Gentile direttore,
Nella trasmissione di ieri sera, Benigni è stato molto bravo nella satira politica, il successivo tono di grande moralista è stato accettabile e bello è stato il commento e la lettura della Divina Commedia.
Ciò che mi è sembrato stonato è stato il panegirico di Maria come la prima donna libera, capace di scegliere, e tutta l'eccessiva importanza che è stata data alla sua figura che nasconde, purtroppo, l'inferiorità della donna nella nostra cultura che il Cattolicesimo si guarda bene dal combattere.
Se così non fosse perché le donne non possono trasformare il pane e il vino in corpo e sangue del Cristo? La stessa Maria, madre di Dio, non ha il diritto di eseguire il rito che qualunque prete maschio può compiere.
Altro che parità, libertà tra i sessi! E perché le gerarchie ecclesiastiche sono esclusivamente maschili?
Tutto il discorso religioso strideva con la pretesa di Benigni di esaltare, con le figure di Paolo e Francesca, l'amore fisico e carnale, anima e corpo, insieme, quando sappiamo bene che la Chiesa ha sempre combattuto ogni forma di erotismo valorizzando del sesso solo la procreazione.
Questi atteggiamenti hanno pesanti conseguenza che lasciano i nostri giovani privi di qualsiasi iniziazione all'eros, in balia di eccessi, esplosioni difficilmente controllabili.
Non si può negare totalmente un principio senza gravi conseguenza sul piano psichico e comportamentale.
Mancano, infine, nella nostra cultura, figure mitiche potenti in grado di contrastare i soprusi imposti da un principio maschile incontrastato, a differenza, per esempio, dell'India dove la terribile figura della dea Kalì sembra difendere le donne dallo stupro.
Una ultima notazione. Perchè ricordando la reciprocità nell'amore "che a nullo amato amar perdona", Benigni si è dimenticato di Afrodite che proprio quel principio determina, e perchè si è affannato a definire goffamente l'amore come una specie di guerriero, quando sappiamo che è il più antico degli dei che col suo arco squassa il petto a uomini e immortali?
Rimuovere il Paganesimo impoverisce le nostre radici storiche, archetipiche, amputandole di ricchezze, immagini, emozioni che nessuna esperienza religiosa successiva ha, spesso, saputo esprimere con altrettanta pregnanza simbolica e affettiva.
Cordialmente
Paolo Tranchina, psicologo analista
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Psicologo Analista
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