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mercoledì 31 maggio 2006

Mostra "Ceramiche Pucci 1947 -1962" alla Rocca di Umbertide

Mostra CERAMICHE PUCCI 1947-1962
Rocca di Umbertide – Centro per l'arte contemporanea
10 Giugno – 22 Ottobre 2006

Promossa ed organizzata dal Comune di Umbertide, in collaborazione con
la Regione dell'Umbria, la Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Perugia e con il contributo della Fondazione Cassa di
Risparmio di Perugia, sabato 10 Giugno 2006, alle ore 17.30, presso la
Rocca di Umbertide (PG), si inaugurerà la mostra "CERAMICHE PUCCI
1947-1962", curata da Enrico Mascelloni e Marinella Caputo.

Le Ceramiche Pucci di Umbertide (1947-1962) rappresentano un capitolo
importante, sebbene poco noto, della ceramica umbra del novecento.

Saranno esposti 109 oggetti che testimoniano la vitalità e l'estro di
un design che accoglie gli stimoli dell'arte e la perizia
dell'artigianato, con risultati sorprendenti.

La manifattura Pucci, la cui genesi va rintracciata all'interno della
Ceramiche Rometti, è stata attiva dalla fine degli anni quaranta
all'inizio degli anni sessanta, proponendo un design originale e
creativo che ha ottenuto un riscontro rilevante a livello nazionale e
internazionale.

La mostra, e il relativo catalogo, contribuiranno a far conoscere ad
un pubblico più vasto, rispetto a quello degli esperti e dei
collezionisti, una produzione di qualità che riguarda oggetti
decorativi e funzionali e che si è distinta per il suo carattere
decisamente innovativo, con contatti e assonanze nei confronti dei
principali movimenti artistici degli anni cinquanta.

L'iniziativa, inoltre, assume valore anche riguardo alla storia
economica e sociale del territorio, per avere inciso in maniera
determinante nella vita produttiva dell'area alto-tiberina e
dell'intera regione umbra.

Il catalogo di SKIRA Editore, contiene i testi critici di Enrico
Mascelloni, Angelica Pucci e Marinella Caputo; le schede e la
riproduzione a colori e bianco/nero delle opere esposte.

INFORMAZIONI UTILI
Durata: 10 Giugno – 22 Ottobre 2006
Sede: Rocca di Umbertide (PG)
Orario: 10,30 – 12,30 e 16,30 - 19 lunedì chiuso
Biglietto d'ingresso: intero Euro 2,00 - ridotto Euro 1,00
Informazioni al pubblico: Rocca di Umbertide Tel.075 9413691
Ufficio Informazioni Turistiche di Umbertide – Tel. 075 9417099
e-mail: marisa.pazzaglia@iat.cittadicastello.it * sito web:
www.comune.umbertide.it

Catalogo a cura di Enrico Mascelloni, Angelica Pucci e Marinella
Caputo - Skira Editore - formato 24x28 – pagine 160 – illustrazioni
96 a colori, 64 in b/n - prezzo in libreria Euro 29,00

Ufficio Stampa e Relazioni Pubbliche:
"Eventi di Patrizia Cavalletti" Tel. 075 5990443 Cell. 348 3386855
Fax 075 5990567 patcav@tin.it

LE ORIGINI DI UN'ILLUSIONE: IL POSTMODERNISMO E LE CERAMICHE PUCCI
di Enrico Mascelloni

Dopo una ventina d'anni d'utilizzo forsennato nessuno sa ancora bene
cosa significhi "postmoderno". O per meglio dire, dopo i primi
tentativi di dargli una qualche dignità teorica il termine è stato
grosso modo abbandonato a se stesso. Fluttua sopra i nostri strani
anni senza particolari velleità e con tutta la leggerezza dei luoghi
comuni distribuiti a man bassa e senza impegno. A dir la verità ha
subito anche delle espulsioni dure e irrevocabili, per esempio dal
territorio della filosofia, dove sembrava che stesse lì lì per trovare
il suo nodo di principale referenza. I supposti precursori sono stati
i primi a deriderlo. Derridà si è premunito con un certo anticipo non
appena si è trovato costretto a confrontarsi con fantasmi antichi
(Spectres de Marx). Con tipica leggerezza parigina, e non senza
eleganza (parigina), l'ha scaricato insieme ai divulgatori più
entusiasti già a metà degli anni '90, in tempi tuttavia ormai
piuttosto sospetti anche per il pensatore di maggior successo
dell'epoca. Nel territorio della politica e in un'epoca di tracollo di
molti miti "postmoderni" ("fine delle ideologie", addolcimento delle
conflittualità geopolitiche e altre amenità del genere risulteranno
presto delle boutade senza senso) si è sostanzialmente autoespulso, né
alcuno, almeno a mia conoscenza, se l'è sentita di connotare gli
attacchi dell'11 Settembre come un evento postmoderno. Nel caso della
prima "Guerra del Golfo" ci aveva provato Baudrillard, parlando di un
conflitto ormai totalmente virtuale e telegenico, ma ancora nessuno
l'aveva informato che sotto le sabbie e le paludi dello Shatt-el-Arab
riposavano i corpi di circa centomila irakeni in ritirata, fulminati
in poche ore e in assenza di emittenti televisive.

Il termine resta tuttavia onnipresente nel campo dell'arte e in specie
in settori di indubbia concretezza non solo visuale come
l'architettura o il design, dove sembrava essersi affermato tra la
fine dei '70 e l'inizio degli '80. E il design è forse il solo settore
in cui le caratteristiche tipologiche cosiddette postmoderne
sembravano avere un fondamento credibile ben prima che il termine
fosse coniato. L'eclettismo decorativo, il disimpegno ideologico, la
leggerezza arredativa furono già ben attive negli anni '50, non solo
nella miglior ceramica italiana. I primi ad accorgersene saranno i
collezionisti e i mercanti di "modernariato", che intravedranno
sintonie lunghe e sottili in manufatti che stavano per abbandonare
persino le case della borghesia di provincia. A partire dagli anni'80
il ritmo dei revival diverrà tale da premiare i ritardatari. Gli
oggetti traslocheranno dagli appartamenti imbolsiti ai loft luminosi
senza nemmeno riposare in qualche cantina.

E' stato lo stesso Derridà ad arretrare agli anni '50 l'epoca in cui
il termine potesse avere una qualche plausibilità, almeno nel campo
del pensiero. Forse c'è qualcosa di misterioso anche nella critica del
gusto, filosofico o arredativo fa poca differenza.

Che le Ceramiche Pucci possano ambire al pari di Heidegger e di
Derrida al ruolo di precursore del gusto postmoderno è invero un po'
forte. Ma appunto del gusto, che ha il diritto di essere meno
circostanziato del pensiero logico-formale. Marinella Caputo e
Angelica Pucci ricostruiscono dettagliatamente le vicende della Pucci
e fanno bene a precisare che tutte le convenzioni temporali durano un
po' più o un po' meno di quello che lasciano intendere. Gli anni '50
iniziano quindi nel 1947 anche per la Pucci e non soltanto per la
Repubblica Italiana che manda in esilio il Re. Sorprenderà che il
disimpegno decorativo di cui la manifattura umbertidese si fa
indistratta promotrice avvenga in tempi di dispute ideologiche feroci
e di formalizzazione internazionale di due blocchi nemici,
contrapposti e inconciliabili. Il gusto ha persino il diritto di
sembrare meno incombente della storia in atto, e tuttavia non meno
capace di permeare la vita quotidiana in profondità. Inquadrato in
questa congiuntura, il postmoderno ante litteram è quindi una funzione
rilassata, una sorta di valvola di scarico della modernità incombente
e conflittuale. Se così fosse non dovrebbe mai perdere di vista quella
modernità che l'ha reso possibile. Infatti, a voler ritornare
ideologici e programmatici, o semplicemente volitivi, negli anni '50
(a differenza che negli '80) c'è solo l'imbarazzo della scelta. Una
tempra postmoderna ha qualcosa di eroico (o per meglio dire di
giustificabile) solo in un'epoca di conflitti.

Va anche rilevato che le Ceramiche Pucci nascono da una costola delle
ben note Ceramiche Rometti, che nell'agiografia del Fascismo e nel
carattere propagandistico avevano misurato il proprio equilibrio
decorativo e il loro punto di massima tensione. Il disimpegno degli
anni '50 è forse anche un portato dell'impegno precedente e del suo
fallimento storico. D'altra parte, anche in assenza di cicatrici di
tale portata come la Seconda Guerra Mondiale, la storia dell'arte
moderna, e delle avanguardie in specie, è una sequenza ininterrotta di
parricidi, in cui le modificazioni lente del gusto sono soltanto
l'omicidio lento e perfetto del genitore. Ma la Pucci, e quasi tutta
la ceramica moderna italiana nel suo insieme, è ben lungi dal porsi
come avanguardia. Sa stare al suo posto ed entra nella modernità quasi
senza accorgersene, che è come dire intridendola in profondità. I
protagonisti dell'avanguardia "vera" in ceramica, i Leoncillo o gli
Jorn nelle loro opere mature e più potenti, esibiscono un materiale "a
basso tasso di modernità" come sfida alla modernità stessa. Ma siamo
già oltre le illusioni progressiste del dopoguerra; siamo nei pieni
'50 e l'impeto critico dei due artisti non filtra nelle ceramiche
Pucci né in ogni altra manifattura. A pochi chilometri da Umbertide
lavora anche Alberto Burri, che già costituisce il maggior scandalo
del dopoguerra artistico italiano e che ripropone, sublimandole
sull'orlo di un abisso, le questioni della sconfitta e della memoria.
Alcuni esemplari Pucci di ribadita sostanza materia si legano al
contesto di una generica koinè informale senza alcun'altra intenzione,
tanto meno quella di fare i conti con la sconfitta e con la memoria.
E' invece accolto un sorvegliato influsso dell'ottimismo "nucleare",
che sa ben calibrare il lessico ormai celeberrimo di Lucio Fontana con
l'esigenza di compattare e equilibrare la forma dell'oggetto, anziché
tendere alla sua esplosione formale. Il risultato, principalmente ad
opera di un artista come Orfei, è di notevole eleganza, si potrebbe
dire di pura calligrafia; ma neanche Fontana era riuscito a liberarsi
del tutto di una profonda eleganza formale che contraddiceva gli
stessi programmi "nucleari".

Tuttavia il vettore della particolare cifra stilistica delle Ceramiche
Pucci è quel segno sottile e non di meno nervoso che costruisce forme
e figure. Il segno è insieme alla materia e al gesto uno dei caratteri
centrali delle avanguardie artistiche dei '50, negli USA come in
Europa. Nelle Ceramiche Pucci è naturalmente anch'esso sottoposto ad
una sorta di cura tranquillante.

L'Italia degli anni '50 inizia a liberarsi irreversibilmente delle sue
profondissime radici contadine. Il Paese è in fase di modernizzazione
accelerata, e il processo lima e ammortizza le feroci contrapposizioni
sociali e politiche. Le Ceramiche Pucci, pur conservando l'eccellenza
tecnica (e i tecnici) delle Rometti, costano assai di meno e sono
abbordabili da una nuova classe media che per acquistare il Santone di
Cagli del 1928 avrebbe dovuto investire due stipendi mensili. L'Italia
inizia anche a dimenticarsi di essere stata poverissima…solo dietro
l'angolo della sua storia recente. I prezzi dei nuovi manufatti
industriali e artigianali la aiutano a dimenticarsene. Tuttavia la
polarizzazione sociale e politica segmenta il milieu culturale. La
cultura italiana si dispone tra il massimo e il minimo dell'impegno,
lasciando presto la seconda determinazione ai sistemi tecno-mediali
già scatenati. Ma la modernizzazione è un tema forte, ideologico suo
malgrado, che impegna automaticamente anche chi cerca di
disimpegnarsi. Le ceramiche Pucci sembrano esserne talmente
consapevoli da evitarlo accuratamente, ma al contempo evitano con la
stessa accuratezza le banalità inzuccherate o strapaesane della
ceramica popolare italiana, che già ripropone come revival i moribondi
valori del mondo contadino. La qualità dei manufatti e la loro
acquisita personalità sono già un impegno. Gli oggetti e la stessa
clientela di Pucci pare definirsi in questa sequenza di aggiustamenti
e di contraddizioni: la modernità è un valore sottile, è una scelta
estetica calibrata e consapevole di ciò che sta avvenendo nell'arte e
nella società moderna, né ha bisogno di rendersi plateale
sbandierandone i valori Il solo nodo modernista di quegli anni a
venire affrontato direttamente nella manifattura umbertidese, o
piuttosto lambito, è la trasformazione degli italiani in inesausti
guidatori di fiammanti "utilitarie". Pucci vi si cimenta in alcuni
esemplari di automobili che sembrano piuttosto bomboniere. Peraltro
non le guida nessuno.

Un altro dei logos forti della manifattura, l'oggetto di forse maggior
successo delle Ceramiche Pucci, è il Vaso dei Ragni che per la sua
sagoma ricorda un pallone da football. Il calcio è da tempo lo sport
preferito dagli italiani. Val quindi la pena di misurarlo con un
piatto delle Ceramiche Rometti che affrontava, grosso modo, lo stesso
argomento e che fu realizzato da Baldelli in occasione dei Campionati
Mondiali di Calcio del 1934, vinti di misura dall'Italia in una
combattuta finale contro la Cecoslovacchia a Roma. Il piatto della
Rometti presentava un calciatore-silhouette acrobatico e ancor
futurista che scagliava un pallone quasi fuori dal piatto. Il
pallone-bomba degli anni '30 è ora diventato un elegante oggetto
tridimensionale afflosciato e morbido. La metafora degli insuccessi
della Nazionale Italiana dopo la tragedia del Grande Torino è forse
solo casuale. La tipica raggiera cromatica degli oggetti Rometti,
legata agli esiti dell'aereopittura futurista, si placa del tutto nel
cromatismo pacato e nelle dorature della Ceramica Pucci. L'ironia
lieve e sottile sostituisce il vitalismo modernista. I due oggetti
condividono la perfezione tecnica e l'elegante impaginazione, tuttavia
appare quasi programmatico l'intento leggero e disimpegnato della
ceramica Pucci, pronta ad aggirare persino la tensione delle passioni
sportive.

Diventa quindi pressoché un destino che un'anonima "signorina di
Gubbio" sigli alcune tra le opere più curiose e affascinanti della
manifattura umbertidese. Le si direbbe "naïf", in un'epoca in cui tale
definizione era già ben logora, se l'ironia e qualche paradossale
allegoria non ci spronassero a definirle "postmoderne", in un'epoca
in cui tale termine, seppur inedito, poteva significare ancora
qualcosa.

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