Roma, grande accoglienza per l'autore della "Ricerca della felicità", campione d'incassi Usa. "Ho sensibilità europea, ma resto a lavorare a Hollywood"
rivela: "Ci siamo ispirati a 'Ladri di biciclette' e 'Umberto D': storie di gente che vuol farcela"
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Un accostamento ardito, quello del divo: due pietre miliari del neorealismo di casa nostra come esempi di american dream? Lui e Muccino giurano di sì. Anche se va detto che il sogno a stelle e strisce raccontato nel film - la storia vera di Chris Gardner, che ai primi anni Ottanta, a San Francisco, passò dalla condizione di senzatetto con figlio a carico a guru della finanza - appare, in molti momenti, come un incubo. Al di là del lieto fine, infatti, per quasi due ore, sul grande schermo, vediamo il protagonista (Smith) e il suo bambino di cinque anni (Jaden Smith, vero figlio dell'attore) attraversare un vero e proprio inferno di disavventure. Col nostro eroe che pur di farcela, pur di assicurare al suo erede un futuro migliore, corre, corre, corre. Sempre minacciato dalla paura di non farcela.
Un'interpretazione non rassicurante, e non buonista, della storia, che Muccino avalla: "Avevo paura che il film fosse troppo sentimentale, dolciastro - racconta - così ho cercato di essere più veritiero possibile, tenendo presente la lezione del neorealismo: ad esempio, tutti i senzatetto che si vedono sullo schermo sono veri homeless; anche i ricoveri per barboni sono quelli veri. E la presenza di Chris Gardner sul set, ogni giorno, mi ricordava che quello che stavo rappresentando non era un gioco, ma un incubo realmente vissuto. Volevo avere il massimo rispetto, per lui e per tutti quelli che in America non ce la fanno".
Ed è questo, forse, il vero contributo mucciniano in un'opera che più americana, e più hollywoodiana, non si può. Questa sorta di ansia che trasuda dalla società Usa degli anni Ottanta (quella reaganiana, per intenderci). Ma con grande fedeltà per il modo di vedere la vita a stelle e strisce: "Ho raccontato una storia americana, con meccanismi americani - prosegue il regista - per loro il farcela con le proprie forze è un fatto esistenziale, un valore morale. Io ho raccontato questa realtà, cinica e dura, con molto rispetto, affinché il pubblico americano la trovasse credibile; ma con occhio vergine, e con la mia sensibilità". Quella di un italiano che forse, più che dal successo economico e sociale ottenuto alla fine dal protagonista, resta colpito dalle difficoltà che ha dovuto attraversare.
Ma c'è un altro elemento forte, nella Ricerca della felicità. E cioè il rapporto d'amore totale che lega padre e figlio. Come tiene a sottolineare Will Smith: "Non so perché il film piaccia tanto al pubblico americano - dichiara - ma io credo sia perché ha a che fare con l'istinto primordiale, quasi animali, di proteggere i nostri bambini. Vogliamo dare il meglio, per loro. E poi questo film tocca le nostre paure più profonde: l'altra faccia della speranza è sempre il timore di non farcela. Recitare con mio figlio, trascorrere 10.12 ore al giorno sul set con lui, è stato fantastico". Il risultato è un'interpretazione, la sua, davvero convincente. "La migliore della mia carriera", conferma lui, già forte di una nomination ai Golden Globe.
E dopo Smith e Muccino, tocca al terzo eroe di questa intensa giornata romana: Chris Gardner. In Italia non solo per presentare il film, ma anche l'omonimo libro autobiografico da cui è tratto (nelle librerie da domani, edizioni Fandango): "Sono molto orgoglioso di ciò che Will e Gabriele hanno fatto - spiega - hanno colto l'essenza della mia lotta, della mia passione e del mio impegno. E, se è vero che questa è la migliore interpretazione di Will, è altrettanto vero che è stato Gabriele a tirargliela fuori".
Elegante (giacca e cravatta), emozionato ma senza esagerare, pronto ad accettare gli scherzi di Smith (esilarante l'imitazione che fa di un suo momento di difficoltà con l'inglese sul set), Muccino incassa tutti questi complimenti. E quanto al futuro, fa capire che per il momento, all'orizzonte, c'è ancora Hollywood: "L'idea di girare un altro film negli Usa mi piace - confessa - visto che questa è stata un'esperienza entusiasmante. Ero spaventato dall'invasività della macchina hollywoodiana, ma con un po' di costanza e di pazienza puoi convincere i produttori a fare le cose come vuoi tu". Specie se, alle spalle, hai un divo del calibro di Will Smith.
Origine: Repubblica



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