Censura 'legale' di Rai 3
Paolo Barnard - 11 febbraio 2008
Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro
Paese, eccovi una forma di censura nell'informazione di cui non si parla
mai. E' la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende
il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi
dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa
censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia
italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti 'fuori dal coro'.
Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i nostri editori spesso ci
gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre
inchieste 'scomode'. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno
per la libertà d'informazione ve lo illustro citando il mio caso.
Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la
società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve
racconto.
Per la trasmissione* Report* di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando
tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci
fra le altre un'inchiesta contro la criminosa pratica del*
comparaggio*farmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("
*Little Pharma & Big Pharma*"). Col* comparaggio* (reato da art.170 leggi
pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici
con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori
prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime
ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "*Dal
30 al 50% di medicine prescritte non necessarie*") e spesso anche sulla
nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man
bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).
L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che
la RAI la replicò il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio
il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato
dalle rivelazioni da noi fatte.
Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati
della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno
benestare.
Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli
mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei
stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura
dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi
fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.
All'atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano
al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli
sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di
Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non
solo.
La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà
di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale
misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza
avversa.(4)
E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli)
voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
*( la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta
nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter
lavorare, la clausola cosiddetta di* manleva*(5), dove è sancita la
sollevazione dell'editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa
venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo
scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma
come ho già detto l'accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro,
né è moralmente giustificabile l'operato della RAI in questi casi).
Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e
corpo con l'impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un'inchiesta che
la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi
voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti
contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di
dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è
angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso
permettere.
Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La
apro. E' un* atto di costituzione in mora* della RAI contro di me. Significa
che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo:
"*La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott.
Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza
dell'eventuale accoglimento della domanda posta dal dott. Xxxx* (colui che
ci citò in giudizio, nda)* nei confronti della RAI medesima*".(6)
Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità.
Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La
sollecito a intervenire presso la RAI , e magari anche pubblicamente, contro
questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la
Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "*la rivalsa che ti era stata
fatta* (dalla RAI contro di me, nda)* è stata lasciata morire in giudizio...
è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel
giudizio in corso... Finirà tutto in nulla*."(7)
Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell'*atto di
costituzione in mora* è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli
non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell'atto, né si è mai
dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me,
come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in
corso.(8)
Non mi dilungo. All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da
allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me
firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi
posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio
incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato
a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'.
Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di
responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.
Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto
cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non
conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano,
invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di fatto con i
comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente
ineccepibili, ma moralmente assai meno.
*Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti
ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel
malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto
permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il
pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva
dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter
lavorare.*
*Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari
legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere,
giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare
le proprie famiglie se raccontano la verità.*
*Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia
dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di
qualsiasi politico o servo del Sistema.*
Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l'energia possibile questa
realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è
il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
In ultimo. E' assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora
Gabanelli per questo mio grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me.
Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai
la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la
verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.
Grazie di avermi letto.
Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it <Barnarddpbarnard@libero.it>
Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume "*Le inchieste di Report*" (Rizzoli BUR, 2006) Milena
Gabanelli eroicamente afferma: "*...alle nostre spalle non c'è un'azienda
che ci tuteli dalle cause civili*". Prendo atto che il prestigioso studio
legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell'Università di Roma La
Sapienza , difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli.
Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N.
83757/2004, Roma 30/6/2005: "*Per tutto quanto argomentato la
RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono
che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo
Barnard ogni conseguenza risarcitoria...*".
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI : "*Lei
in qualità di avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità al
riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di
qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente
accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o
giudiziaria"*.
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo
Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma,
3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876
Cronologico,* 18/5/2007*: "*la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche
nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005...*". (si veda nota 4)
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martedì 19 febbraio 2008
CLAMOROSO! Censura 'legale' di Rai3: da Paolo Barnard, ex giornalista di Report
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