Frane che scoprono abusivismi, alluvioni che scoprono anche discariche abusive... ma perché siamo arrivati a questo punto?
Continua il dibattito on line di «Villaggio Globale» (www.vglobale.it) tendente a capire dov'è finito l'ambientalismo italiano, che strade ha percorso e perché siamo così arretrati dopo anni intensi di elaborazioni scientifiche, iniziative e leggi anche storiche.
Dopo il prof. Ugo Leone, interviene il dott. Walter Ganapini, un ambientalista storico di questa Italia distratta che cancella spesso affrettatamente le sue radici. Ci offre un giudizio impietoso di un Paese affarista e di una società priva di etica ambientale.
«Occorre operare una sintesi culturale di grande spessore – scrive Ganapini - sussumendo i temi sin qui richiamati, cui mi è capitato di dedicare tanta parte del mio vivere, all'interno di un contesto che ne mostri valenze e relazioni che vanno oltre il «settoriale» e che aiuti le persone nel progredire verso quella resilienza che, sola, può aiutarci a superare il rischio anche di estinzione che l'uomo corre per gli effetti ambientali, già in parte irreversibili (dunque “innaturali” per una nozione di ecosistema che include la omeostasi come meccanismo di reazione reversibile alle perturbazioni di situazioni all'equilibrio), di stili di vita materialistici dissipativi fino all'acme della induzione ad un consumismo fine a se stesso e della adorazione di un mercato né regolato né libero e causa di uno scarto dirompente tra pochi ricchissimi e tantissimi sempre più poveri».
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