Dalla macchina per fare gli spaghetti all'invenzione del motore di ricerca
E' Google Patents, l'archivio di sette milioni di brevetti depositati negli Stati Uniti da quando l'uffico brevetti esiste ad oggi.
Il nuovo servizio può essere molte cose: un frivolo gioco di società come all'inizio di queste righe, ma in questo caso annoierebbe nel giro di pochi minuti. Uno strumento per gli storici della scienza e della tecnologia, per viaggiare attraverso l'immaginazione tecnologica e creativa, soprattutto americana, la straordinaria carica di inventiva e di ambizione personale che sta alla base del successo economico di questo paese. Ma è soprattutto un altro piccolo tassello nel mosaico che Google sta mettendo insieme per specializzarsi e personalizzarsi sulle esigenze della piccola e media azienda.
I primi pezzi del mosaico per ufficio sono quelli dedicati alla scrittura, al foglio elettronico, alla creazione di pagine da pubblicare su internet. Tutto organizzato attorno alla produttività personale e collettiva, con un sistema di accessi multipli che permettono il lavoro in gruppo, ma ogni servizio reso efficiente dal motore di ricerca sottostante.
Così "patents" si inserisce in questa prospettiva (ovviamente servizio in beta, come quasi tutto ciò che esce dal forno di Google) che noi europei stentiamo a comprendere perché relativamente lontani dal clima della Silicon Valley e delle altre aree dove la produttività individuale genere e distrugge ogni giorno idee e iniziative economiche. Piuttosto con questa iniziativa Google apre un altro pezzo d'America alla concorrenza dei paese emergenti. Cos'è altro l'archivio dei brevetti se non un immenso catalogo di idee, che peraltro nelle intenzioni di chi le pubblica oggi non sono destinate a perdere il loro copyright?
Idee che in questo caso non hanno a che fare solo con tecnologia e internet, ma con ogni aspetto della vita umana, dalla medicina all'idraulica, dall'energia all'agricoltura. Tutte buone idee, che magari al loro prima apparire non avranno trovato i soldi o la fiducia di chi avrebbe potuto realizzarle, e che oggi potrebbero vedere alla luce lontano dalla madre patria e anche dai conti bancari dei loro primi ideatori. Un rischio e un paradosso per questa geniale idea di Google: quello di disintermediare i brevetti, cioè la matrice stessa di ogni copyright.
Ma a Google il problema non se lo sono posto, forse, fedeli alla loro missione di diffondere il sapere come il vento fa con i pollini in primavera e fiduciosi, e ormai certi, che questo generi profitti per l'azienda nell'immediato del cash e in Borsa. Una idea che vuole guadagnare con i suoi utenti, ma che alla fine si risolverà in un'altra semina no profit del sapere nel mondo, a disposizione di tutti i duplicatori e falsari di questo mondo. Ma che il sapere dovesse volare libero era l'idea di internet, com'era negli auspici dei suoi più arditi e utopici sognatori.
Origine: Repubblica
Nessun commento:
Posta un commento