Il presidente della Cia Giuseppe Politi esprime apprezzamento per la lettera inviata alla Commissione di Bruxelles contro l’autorizzazione alla coltivazione del nuovo mais transgenico. Il governo italiano deve procedere alla dichiarazione della clausola di salvaguardia.
“Un’iniziativa quanto mai opportuna per difendere la biodiversità dell’agricoltura e tutelare i consumatori”. Così il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi commenta la lettera di dodici paesi, compresa l’Italia, inviata alla Commissione Ue con la quale si chiede di ritirare la proposta che autorizza la coltivazione del nuovo mais transgenico 1507.
“Questa presa di posizione -afferma Politi- è importante e può evitare che l’agricoltura europea, e in particolare quella italiana, venga contaminata dagli Organismi geneticamente modificati, contro i quali si è espressa la stragrande maggioranza dei cittadini europei, sette su dieci. Percentuale che supera addirittura l’80 per cento nel nostro Paese”.
“Il recente Consiglio europeo ha confermato -rimarca il presidente della Cia- che sul biotech ci sono profonde divisioni tra i ‘28’, ma soprattutto grande confusione sulla linea da sviluppare. E questo presta, purtroppo, il fianco a chi vuole aprire le porte dell’agricoltura europea agli Ogm. E’ una cosa che non possiamo assolutamente accettare. Quindi, accogliamo positivamente l’azione promossa dai dodici paesi, auspicando che il fronte anti-Organismi geneticamente modificati si faccia ancora più ampio”.
“L’Italia -aggiunge Politi- deve mantenere una posizione ferma e arrivare alla dichiarazione della clausola di salvaguardia per impedire che gli Ogm contaminino la nostra agricoltura diversificata e saldamente legata alla storia, alla cultura, alle tradizioni delle variegate realtà rurali”.
“Ribadisco -sottolinea il presidente della Cia- che gli Ogm non servono alla nostra agricoltura. La nostra contrarietà al transgenico non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l’utilizzazione degli Organismi geneticamente modificati può annullare la nostra idea di agricoltura. Annullare, cioè, l’unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt’altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo si può fare senza ricorrere al biotech, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi con risultati molto importanti”.
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