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mercoledì 13 giugno 2007

Parafilie

 
SPUNTO DI MEDITAZIONE
 
La rossissima Regione Toscana ha destinato 150mila euro del Fondo
sociale europeo alla creazione di carte di credito riservate a
transessuali e transgender in cerca di lavoro. Roba da far drizzare
tutti i peli della barba del povero Carlo Marx…


C'era una volta il socialismo reale. Già, c'era una volta: perché
oggi, anche nelle regioni comuniste doc, bisogna accontentarsi del
socialismo relativista. Tanto che la rossissima Regione Toscana ha
destinato 150mila euro del Fondo sociale europeo alla creazione di
carte di credito riservate a transessuali e transgender in cerca di
lavoro. Roba da far drizzare tutti i peli della barba del povero
Carlo Marx.
Benvenuti nel cosiddetto «Paese normale» che i post comunisti e i
post cattolici dell'Unione promettevano da tempo. Dopo rapida
gestazione ecco qua uno dei tanti figli in provetta prodotti dal
matrimonio fra marxisti senza marxismo e cattolici senza
cattolicesimo, per i quali il concetto di normalità dipende dalla
moda.
Questo, rapidamente, il fatto: l'Unione europea stanzia da alcuni
anni dei fondi per promuovere lo svolgimento di corsi professionali
per i nostri ragazzi. Corsi che, quando sono ben progettati e ben
realizzati, insegnano davvero un mestiere e introducono nel mondo del
lavoro i giovani. Così la rossissima Regione Toscana ha pensato di
inventarsi con quei fondi una carta prepagata di 2.500 euro procapite
da spendere in due anni, utilizzabile solo per frequentare corsi di
formazione. Bene, diranno molti. Però, c'è un però: la carta è
riservata a coloro che esibiscano un certificato del servizio
sanitario con la diagnosi di «disturbo di identità di genere».
«La somma è modesta, l'idea è grande» commenta trionfalmente un
comunicato dell'ufficio stampa della rossissima Regione Toscana, che
aggiunge per la precisione: «Non è però il primo esperimento che si
tenta in Toscana in questo settore. Nel centro per l'impiego di
Pistoia si era già iniziato ad utilizzare la carta per permettere ai
trans di studiare ed aggiornarsi per poi trovare un canale d'ingresso
in un'azienda, un ufficio, un ospedale, un luogo in cui costruire un
futuro e dei rapporti umani e professionali senza sentirsi
emarginati, strani, diversi, osservati».
Se qualcuno pensa di essere finito su Scherzi a parte si svegli.
Questo è un episodio, e nemmeno l'ultimo purtroppo, di «Casa Prodi»,
il reality show più triste e veritiero della Seconda Repubblica.
L'idea brillante, questa volta, è venuta all'assessore al Lavoro, il
democratico di sinistra Gianfranco Simoncini, che spiega come il
sussidio sia «diretto alle fasce deboli del mercato e non c'è dubbio
che quella dei trans lo sia. Vogliamo dare a queste persone una
concreta opportunità di fare una vita normale, evitando che
l'isolamento le spinga a prostituirsi per riuscire a guadagnare dei
soldi. Dobbiamo toglierle dal marciapiede».
E i cattolici che pure fanno parte di quella maggioranza di governo?
Non pervenuti. Tace il vicepresidente Federico Gelli, già presidente
provinciale delle Acli. Ma tace pure il sito della diocesi di
Firenze, che non dà la notizia né la commenta in alcun modo. E pure
quello del settimanale cattolico Toscana Oggi.
Questo è il «Paese normale» che l'esercito della salvezza
progressista vuole confezionare per il nostro futuro, trasformando i
famosi «diritti civili» in veri e propri servizi garantiti e pagati
dallo Stato. Ci vogliono traghettare in un territorio dell'assurdo
che è al di là del bene e del male, ben oltre il confronto atavico
fra destra e sinistra. Perché non ci vuole la tessera di un partito
particolare, o una fede religiosa specifica, per certificare
l'insensatezza, per non dir di peggio, di un provvedimento così
sgangherato. È dunque questo il tragicomico epilogo di quello che una
volta fu il glorioso partito dei proletari: i deboli mica sono gli
handicappati, o le mamme con tre figli, o gli anziani.
Abbandonata la
prole al suo destino, lo Stato sociale si rivolge a nuove categorie
meritevoli della mano compassionevole dell'autorità.
E tutto questo scialo di denaro pubblico, perché? Per strizzare
l'occhio alla «diversità» e assumere come modello culturale la nuova
ideologia del «genere», secondo la quale «maschile» e «femminile» non
sono più dei dati oggettivi, che la biologia ci mette davanti senza
possibilità di equivoco. «Maschio» e «femmina» sarebbero solo
delle «categorie culturali», che devono essere superate dalla libera
determinazione del singolo.
Dai post-comunisti siamo approdati ai
trans-comunisti. E adesso chi va a spiegarlo ai compagni in qualche
Casa del popolo un po' fuori mano? Ma questa iniziativa del
centrosinistra toscano un merito in fondo ce l'ha: dimostra che il
confronto politico dei prossimi anni passa lungo la linea delle
scelte di valore. Il centrodestra ha vinto nelle competizioni locali
perché è visto dalla gente, giustamente, come interprete della sana,
banalissima, normalità. E tanto più si imporrà quanto più si
confermerà alternativo al socialismo relativista di questa sinistra
nichilista. C'è un elettorato normalmente borghese - tanto
disprezzato dalle élite culturali «de sinistra» e dai cattolici
adulti - che su certi valori non tollera tradimenti. Non ama le
amministrazioni che buttano via 290 milioni delle vecchie lire per
destinarli alla «categoria socialmente debole dei trans».

di Davide Rondoni
(C) Avvenire, 10/6/07

Associazione Scienza & Vita di Latina

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