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venerdì 21 marzo 2008

Spettacolo Basta di Remondi & Caporossi


Nota sullo spettacolo: tratto  dalla novella "Assez" di Samuel Beckett


Un tratto di venti  metri coperto di sabbia. Su questa distesa sfila una serie di coppie,  i cui componenti, maschi o femmine che siano, indossano tutti giacca,  pantaloni, e cappello da uomo, tra il grigio ed il nero, e scarponi  pesanti. Non hanno identità personale e non c'è nulla che distingue  una coppia dall'altra. Né ci sono distinzioni all'interno delle  singole coppie, se non delle posture dall'uno e dall'altro assunte.  Ogni coppia comprende infatti un eretto  e un piegato.

La novella Assez  di Samuel Beckett ha fornito lo spunto originario (la coppia dell'eretto  e del piegato) e l'elaborazione di cui è stata oggetto si  attiene con rispetto e sensibilità al modo dello scrittore irlandese  e delle sue implicazioni.  

Questa situazione   immutabile si moltiplica. Una processione di corpi. Un continuo movimento.  Sembra un giro vizioso per comporre una catena che blocca e imprigiona  l'immutabile condizione; come il camminare in un tetro perimetro,  durante l'ora di sole, di una squadra di carcerati. Per il pubblico  la visione di un solo lato. Una visione immutabile. Da destra verso  sinistra. La quiete sui solitari passaggi. Brevi interruzioni per brevi  comunicazioni. Immutabili e mute mutazioni. Uno si sostituisce all'altro.  Si lasciano cadere a terra. Dormono. Due corpi. Un corpo solo. Breve  attimo di riposo o attesa interminabile. Sogno tormentato dal passaggio  di una scura massa informe. Si rialzano. Ripartono. L'eretto passa  ad essere compagno del curvo che lo precede o di quello che lo segue.  Oppure il curvo, abbandonato il proprio compagno, guadagna il nuovo  che sopraggiunge o quello che sta per raggiungere. Avvolge tutto il  silenzio, quello che si chiede. Un laboratorio è un  luogo di lavoro che impegna sia la mente con i suoi meccanismi di ragionamento  e di riflessione, sia l'applicazione volontaria o involontaria del  corpo tra manualità e movimento fisico. A fondamento di una simile  esperienza c'è la necessità di stimolare l'immaginazione e la  libera creatività dei partecipanti. Un laboratorio è quindi un itinerario  di creazione, un percorso conoscitivo che, tenendo conto delle caratteristiche  e delle qualità individuali e di gruppo possa condurre ad una realizzazione  pratica che sia il frutto della collaborazione dei partecipanti ed esempio  di un lavoro comune.

Un momento dimostrativo  di un metodo di lavoro che partendo da una idea sviluppa una scrittura  per immagini ed una drammaturgia direttamente sulla scena. Lo spunto  di partenza suscitato dal breve racconto di Beckett, è stato oggetto  di elaborazione con tutti i partecipanti e ha determinato le tracce  di un percorso la cui forma teatrale non necessariamente è demandata  alla parola privilegiando maggiormente l'azione, il non- detto, il  silenzio.

È la presenza della  persona che dà verità all'azione; una verità che si nasconde nel  comportamento e si  rivela nell'agire della persona, nel silenzio  di un'azione. È un procedimento che tende ad asciugare, selezionare  la parola, la gestualità in eccesso per lasciare il corpo, con tutte  le sue funzioni (soprattutto quella di ascoltare) nel suo stato di bersaglio:  alla vita che ci circonda alla presenza degli altri, agli oggetti che  manipoliamo, agli sguardi per ricevere stimoli, emozioni, incertezza,  dubbi, stupore lasciandoci trasportare in ambiti misteriosi, imprevedibili.  La presenza dell'oggetto, al di là della materia che lo compone,  è argomento unico in quanto anche esso è metafora, sottoposto ai sensi  ma denso di implicazioni, rivelatore dei possibili discorsi, delle possibili  narrazioni. 


Nota sul laboratorio:
Per nostra natura vorremmo  precisare che non si tratta di insegnare ma affermare il teatro stimolando  nell'allievo la qualità creativa alla ricerca di un suo modo espressivo,  accompagnandolo verso la misura interpretativa più consona a ciò che  si vuole rappresentare. Un vero laboratorio che rifletta, nella prassi  operativa, la conoscenza dei termini a disposizione (l'idea, il testo,  l'architettura dello spettacolo, la presenza dell'attore sia concettuale  che comportamentale, il rapporto con lo spazio scenico e con l'oggetto,  il travestimento ecc. ecc.), i quali termini riferiti al nostro specifico  lavoro su "basta" si concentrano tutti nell'unica immagine della  coppia beckettiana.

Il lavoro che verrà  svolto con allievi-attori sarà quello di ridisegnare le due figure  narrate da Beckett producendo un nuovo segno direttamente sui corpi  degli attori. Un gioco iniziale proiettato nello scambio reciproco dei  personaggi della coppia in modo tale da partecipare all'una e all'altra  condizione, l'eretto ed il piegato, parti di una antica immagine,  solitaria ed assoluta. La descrizione così precisa dell'immagine,  la sensazione del particolare, il silenzio, ci offrono al contrario  molte soluzioni interpretative le quali in termini di gioco potranno  far convivere l'aspetto drammatico con la comicità.

Un lavoro che intende  sviluppare un insieme fantastico di immagini combinando movimenti ed  articolazioni di ritmi diversi.


      

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Alberta Spezzaferro
Ufficio Stampa e promozione
Rem&Cap Proposte
ufficio 06.6243943

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