanalità);
  • la tendenza di alcuni soggetti – della sfera politica, pubblica, culturale – di trovare nella rete uno spazio di espressione dell'immagine e di sostegno al rafforzamento della propria reputazione, spesso superiore rispetto a quella reale.

Tanto che oggi tutti i fenomeni significativi in termini di dibattito pubblico sembrano interferire con la rete: il popolo di Saviano ne è un esempio significativo. Ben 500 000 utenti hanno aderito all'appello contro il processo breve del noto scrittore sul sito di un noto quotidiano nazionale – Repubblica. Ma potremmo pensare anche al movimento "Diritto della Rete" nato per contrastare il "Lodo Alfano" per rivendicare la libertà della rete e ad autopromuoversi attraverso la diffusione di un banner virale.

La rete rappresenta, dunque, un grande Focus Group dove poter leggere cambiamenti, opinioni, percezioni, bisogni, pressioni, attese della società.

E proprio in questo contesto che alcuni brand sono diventati straordinariamente efficaci nell'engagement dei loro interlocutori. È il caso di Obama, livello di politica internazionale, e quello della sinergia di alcuni grandi marchi, Gucci, Puma, Bottega Veneta, PPR, GoodPlanet.org, Elzevir, in un caso particolarmente innovativo di comunicazione e sensibilizzazione sul grande tema ambientale dal titolo Progetto Home.

Nel primo caso, gli elettori di Obama sono diventati essi stessi i promotori del brand Obama. Secondo l' Advertising Age Obama, prima ancora della elezione, Obama è con il 36 % dei voti, seguito da Apple con il 27.3%1% e da Nike 9,4% il brand più forte. Nel secondo caso, in poco tempo, il documentario lanciato su Youtube e firmato da Luc Besson, ha costruito un vero e proprio movimento sostenuto da 6 milioni di persone e veicolato da una campagna di comunicazione globale che ha visto crescere dal basso in poco tempo i suoi sostenitori.

E, come, non notare come i social media siano diventati paiattaforme di sostegno anche nel business? La rete è diventata lo strumento attraverso cui le persone premiano il brand e accrescono la sua reputazione. Segno che cambia il ruolo della marca: da fondatore di identità a sostenitore di identità che pero' nascono spontaneamente dalle persone. Pensiamo alle fan page del brand Nutella, Coca Cola ed Ikea visualizzabili su FB. Segno che cambia il ruolo della marca: da fondatore di identità a sostenitore di identità che pero' nascono spontaneamente dalle persone.

E la rete dunque è lo strumento attraverso cui le persone premiano brand e accrescono la loro reputazione. Quindi perché non mettere al servizio delle nostre aziende, dei nostri partiti, delle nostre attività, la forza dell'intelligenza collettiva della rete?

Occorre imparare ad utilizzare questi canali per creare vantaggio competitivo stabile basato su un'attenta analisi di grandi quantità di informazioni. Il processo di intelligence è il risultato di un lavoro di collezione, inferenze, valutazioni e comprensioni di una serie di informazioni relative a situazioni e argomenti attuali o potenzialmente rilevanti per l'azienda.

Tre parole chiave

Ho provato a sintetizzare il nuovo approccio alla governance alle relazioni pubbliche attraverso tre parole chiave che saranno, senza dubbio, centrali nelle strategie di comunicazione nei prossimi mesi.

1) Ascoltare / Monitorare
Sapere cosa si dice sul brand online è il primo e forse più il importante passo da compiere.

Monitorare le discussioni online è senz'altro utile per conoscere le opinioni degli utenti più attivi, spesso i veri e propri opinion leader, in modo da ricevere utili indicazioni per indirizzare la comunicazione sui prodotti/brand verso determinati aspetti piuttosto che altri.

Essere disposti ad accettare una serie di critiche per ridurre la percezione dei minus.

2) Partecipare
Partecipare alla conversazione, essere disposti ad aprire le proprie conoscenze e a garantire coerenza e trasparenza nella comunicazione.

Monitorare una serie di indicazioni concrete ed operative sulle possibili attività da compiere per attenuare eventuali percezioni negative e per enfatizzare quelle positive.

3) Condividere

  • Mettere a disposizione dei consumatori gli strumenti che permettano loro di creare dei contenuti di qualità a beneficio dell'azienda.
  • Utilizzare i contenuti "ufficiali" pubblicati per fornire risposte e aumentare l'awareness dei canali ufficiali.
  • Condividere con i consumatori le fasi di progettazione/sviluppo/pensiero relative a nuovi prodotti/servizi, nuove strategie.

2 Commenti:

baotzebao il 19/12/2009

eh, non è LUC BESSON, regista e sceneggiatore di altro cinema, ma YANN ARTHUS BERTRAND. Ah, la Rete…di salvataggio da errori cui basterebbe un controllo…

toni muzi falconi il 21/12/2009

Ci ho pensato tre volte prima di scrivere questo commento. Ma tant'è:
Un intervento, questo di Gianluca, da chiosare.
Un intervento da prendere sul serio, diversamente dalle infinite, analoghe e garrule espressioni di passione neofita per i social media che pullulano in rete e spesso anche su questo sito.
Tra l'altro proprio oggi, nel leggere le tesi finali dei miei studenti di relazioni globali alla NYU, ho visto che ben due di loro citano l'intervento del nostro Presidente a Catania di qualche settimana fa. Quando uno comincia ad essere citato nelle tesi di professionisti senior a un corso di Master alla NYU, va visto con rispetto.
Tra l'altro la mia stima e amicizia per Gianluca non è un mistero per i visitatori di questo sito.
Proprio ieri, terminando il mio corso e descrivendo le condizioni sostanzialmente mutate nello scenario globale rispetto al precedente corso di soltanto sei mesi fa, abbiamo a lungo discusso con gli studenti delle dinamiche dei social media e abbiamo parlato della velocità di crescita in questi ultimi mesi, per noi relatori pubblici, dei rischi del canale/ambiente(comunque vogliate definirlo).
Nell'intervento di Gianluca di tutto questo non c'è traccia.
Non è intendiamoci un rimprovero, ma semplicemente un richiamo a mantenere una visione sempre critica della realtà che ci circonda e a non lasciarsi prendere (a me capita di frequente) dall'entusiasmo.
Sarà anche vero che la reputation del brand (chissà perché non si può dire la reputazione della marca…mistero) si forma oggi in rete….ma anche la manipolazione, la denigrazione, la calunnia, la presa per i fondelli: tutto quelle che, sì, è sempre esistito ma che aveva sempre trovato qualche resistenza nello scrutinio critico di una informazione professionale, libera e indipendente, ove esiste.
Ma in Italia, per un po' almeno, c'è stata….
Non vorrei passare per luddista… ma sono rimasto sorpreso nel leggere le conclusioni cui giunge Gianluca sulla scorta di una visione, secondo me, unilaterale e monotematica, di una realtà assai più complessa e articolata.
Ascoltare e monitorare non sono la stessa cosa.
Per ascoltare è necessario che, nella fase di raccolta diretta e indiretta delle informazioni, l'ascoltatore dismetta glie stereotipi, per meglio comprendere le aspettative degli altri, per poi rientrare in sé nella fase prima interpretativa e poi anche consulenziale.
Il rischio, insomma, è che il monitoraggio sia orientato dalle convinzioni di chi ascolta e quindi finisca per tradursi in un esercizio onanistico.
Mi ha preoccupato anche ove Gianluca scrive che si ascolta per ricevere utili indicazioni per indirizzare la comunicazione… (e in tal modo, avrebbe detto il buon Bernays quasi 100 anni fa, 'ingegnerizzare il consenso').
Questa è una visione, diciamolo esplicitamente, markettara della comunicazione di una organizzazione, quella della persuasione scientifica e che ha prodotto il marketing in tutte le sue conseguenze positiva, ma anche con i tanti effetti indesiderati.
Come ha scritto recentemente Jim Grunig nella prefazione alla Prism Review citata in questi giorni proprio da questo sito http://praxis.massey.ac.nz/fileadmin/Praxis/Files/globalPR/GRUNIG.pdf, i neo-cantori dei social media tendono ad usare il canale soprattutto per fare più rapidamente (di qui la visione strumentale di Gianluca della rete come focus group?) e soprattutto a minor costo, sfruttando la gratuità diffusa della rete.
Ma con quale affidabilità?
Già!
Ma a che serve l'affidabilità se l'ascolto serve solo a inserire un paio di power point nelle presentazioni al board e ad orientare, nella migliore delle ipotesi, il taglio di una headline?
Se l'ascolto serve soltanto a migliorare la qualità di una comunicazione che poi viene 'spinta' partecipando ad una sola via alle conversazioni degli altri?
E non serve invece soprattutto al miglioramento dei processi decisionali interni dell'organizzazione, dei suoi prodotti, delle sue politiche tenendo anche (non solo) conto di quell'ascolto.
Alla fine facciamo quello che abbiamo sempre fatto con il semplice impiego di un canale diverso.
E, detto da un professionista autorevole come Gianluca, la cosa rileva eccome.

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