"A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento. Ai pazzi per amore, ai visionari, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno. Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti." Così recita la presentazione dello spettacolo. Don Chisciotte, ovvero lo scontro fra la dolce follia della poesia e dell'idealismo, ad imitazione di un mondo che forse non è mai davvero esistito, e la fredda, triste, spietata realtà, dove il sognatore è solo uno stupido, un diverso da ignorare o da irridere.
La bella scenografia di Francesca Marsello ha al centro un biplano: non un minaccioso aereo da guerra, ma un grazioso, tondeggiante giocattolo tutto bianco, trasformato in scrivania, a cavallo del quale il protagonista legge e recita questo suo monologo.
Reso a volte inintelleggibile, sommerso com'è da una fastidiosa ed incongrua raccolta di canzonette spesso ad altissimo volume, il testo segue tre linee che si alternano ed intrecciano piuttosto confusamente lungo tutto lo spettacolo: la prima è la pura e semplice lettura di alcuni capitoli del capolavoro di Cervantes.
La seconda è una sorta di diario quotidiano scritto in prima persona da Corrado d'Elia, che racconta i giorni della preparazione dello spettacolo, i dubbi, i problemi, condivisi con l'amico e collaboratore Luca Ligato.
La terza segue i fili del pensiero dell'uomo, le sue scelte di vita, le sue decisioni controverse, le sue battaglie, in un testo infiorettato di belle frasi ad effetto (trascritte pari pari, grazie mamma che mi hai fatto studiare stenografia)
"Viviamo solo per scoprire una nuova bellezza, tutto il resto è solo attesa" - "Oggi servono sognatori, idealisti, non uomini pratici" - "La regola non deve mai uccidere la fantasia" - "L'albero che cresce non pensa di crescere, cresce e basta". E per finire l'elogio dell'imperfezione: "C'è una crepa in ogni cosa, ma è da lì che entra la luce".
Purtroppo questa parte sommerge irrimediabilmente le altre, il DON CHISCIOTTE di Cervantes affiora a fatica solo qua e là, nascosto dal macroscopico e dilagante ego dell'attore/autore/regista. Si rivela insomma solo un pretesto per l'ennesima trombonata retorica ed autoincensatoria di un presunto incompreso martire dell'Arte. (MARINA PESAVENTO)
al Teatro Libero di Milano sino al 28 Maggio 2012
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