Il razzismo, si sa, è una brutta
bestia. Nasce dalla paura del diverso, che attanaglia il cuore e annebbia la
mente di molti esseri umani. Tant’è che, da tempo immemorabile, si minacciano i
bambini di chiamare l’uomo nero (il Boogeyman degli americani) se non fanno i
bravi. L’uomo nero (evitate di chiamarlo “negro” nonostante il termine latino
“niger”) è sinonimo di spauracchio. In realtà, lo spauracchio che accomuna i
razzisti e molti di coloro che biasimano il razzismo, deprecandolo,
condannandolo con veemenza a volte eccessiva e scivolando negli effetti
collaterali, è la convinzione di essere migliori. Convinzione che nel caso
degli antirazzisti “puri e duri”, una frangia che spopola a sinistra, si
traduce facilmente nel falso buonismo, nel garantismo cieco e ottuso, nella
solidarietà ipocrita.
A sostegno della mia tesi voglio analizzare tre fatti, aventi
come protagonisti persone di colore, che sono balzati all’onore della cronaca
italiana negli ultimi giorni. Mi riferisco alle dichiarazioni del nuovo
ministro per l’Integrazione di origine congolese Cécile Kyenge, agli omicidi
compiuti dal ghanese Mada Kabobo e ai fischi di cui è fatto oggetto il calciatore
Mario Balotelli, anche lui nato da genitori ghanesi.
La signora Kyenge è nata
in Congo, nel Katanga, ma è in Italia dal 1983. Nel 1994 ha sposato un italiano,
è divenuta cittadina italiana e oltre a occuparsi di politica ha svolto
l’attività di medico. È una persona rispettabile, niente da dire. Non voglio
entrare nel merito delle polemiche suscitate da chi ne contesta la nomina a
ministro della Repubblica perché non è italiana di nascita, se mai mi chiedo se
le sue credenziali fossero tali da farla preferire ai tanti italiani
plurilaureati e competenti in materia di cooperazione e integrazione
internazionale che avrebbero potuto ricoprire quell’incarico. Probabilmente a
maggior ragione per il fatto di essere italiani “in toto” e non italiani “acquisiti”.
Quello che non mi piace, e lo dico senza falsi pudori, è che la Kyenge abbia
subito alzato la cresta, sollevando il problema dello ius soli-ius sanguinis come se fosse una priorità del nostro tribolato
Paese, e abbia chiesto di delegittimare il reato di clandestinità. Ma stiamo
scherzando? Siamo già la nazione più molle d’Europa nei confronti degli
immigrati clandestini e ipotizziamo pure la possibilità di depenalizzare il
fatto di stabilirsi da noi senza sottostare ad alcuna condizione o rispettare
le nostre leggi? Beh, cosa ci si poteva attendere da un ministro di colore? Ragiona
secondo i principi che i romani chiamavano “Cicero pro domo sua”. E ciò, col
supporto di quelle forze politiche che si definiscono progressiste e innalzano
i vessilli del garantismo a senso unico, della solidarietà tartufesca per fini
utilitaristici. Di quale progresso parliamo? Io parlerei piuttosto di
demagogia vergognosa e autolesionista. Nessuno contesta il fatto che il
razzismo sia un male, una piaga che attecchisce sempre di più in casa nostra (soprattutto fra i giovani!) con un
pronunciato carattere reazionario, ma l’antirazzismo idiota è anche peggio. Come si può
pensare di cedere le armi a priori, come se fosse karmico il disegno di
un’Italia scippata della sua identità in nome della multietnicità, sì da
prevedere che in futuro, dopo avere accolto cani e porci, qualche deputato
fuori di testa possa chiedere l’abolizione della lingua italiana? Fermate la
Kyenge prima che sia troppo tardi. Non ci servono rappresentanti dello Stato la
cui visione sociale contempli l’indebolimento se non la resa dello Stato.
Il
secondo episodio è tragico. Sabato 11 maggio, poco dopo l’alba, il ghanese Mada
Kabobo si è messo a rincorrere i passanti nel quartiere milanese di Niguarda e
li ha presi a picconate, uccidendone tre. È un assassino, uno squilibrato già
protagonista di atti violenti, un miserabile che ha seminato il terrore e che
dovremmo chiudere in una cella scavata nei sotterranei del carcere più lurido
d’Italia per poi buttare via la chiave. Invece? Invece, in questo nostro Paese
assurdo e cialtrone, si sono subito levate in sua difesa alcune opinioni
stridenti. Kabobo sente le voci nella testa, è un povero analfabeta disperato,
vittima del sistema, disadattato sociale. Forse non era in sé, è turbato. Nel
giro di pochi giorni ci presenteranno il teorema che non è un carnefice ma un
martire. Per me è solo un infame scellerato e lo condannerei alla legge del
contrappasso, applicando i criteri del Divin Poeta. I veri pazzi sono quelli
che in cattiva fede cercano giustificazioni a un comportamento che non può
avere giustificazioni né attenuanti. Kabobo è un pluriomicida, punto e basta, e
come tale va trattato. Il paradosso è che essere nero lo aiuta. L’assurdo è che
l’antirazzismo degli intellettuali di sinistra è diventato un nuovo razzismo,
un razzismo al contrario. Si giustificano i poveri stupratori extracomunitari e
gli sfortunati pusher africani. Si trovano attenuati per ogni tipo di reato
commesso dai figli della miseria, purché commesso per “necessità”. Follia. La
Legge dovrebbe essere uguale per tutti ma ovviamente usa pesi e misure diverse
e attualmente sono penalizzati quelli che vantano antenati italiani e non possono reclamare lo status di rifugiati.
Eccomi,
infine, al terzo episodio, il più veniale ma non meno paradigmatico. Parlo dei
fischi e dei cori razzisti riservati a
Mario Balotelli (ma anche ad altri calciatori di colore) durante la partita di
calcio Milan-Roma. Sono deprecabili, è ovvio. Ma anche qui, come nel caso di
Kabobo, l’episodio è diventato un caso politico. Non è più possibile fischiare
o fare “buu” in uno stadio, è un’offesa alla dignità umana, peggio, alla
biodiversità razziale. Ma chi l’ha detto? Perché possiamo dare del cornuto
all’arbitro, l’uomo nero di una volta, ma guai a toccare l’uomo nero che
guadagna soldi a palate tirando calci a un pallone? A teatro si può fischiare
un tenore che ha steccato, perché allo stadio non si può fischiare un
calciatore? E se il colore della sua pelle fosse solo un pretesto e lo
fischiassero semplicemente perché è un avversario, per giunta odioso? Nessuno
si è mai sognato di fischiare Pelé. Altri tempi. Vorrei che qualcuno mi
spiegasse perché durante una manifestazione in piazza si possono insultare e
persino lanciare oggetti contundenti contro i poliziotti ma è scandaloso se si ulula
all’indirizzo di un bullo i cui atteggiamenti in campo sono spesso provocatori.
Esiste una linea di demarcazione fra il dissenso e il razzismo? Qual è? Mi
domando a che punto sia arrivato il ribaltamento dei valori, delle
consuetudini, delle logiche. Cosa determina la reale gravità di un comportamento e
chi detta le nuove regole etiche, la cui trasformazione è così rapida e
aleatoria da prenderci in contropiede. La
mia sensazione, non ho paura ad affermarlo, è che siamo vittime di un
controrazzismo ossessivo e compulsivo.
Aveva ragione Michele Serra, che
riprendendo una frase di Dino Risi, scrisse sul Corriere della Sera: “il razzismo finirà quando potremo dire che ci
sono neri stronzi come i bianchi”. Lo vogliamo dire a voce alta? No, non si
può, la cultura dominante e faziosa ce lo impedisce. Impera la regola del
“politicamente corretto”, per cui c’è sempre un sociologo, un politico o un
personaggio pubblico che correrà in soccorso di Caino. E delle sue vittime chi
si preoccupa? Nessuno, sono invisibili e non portano voti. Credo che la Kyenge,
folgorata dai riflettori sulla via per Damasco, abbia proferito una stronzata
ma poiché è di sinistra e ha la pelle nera va bene così. Kabobo è il re degli
stronzi, il negus dei delinquenti, ma poiché è un povero nero clandestino cui
hanno rifiutato l’asilo politico (cui non aveva diritto) va capito e
giustificato. Immagino che Emilio Fede non veda l’ora di accoglierlo a “Porta a
Porta”. Balotelli è un grande talento calcistico ma alzi la mano chi, in cuor
suo, non lo considera uno stronzetto capriccioso e viziato. Immagino che in
fondo sia un bravo ragazzo ma quale padre gli concederebbe a cuor leggero la
mano della figlia? Ah già, dimenticavo, guadagna come un nababbo. Allora chissenefrega
se è troppo abbronzato oltre che arrogante. Mi si accuserà di essere un
italiano retrogado, intollerante e persino fascista. In realtà non ho nulla
contro i neri, i gialli e i verdognoli, purché siano brave persone e rispettino
le leggi. Non sopporto quelli che approfittano della nostra debolezza e
stupidità per fare i propri comodi nel nostro Paese e minano la nostra società,
la nostra libertà. È sbagliato? Sono intollerante e insensibile? Riconosco che
l’insana e ingiustificata paura dell’uomo nero è ancora troppo diffusa in
Italia, ma non è il mio caso. Ho spesso teso la mano a persone di colore in
difficoltà, non le ho mai considerate subumane o una minaccia. È dell’uomo
bianco che ho paura, della sua imbecillità. Una prerogativa che non è di
esclusiva pertinenza dei razzisti.
www.giuseppebresciani.com
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