Oggi si festeggia l’Epifania, che
tutte le feste si porta via. E meno male! Sentiamo il bisogno di tornare ai
ritmi abituali, di sottrarci alle liturgie sacre e ai riti mondani che ci hanno
sfiancato. Ma cos’è mai l’Epifania? Cominciamo dall’etimologia, che chiarirà la
faccia nascosta della medaglia, quella il cui conio ci affascina più delle befane, della
calzette piene di doni e dei fantasmagorici Re Magi.
Il termine epifania deriva
dal greco ἐπιφάνεια (epifaneia), che vuol dire
“manifestazione, apparizione, venuta”. I greci lo utilizzavano per indicare l’azione
o manifestazione divina, resa attraverso miracoli, visioni mistiche e segni
sovrannaturali. Ma dopo la nascita di Cristo e l’affermazione del
cristianesimo, il termine assunse un significato nuovo. Fu l’arcivescovo e
teologo bizantino San Giovanni Crisostomo (344/54-407) ad attribuirgli la
valenza di “Natività di Cristo”. Per altro, nel III secolo, i cristiani avevano
iniziato a commemorare come Epifania le manifestazioni prodigiose di Gesù, fra
cui l’adorazione da parte dei Re Magi, il suo battesimo e il miracolo di Cana.
Da allora, l’Epifania è una festa che celebra la prima manifestazione della
divinità di Gesù all’umanità, sancita dall’offerta di doni e adorazione dei mitici
tre sacerdoti venuti dall’Oriente. È però altamente probabile che la venuta dei
Magi sia un’invenzione e i tre doni offerti al bambinello (oro, incenso e mirra) un simbolo, un’allegoria. A parte
questo – la conoscenza e la storia sono insensibili alle tradizioni figlie
della geo-politica religiosa – la Chiesa ci ha imposto il 6 gennaio come
chiusura della sbornia sacra natalizia.
Ma veniamo ora al retro della medaglia,
il lato non comune. Nella letteratura inglese, il termine “epiphany” è usato
per indicare i momenti di rivelazione nella vita del personaggio di una storia.
La sua epifania coincide col momento in cui sperimenta un improvviso risveglio
spirituale o una catarsi, in cui si apre a una nuova coscienza. Ciò avviene
grazie a elementi in apparenza marginali, come dettagli minori, pensieri
fulminanti, gesti inconsueti, oggetti rivelatori o sensazioni strane. L’epifania
si attua quando dall’interno salgono in superficie le consapevolezze sommerse,
rimosse, negate. A descrivere ciò era maestro James Joyce, i cui personaggi vivono
epifanie intense, quei “moments of being”, come li chiama Virginia Woolf, in
cui siamo sottoposti a visioni in cui una “incessante pioggia di atomi che
colpisce le nostre menti”. Un esempio famoso di Epifania è quella che nel
racconto di Joyce The dead conduce al risveglio esistenziale nella sua camera
d’albergo il protagonista Gabriel Conroy.
L’Epifania, nella sua accezione
laica, è dunque una “rivelazione”. Rivela a noi stessi chi siamo veramente, di
quali forze e sostanze siamo composti, a quali compiti siamo attesi. Ci
capovolge, destabilizza e rinnova. In tale senso, ognuno di noi dovrebbe
augurarsi di festeggiare la propria epifania. Ora, la bella notizia è che dopo il
21 dicembre 2012, data ufficiale in cui siamo entrati nella nuova era, latrice
di una nuova consapevolezza e potenzialità umana, possiamo accettare senza
scandalizzarci o scandalizzare i benpensanti che siamo tutti esseri divini. Sì,
siamo tutti frammenti dell’Uno, come Gesù, il Buddha e ogni altro Maestro
spirituale. Noi non siamo diversi dall’uomo che poco più di duemila anni fa
venne al mondo a Betlemme. La sua diversità è sancita dal seme che ha messo a
dimora nella storia e dai frutti che ha raccolto, non dal suo DNA, che era umano,
come il nostro, e insieme divino, come il nostro. Quando festeggiamo o fingiamo
di festeggiare la sua Epifania dovremmo festeggiare anche la nostra. Oggi, 6
gennaio 2013, dovremmo rivolgerci ai nostri congiunti dicendo loro: “Benvenuto
figlio/a delle stelle”. E dovremmo comportarci come i Re Magi, offrendo oro,
incenso e mirra a chi amiamo. L’oro di cui disponiamo è il nostro sorriso, la
nostra ricchezza interiore, la regalità del nostro cuore. L’incenso serve a
ricordare che le nostre anime vengono da molto lontano e sono schegge divine in
viaggio nell’eternità. La mirra sta a significare la nostra capacità di amare,
fatta di sacrifici e di attitudini a rendere profumata la vita intorno a noi. Auspico
che il 6 gennaio 2013 passi alla storia di ogni mio lettore come la prima
Epifania della nuova era, sancita dal risveglio e dalla libertà dai vecchi
schemi mentali. Auguro a tutti un’epifania che non si consumi in riti banali e vacui,
dettati dal consumismo e da tradizioni obsolete, ma si esalti attraverso la
rivelazione che siamo tutti, nessuno escluso, magnifiche risonanze del Verbo
divino la cui danza nell’universo costituisce l’essenza stessa del mistero
cosmico.
La vera Epifania è interiore. Teniamo alto lo sguardo e cerchiamo la nostra stella cometa. Ci indicherà la via per trovare la grotta della natività nascosta nel nostro cuore. Poi, riportiamo lo sguardo su noi stessi e su chi
amiamo. Quando ci renderemo conto che siamo fatti di luce, la vita ci rivelerà i suoi segreti.
www.giuseppebresciani.com
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