In Italia Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo,
rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle
mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari
divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalé
(gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si
ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno
con proprie pecularietà. Essi hanno un’origine comune, L’india del nord e
una lingua comune, il romanès o romani ©hib diviso in svariati
dialetti. L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o
niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari,
soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire. La
popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera
popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso
fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i
loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord
dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano
gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi
zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1’80% degli zin
gari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20%
circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto
provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di
religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa:
ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali. L’arrivo in Italia
L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo
attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è
potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari
nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai
popoli con cui venivano a contatto. Dall’India del nord sono arrivati in
Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai
Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e,
con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia. Sono molti gli
studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari
arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti
dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla
repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto
riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini
tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono
tutta la Grec ia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere),
mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento
che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi
che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom
abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse,
brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia
termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla
(s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt
(nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare
(s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le
loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro
scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli
avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra?
Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato
in Italia dal nor d per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla
Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca.
Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in
Italia attraverso l’Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo
-Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa
piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile
ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono
pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna
testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce
dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un
popolo senza scrittura che affida alla “memoria” e alla tradizione orale
il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura. La
storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le
osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la
curiosità e la meraviglia che suscit avano o attraverso le disposizioni
delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV
secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli
zingari in Europa. Il primo documento che segnala l’arrivo degli zingari
in Italia è quello del 18 luglio 1422, un’anonima cronaca bolognese
contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio
Muratori: “A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d’Egitto, il
quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo
paese, e potevano essere ben cento persone…… ” Dalle “grida” e dai bandi
che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le
politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche
di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero
politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase
della politica di assimilazione). I Rom abruzzesi I Rom abruzzesi, con
cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi
zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono
relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della
società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione.
In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che
lasciavano spazio all’essere e alla creatività e quelle che facilitavano
i rapporti umani. Da qui l’attività di musicisti, di fabbri calderari,
di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso
tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali
hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha
dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di
fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale
dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata. L’istituzione
fondamentale su cui si regge la società romanes e la famigli a, intesa
nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza
da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno
rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare,
mantenendo invece verso l’esterno un atteggiamento ostile. Vi è in
questo un profondo senso di sfiducia e un’intima esigenza di difesa. Il
sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato
essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano
e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui
la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l’onore del Rom. Non
esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica
di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il
più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che
riflette una ottica di vita di tipo orizzontale. In questo contesto il
Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a
differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi
zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile
di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme
sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente
consentito dall’etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di
truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d’azzardo.
Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere
rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non
le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno
alla sua comunità, costituita dall’insieme di tanti singoli gruppi
parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece
tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la
fantasia e l’immaginazione le proprie carenze informative. In mondo
romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in term ini
criminalizzanti, l’una e l’altra forma sono delle distorsioni che
alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di
cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione
che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone
sicuro davanti all’imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte
equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione,
coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti
conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola
pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di
vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui
adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è
costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei
casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da
adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora
preparata ad accoglierlo se non attraverso l’assimilazione. Lo stesso
dicasi dei matrimoni misti in cui l’individuo esterno viene a
rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il
cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove
il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci
sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono
considerati “gavalé” e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti
all’interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di
comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che
accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media
rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari
pseudo-zingare, la più grande minaccia all’esistenza dei Rom poiché
infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione
facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando
anche nuovi gusti e nuove esi genze che alterano l’etica romanès e che
infondono nei Rom l’arrivismo e la necessità di possedere a tutti i
costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati
alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e
di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei
Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e
matrimonio), la morte. La lingua La lingua dei Rom abruzzesi detta
“romanès” o “romaní ©hib” è strettamente imparentata con le lingue
neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di
origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani,
armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi
dialettali dell’Italia centromeridionale a testimonianza dell’itinerario
seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell’India
verso occidente
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