ENTI LOCALI: RUGHETTI (ANCI), LE GIUSTE RAGIONI DELLA PROTESTA DEI COMUNI
''Non e' un'iniziativa politica ma e' una rivendicazione di dignita' istituzionale che segna una patologia della democrazia del nostro Paese''. E' quanto afferma Angelo Rughetti, Segretario Generale dell'ANCI parlando della manifestazione che, giovedi' 8 aprile, ha visto scendere in piazza a Milano oltre 500 Sindaci lombardi, in un articolo pubblicato sul Sito dell'Associazione.
''Meglio di me – scrive Rughetti - Sergio Romano ha inquadrato questo tema mettendo in luce la divaricazione in atto nel rapporto eletto ed elettore nelle diverse istituzioni di governo, divaricazione confermata anche dalla minore astensione alle recenti elezioni comunali rispetto a quelle regionali. Peccato che altri commentatori non abbiamo avuto la pazienza di analizzare a fondo questa azione dei Comuni bollandola come una iniziativa di una casta. Il Sole 24 Ore, in particolare, non ha tenuto conto neanche che le rivendicazioni dei Sindaci sul patto di stabilita' interno sono state piu' volte condivise dalla Confindustria, visto che la mancata possibilita' di spesa dei Comuni si converte in altrettanti crediti delle imprese che si sommano ai mancati pagamenti della P.A. centrale''.
''Per delineare il perimetro della protesta dell'ANCI – afferma - vorrei sottolineare alcuni elementi tecnici che spero diano un aiuto a leggere questa fase nelle relazioni fra Comuni ed altri livelli di governo. Il rispetto delle regole. La nostra Costituzione mette sullo stesso piano Comuni, Regioni e Stato. Afferma che ognuno di essi ha diritto ad avere delle risorse congrue per esercitare le funzioni che la Costituzione e la legge gli assegnano. In concreto questo non avviene perche' i Comuni non possono fare le leggi, e le leggi proposte negli ultimi anni dai vari Governi hanno ridotto le risorse a disposizione dei Comuni senza compensarle con maggiore autonomia. E' il famoso caso dell'ICI eliminata dagli ultimi due Governi che ha determinato non solo una minore disponibilita' di risorse, ma soprattutto una minore capacita' dei Comuni di reperire risorse in modo autonomo sul territorio. Togliere o istituire un tributo e' competenza del Parlamento. Con il Federalismo fiscale sara' possibile anche istituire tributi regionali. Ma non ci sara' mai un federalismo vero se i Comuni non potranno contare su risorse certe e costanti. Non sara' mai federalismo se ogni Governo nazionale o regionale, in modo autonomo, potra' intervenire senza preavviso e cambiare sia la quantita' che la qualita' delle risorse a disposizione dei Comuni e relegarli in questo modo ad istituzioni di serie B.
''La qualita' della spesa pubblica. Come si sa, la spesa di uno Stato non e' tutta uguale. Se volessimo inquadrarla in 3 macro settori potremmo dividerla in spesa previdenziale, corrente (per acquisto di beni e servizi) e per investimenti. I Comuni, in questa tripartizione, rappresentano il comparto della Repubblica che ha una maggiore capacita' di spesa per investimenti nel rapporto con quella corrente. Le attuali regole del patto di stabilita' stanno modificando questo rapporto, in peggio. La spesa per investimenti sta costantemente diminuendo. Tradotto nella vita reale dei cittadini questo vuole dire meno opere e infrastrutture, meno investimenti in mobilita', ambiente, sport, scuola, palestre, asili, scuole materne, piscine, teatri, campi di calcetto, biblioteche. Queste cose non possono essere piu' fatte se non ci sono risorse o se il Comune non puo' pagare l'impresa che ha fatto i lavori. E' questo che i Comuni chiedono di cambiare. I Comuni vogliono continuare ad essere le istituzioni che programmano e realizzano interventi utili per le comunita'. Non vogliono essere solo micro agenzie di servizi a disposizione dello Stato e delle Regioni.
''Cosa vogliono i Comuni. Non sono i nuovi dissipatori della spesa pubblica ed il Governo ne e' a conoscenza (basta guardare l'andamento della spesa pubblica divisa per comparti per vedere che quello dei Comuni e' il piu' virtuoso). Vogliono che ci sia un sistema di regole di bilancio che obblighi tutti al pareggio di parte corrente ed al controllo dell'indebitamento per gli investimenti. Un po' come una famiglia o un'azienda alla quale si chiede di spendere per la vita quotidiana l'entrata ordinaria e di indebitarsi con la banca per comprare casa. Vogliono poter avere un trattamento equi ordinato alle altre istituzioni. E' mortificante vedere Sindaci eletti con migliaia o milioni di voti dover chiedere ad autorevoli funzionari dei Ministeri i fondi compensativi sull'ICI o quelli del fondo sociale o quelli dello spettacolo. Non c'e' rispetto per le istituzioni locali e, finche' non si ristabilira' una pari dignita' come prevista nella Costituzione, la protesta andra' avanti. Non ci sara' pressione politica che potra' cambiare questa protesta perche' non e' quella di una parte politica contro l'altra ma e' quella dei territori e dei cittadini verso altri pezzi della Repubblica che chiedono di poter continuare ad avere servizi e opere per le comunita' locali: il vero federalismo''.
Roma, 13 aprile 2010
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