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domenica 9 dicembre 2007

Festival I Grandi Appuntamenti della Musica: 10 dicembre


Ad Arezzo l'edizione 2007 del Festival Internazionale

I  GRANDI  APPUNTAMENTI  DELLA  MUSICA

Percorsi di musica, bellezza, poesia e storia

 

 

Teatro Pietro Aretino

lunedì 10 dicembre, ore 21.15

 

Parola di Poeta : Patrizia Valduga legge le poesie di Giovanni Raboni

 

Nella poesia contemporanea sono pochi i poeti che hanno saputo risvegliare nei lettori un ritrovato piacere nella lettura di rime e assonanze ed uno di questi è senz'altro Patrizia Valduga, riuscita nell'intento di instillare una nuova autorevolezza alla poesia, alternando tonalità e registri diversi. Da tempo collocata a pieno titolo tra i poeti contemporanei di maggior rilievo, è anche mirabile traduttrice di John Donne, Mallarmé, Kantor, Valery, Crebillon, Moliére, Céline, Cocteau.

Patrizia Valduga si distingue fra i poeti contemporanei, per la particolarità della sua ricerca sul linguaggio, come avverte Luigi Baldacci in una sua nota introduttiva a "Medicamenta e altri medicamenta" (1989). Scrive Baldacci: "La Valduga... ha fatto sua la crisi di linguaggio della poesia moderna. Non è un poeta in crisi, ma un poeta che parla con la crisi, servendosene. E nessuno ha colto, come lei, la situazione di impossibilità che ha lasciato dietro di lei il discorso di Montale: non perché fosse impossibile dire meglio, dire di più, ma perché è ormai impossibile dire qualcosa con quelle parole...".   "Patrizia Valduga – continua Baldacci - possiede al massimo grado questa capacità, strazia il proprio canto, lacera il patrimonio di parole... ecco che questa poesia è per me qualcosa che, nell'accezione che abbiamo detto, sopravanza ogni contemporaneo".

 

Lunedì 10 dicembre, alle ore 21.15 presso il Teatro Pietro Aretino di Arezzo (ingresso gratuito), Patrizia Valduga leggerà i postumi Ultimi versi (Garzanti - postfazione scritta dalla stessa Valduga ) e altre liriche di Giovanni Raboni: un omaggio amoroso e  appassionato all'intellettuale immenso che le è stato anche compagno di vita.

 

Giovanni Raboni è stato poeta, traduttore e critico letterario. Collaborò con diverse riviste, fra le quali «Quaderni piacentini», «Paragone» e «Corriere della Sera». Tradusse Flaubert, Baudelaire, Apollinaire e l'intera Recherche di Proust. Negli anni Settanta fu anche direttore editoriale per la casa editrice Guanda, e fine scopritore di nuovi giovani talenti.  La sua fu una poesia legata a diversi registri linguistici, tipici della "linea lombarda" (che affonda le proprie radici in Parini e Manzoni), specchio di  una poetica dai toni attenuati, discreti, molto attenta al quotidiano, ma anche ai grandi temi morali, sia politici che civili. In un secondo momento, dalla raccolta Canzonette mortali (1985), il tono di Raboni si fa più formale e le sue liriche raggiungono livelli di notevole perfezione stilistica. Vincitore di numerosi premi letterari, nel 2002 ricevette il premio Moravia per l'insieme della sua opera. Appartenne alla giuria dei premi Mondello e Viareggio e fu presidente del premio Bagutta.

 

Tra il 2002 e il 2004, di fronte al progressivo degrado della situazione politica italiana, e più in generale indignato per quello che giudicava un pericoloso imbarbarimento del nostro paese, Giovanni Raboni reagì nella maniera a lui più congeniale: da poeta. Chi conosce l'impegno civile e morale di Giovanni Raboni non si può sorprendere delle posizioni politiche che emergono dai suoi scritti, in piccola parte già pubblicati su alcuni giornali e che hanno trovato una diffusione sorprendente anche via internet. Meno prevedibile, forse, che queste posizioni potessero ispirare in maniera diretta e immediata, feroce e precisa, una lirica di taglio così esplicitamente politico, immersa nell'attualità. Ma proprio questa scelta aiuta a illuminare, nell'ambito della sua intera produzione, il nesso profondo tra il cittadino e il poeta, tra l'uomo e l'artista. Erano gli Ultimi versi, dei quali Patrizia Valduga proporrà una scelta durante l'attesa serata aretina.

 

«Sia detto, amici, una volta per tutte:
a correre rischi non è soltanto
la credibilità della nazione
o l'incerta, dubitabile essenza
che chiamiamo democrazia,
qui in gioco c'è la storia che ci resta,
il poco che manca da qui alla morte.»
Giovanni Raboni

 

 

Per informazioni sul programma: www.entefilarmonicoitaliano.it

 

 





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