Mi capita, di tanto in tanto, di
conversare con persone che riescono a farmi cadere le braccia per terra. Mi
riferisco a conversazioni serie e non al banale chiacchiericcio di tutti i giorni. La
ragione del mio scoramento è il conformismo da quattro soldi che detta i
ragionamenti (e anche i comportamenti) della maggioranza del genere umano.
Chi è il
conformista? Mi piace la definizione che diede trent’anni fa Roberto Gervaso.
Il conformista è uno che sfoggia le opinioni che non ha. È un problema serio. I
nostri tempi sono connotati dal pensiero debole. Le idee che frullano nella
testa della gente sono poche, confuse e sovente il risultato di un frettoloso
“copia e incolla”. Di conseguenza, le menti pensanti (libere, creative e
critiche) sono ormai una razza in via d’estinzione, come il rinoceronte nero e la
foca monaca. Si ragiona in base ai condizionamenti esterni, ai luoghi comuni,
al sentito dire. Non è una novità, si può obiettare. In ogni epoca, il popolino
si è adeguato alle idee altrui non avendo tempo, voglia o capacità di maturare
le proprie. È più comodo, meno faticoso e rischioso belare in mezzo al gregge
che cantare fuori del coro. Ciò è dovuto allo spirito di gregarietà insito nella
natura umana che ci porta a uniformarci al pensiero vigente. Marx si lamentava
che “le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”. Per
una volta devo dargli ragione. Ogni epoca ha espresso e diffuso le idee che piacevano
a chi deteneva il potere economico, culturale e politico. Anche la nostra.
Quali
sono le idee dominanti che oggi pervadono e plasmano gli esseri umani? Intanto,
è bene precisare che siamo vittime non coscienti del mainstream, il flusso delle idee dominanti. Con questo termine
inglese si intende l’insieme delle idee convenzionali e delle tendenze che ci
vengono imposte dall’alto, in modo trasversale e non sempre subdolo. Il più
delle volte, si tratta di idee malate. Non è difficile riconoscerle: danno vita
ai falsi miti, alle distorsioni, alle derive culturali. Bene, consideriamo la
situazione attuale, segnata da un eccesso di conformismo. I miti che attualmente
vanno per la maggiore sono il culto della giovinezza e del corpo, l’idolatria
della falsa intelligenza, l’ossessione della crescita economica, la tirannia
della moda, il relativismo e l’esaltazione della biodiversità. Ci sono stati
imposti e non abbiamo fatto nulla per soppesarli. I nostri tempi sono
iconoclasti. In nome del falso progresso abbiamo distrutto idee secolari, che
pensavamo fossero immortali. Ma con cosa vogliamo rimpiazzarle? Si è sempre
apprezzato la vecchiaia e i vecchi, depositari della saggezza. Oggi disprezziamo
la vecchiaia e segreghiamo gli anziani negli ospizi. Pensiamo sia giusto così
perché ce l’hanno fatto credere attraverso modelli e schemi mentali strumentali.
Ci hanno anche fatto capire che non serve studiare per avere successo. Basta
essere belli e sfrontati. Il detto mens
sana in corpore sano è obsoleto. Ci hanno proposto un tipo di intelligenza
nuova, acritica e artificiale. A che serve fare i conti matematici a mente
nell’era dei computer? È meglio che la mente non si alleni, è preferibile che
si masturbi coi giochini elettronici, gli sms, il metalinguaggio. Ci hanno
convinto che siamo ciò che possediamo e che il benessere economico è l’unica
cosa che conta. A che pro risparmiare e vivere secondo le proprie possibilità?
Non è politicamente né economicamente corretto produrre e consumare solo il
necessario. Figuriamoci distribuire in modo equo le risorse. Ci hanno insegnato
che l’abito fa il monaco. Se un tempo l’ipse
dixit era una prerogativa di Aristotele e dei sapienti, oggi è un must di Dolce & Gabbana, Armani e Versace.
Ci hanno fatto il lavaggio del cervello convincendoci che se tutto è relativo,
come ha scoperto Einstein, anche i valori, i princìpi, i cardini morali sono
relativi. Forse abbiamo esagerato un po’, passando da un estremo all’altro,
dalla fede cieca al nichilismo, dal culto degli eroi al gossip. Il paradosso
più ridicolo è che il nostro bisogno di conformarci ci ha portato ad esaltare
la diversità, soprattutto quando è trasgressiva, anziché la sana normalità. Vi
rendete conto che oggi subiamo il mainstream
di una minoranza che in nome dei diritti umani vuole ribaltare l’asse portante dell’identità
sessuale? Certe idee sulla carta ragionevoli (uguaglianza e rispetto) sono i
grimaldelli tramite i quali le lobbies omosessuali e i loro fiancheggiatori
(gli intellettuali servi e idioti) vogliono imporci una rivoluzione sessuale
foriera di sciagure. Eppure, molte persone, inconsapevoli della gravità di
questo attacco alla civiltà e all’umanesimo, finiscono per accettare la tesi
che non c’è niente di male se due gay si sposano. Ma stiamo scherzando? La
nostra fragilità è scandalosa. La vulnerabilità della nostra mente, divenuta
refrattaria al pensiero critico, è tale da farci accettare come buona la cacca
molle che ci viene spalmata davanti agli occhi, neanche fosse Nutella. Siamo
cerebrolesi o fingiamo di esserlo perché temiamo che ci considerino
conservatori, bigotti, retrogradi?
Io questo rischio lo corro volentieri e
perciò rifiuto il mainstream, di
qualunque natura sia e da qualunque parte arrivi. Io resisto, orgoglioso di
avere un cervello che non cede le armi. Penso con la mia testa, vagliando le
informazioni. Se non lo facessi sarei un gregario, peggio, una “pecora” matta
come direbbe Dante. Non capisco proprio chi sente il bisogno di assimilarsi, conformarsi,
annullarsi. L’altro giorno, sfogandosi, un uomo più o meno della mia età diceva
che dovremmo ribellarci, scendere in piazza e fare la rivoluzione. Esprimeva,
nella fattispecie, l’esasperazione a cui ci ha condotto il Governo, la partitocrazia,
l’Agenzia delle Entrate, la criminalità organizzata, il dissesto morale e la
crisi in generale. Ho condiviso in parte la sua voglia di fare un quarantotto.
Gli ho fatto notare che è giusto ribellarsi, ma prima di diventare giacobini e
forcaioli dovremmo riaccendere il cervello. Perché la madre di tutti i problemi
è l’apatia cerebrale, l’anoressia dell’ipotalamo. Bisogna ribellarsi alle idee
dominanti, all’aria fritta che ammorba l’aria e nuoce al fegato, ai falsi miti imposti
dai corruttori dei costumi attraverso la televisione, i giornali, persino Internet
e i social network. Ma finché non avremo il coraggio di sfidare il Grande
Fratello che crea e impone il mainstream
secondo logiche perverse e manipolatrici, non potremo fermare il vero declino,
che è culturale prima che socio-politico ed economico. Se vogliamo opporci
all’avanzata dei barbari falsi progressisti dobbiamo trovare la forza di
esprimere a voce alta le nostre idee, di contrastare il pensiero infermo. Solo
così, rischiando in prima persona, potremo per lo meno essere liberi. Le idee
dominanti restano tali finché le si subisce in silenzio, quasi fossero editti
imperiali. Invece, sono solo carta igienica. Basta poco per mostrarne la misera
valenza, la reale utilità.
www.giuseppebresciani.com
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