Un tratto di venti metri coperto di sabbia. Su questa distesa sfila una serie di coppie, i cui componenti, maschi o femmine che siano, indossano tutti giacca, pantaloni, e cappello da uomo, tra il grigio ed il nero, e scarponi pesanti. Non hanno identità personale e non c'è nulla che distingue una coppia dall'altra. Né ci sono distinzioni all'interno delle singole coppie, se non delle posture dall'uno e dall'altro assunte. Ogni coppia comprende infatti un eretto e un piegato.
La novella Assez di Samuel Beckett ha fornito lo spunto originario (la coppia dell'eretto e del piegato) e l'elaborazione di cui è stata oggetto si attiene con rispetto e sensibilità al modo dello scrittore irlandese e delle sue implicazioni.
Questa situazione immutabile si moltiplica. Una processione di corpi. Un continuo movimento. Sembra un giro vizioso per comporre una catena che blocca e imprigiona l'immutabile condizione; come il camminare in un tetro perimetro, durante l'ora di sole, di una squadra di carcerati. Per il pubblico la visione di un solo lato. Una visione immutabile. Da destra verso sinistra. La quiete sui solitari passaggi. Brevi interruzioni per brevi comunicazioni. Immutabili e mute mutazioni. Uno si sostituisce all'altro. Si lasciano cadere a terra. Dormono. Due corpi. Un corpo solo. Breve attimo di riposo o attesa interminabile. Sogno tormentato dal passaggio di una scura massa informe. Si rialzano. Ripartono. L'eretto passa ad essere compagno del curvo che lo precede o di quello che lo segue. Oppure il curvo, abbandonato il proprio compagno, guadagna il nuovo che sopraggiunge o quello che sta per raggiungere. Avvolge tutto il silenzio, quello che si chiede. Un laboratorio è un luogo di lavoro che impegna sia la mente con i suoi meccanismi di ragionamento e di riflessione, sia l'applicazione volontaria o involontaria del corpo tra manualità e movimento fisico. A fondamento di una simile esperienza c'è la necessità di stimolare l'immaginazione e la libera creatività dei partecipanti. Un laboratorio è quindi un itinerario di creazione, un percorso conoscitivo che, tenendo conto delle caratteristiche e delle qualità individuali e di gruppo possa condurre ad una realizzazione pratica che sia il frutto della collaborazione dei partecipanti ed esempio di un lavoro comune.
Un momento dimostrativo di un metodo di lavoro che partendo da una idea sviluppa una scrittura per immagini ed una drammaturgia direttamente sulla scena. Lo spunto di partenza suscitato dal breve racconto di Beckett, è stato oggetto di elaborazione con tutti i partecipanti e ha determinato le tracce di un percorso la cui forma teatrale non necessariamente è demandata alla parola privilegiando maggiormente l'azione, il non- detto, il silenzio.
È la presenza della persona che dà verità all'azione; una verità che si nasconde nel comportamento e si rivela nell'agire della persona, nel silenzio di un'azione. È un procedimento che tende ad asciugare, selezionare la parola, la gestualità in eccesso per lasciare il corpo, con tutte le sue funzioni (soprattutto quella di ascoltare) nel suo stato di bersaglio: alla vita che ci circonda alla presenza degli altri, agli oggetti che manipoliamo, agli sguardi per ricevere stimoli, emozioni, incertezza, dubbi, stupore lasciandoci trasportare in ambiti misteriosi, imprevedibili. La presenza dell'oggetto, al di là della materia che lo compone, è argomento unico in quanto anche esso è metafora, sottoposto ai sensi ma denso di implicazioni, rivelatore dei possibili discorsi, delle possibili narrazioni.
Nota sul laboratorio:
Per nostra natura vorremmo precisare che non si tratta di insegnare ma affermare il teatro stimolando nell'allievo la qualità creativa alla ricerca di un suo modo espressivo, accompagnandolo verso la misura interpretativa più consona a ciò che si vuole rappresentare. Un vero laboratorio che rifletta, nella prassi operativa, la conoscenza dei termini a disposizione (l'idea, il testo, l'architettura dello spettacolo, la presenza dell'attore sia concettuale che comportamentale, il rapporto con lo spazio scenico e con l'oggetto, il travestimento ecc. ecc.), i quali termini riferiti al nostro specifico lavoro su "basta" si concentrano tutti nell'unica immagine della coppia beckettiana.
Il lavoro che verrà svolto con allievi-attori sarà quello di ridisegnare le due figure narrate da Beckett producendo un nuovo segno direttamente sui corpi degli attori. Un gioco iniziale proiettato nello scambio reciproco dei personaggi della coppia in modo tale da partecipare all'una e all'altra condizione, l'eretto ed il piegato, parti di una antica immagine, solitaria ed assoluta. La descrizione così precisa dell'immagine, la sensazione del particolare, il silenzio, ci offrono al contrario molte soluzioni interpretative le quali in termini di gioco potranno far convivere l'aspetto drammatico con la comicità.
Un lavoro che intende sviluppare un insieme fantastico di immagini combinando movimenti ed articolazioni di ritmi diversi.
Alberta Spezzaferro
Ufficio Stampa e promozione
Rem&Cap Proposte
ufficio 06.6243943



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