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lunedì 4 febbraio 2008

Mercato: aumento prezzi. Necessaria maggiore giustizia sociale

MERCATO E AUMENTO DEI PREZZI. MAGGIORE GIUSTIZIA SOCIALE


di: Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco

 

La contraddizione è evidente, il mercato non è servito a rendere più moderno e competitivo  il sistema produttivo e commerciale nel nostro paese.


Il mercato, tanto auspicato da interi settori politici ed economici, non è servito a tenere i prezzi sotto controllo, la concorrenza non si è mai pienamente sviluppata e spesso abbiamo assistito a veri e propri cartelli monopolistici che, insieme alle corporazioni professionali hanno organizzato un sistema di potere che ha cambiato la struttura economica e sociale dell'Italia.


Quei settori, agevolati dai condoni fiscali e dal basso indice delle imposte pagate, hanno prodotto una economia drogata che ha prosperato con la speculazione immobiliare e finanziaria.


Queste nostre affermazioni sono confermate dai dati che iniziano a circolare in questi giorni e sono particolarmente interessanti.


Iniziamo dall'analisi dell'UnionCamere, che ha calcolata l'inflazione negli ultimi dieci anni del valore del 25%. Il picco si è registrato negli anni 2001 e 2006.


A fronte di questo dato, abbastanza alto, sono stati presi a riferimento i costi dei servizi necessari, che sono stati privatizzati : il costo dell'acqua è aumentato del 51%, il gas del 43%, il trasporto pubblico del 35%, mentre l'energia elettrica è stata l'unica a mantenersi al di sotto dell'inflazione mantenendosi attorno al 20%.


E' proprio il dato del costo della energia a dimostrare quanta speculazione si è nascosta dietro le privatizzazioni forzate e il falso mercato.


Infatti, tutti sanno che l'energia elettrica in Italia è prodotta bruciando gas e oli combustibili, prodotti legati al costo del petrolio che è uno dei prodotti che è aumentato di più dal 2000 ad oggi; passando dai 40 dollari al barile ai 90 di questi giorni.


Gli aumenti di benzina, gasolio e spese legate all'auto, compreso il cartello impenetrabile delle Assicurazioni, sono la struttura della inflazione, insieme al costo dei servizi bancari che sono aumentati proporzionalmente all'aumento dell'indebitamento del paese.


Questa politica economica, che non sopporta il forte apprezzamento dell'euro, perché impedisce speculazioni finanziarie più significative, aveva bisogno di un regime di salari bassi per radicarsi e prosperare.


Ed ecco, a conferma di questa analisi che arrivano i dati della Banca d'Italia, che racconta quello che sapevamo già, i salari dei lavoratori dipendenti sono fermi al 2000 e in virtù degli aumenti che si sono registrati a partire da quelli primari, hanno perso il 61% del loro potere d'acquisto. I lavoratori autonomi hanno visto crescere il loro reddito sino ad una media annuale di 49.000 euro, mentre al Sud le retribuzioni restano più basse che al Nord e le donne guadagnano meno degli uomini.


In questo sistema la crisi dei mutui americani, le forti perdite registrate su i mercati finanziari mondiali, insieme all'aumento del costo delle materie prime, stanno producendo una crisi recessiva che potrebbe diventare molto pericolosa.


Per superare questa situazione occorrono misure di redistribuzione del reddito che consentono la ripresa produttiva sostenendo il lavoro e le famiglie.


Dopo la sistemazione dei conti dello Stato attraverso il pagamento delle tasse da parte di tutti, la finanziaria approvata dal Governo Prodi, da poco caduto, prevede una diminuzione del carico fiscale su i salari e le pensioni, la chiusura dei contratti di lavoro fermi da tre anni, insieme al pacchetto di Bersani per liberalizzare alcuni costi che pesano su i cittadini e sulla economia, quelli bancari per esempio legati ai mutui ed ai conti correnti.


L'ipotesi che in queste ore sta lanciando Berlusconi del non pagamento dell'ICI, in questo contesto sembra riproporre il vecchio sistema, necessario alla ripresa della finanza creativa e speculativa. Non certo a favore dei lavoratori e dei pensionati.


L'Ici, è pagata solo dal 69% dei cittadini che posseggono una casa, mentre il restante 31%, che non beneficerebbe di questa agevolazione è sicuramente la parte più povera del paese, tra cui gli otto milioni di persone che sono sulla soglia di povertà.


Infine, l'Ici serve al finanziamento degli Enti Locali, che senza una adeguata copertura andrebbero ad aumentare il loro prelievo sull'Irpef, quindi su i lavoratori dipendenti e sui pensionati in gran parte che sono gli unici che pagano con certezza le tasse perché prelevate alla fonte.


Occorre una fase di maggiore stabilità politica per permettere alla  economia di riprendere a muoversi in maniera armoniosa coinvolgendo la stragrande maggioranza dei cittadini.


In Italia, il 10% delle famiglie detiene il 52% della ricchezza complessiva del paese, questo dato rappresenta uno squilibrio esagerato, che influenza la politica, la cultura e la democrazia, una maggiore giustizia sociale garantisce tutti di quei diritti di cittadinanza indispensabili per una società moderna e civile.

 

Napoli, 04/02/08

 



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From: raffaele pirozzi <raffaele.pirozzi@email.it>

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