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mercoledì 7 ottobre 2009
Matteoli: I soldi del Ponte sono blindati
Caro Direttore, leggo non senza sorpresa l'intervento dell'amico Giancarlo Mazzuca, pubblicato ieri sul suo giornale, e mi preme quindi svolgere alcune considerazioni per contribuire a fare chiarezza sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. L'opera, considerata una priorità dal governo e come tale inserita nel programma dell'esecutivo e presentata ancor prima dalla maggioranza agli elettori, verrà realizzata, per oltre 5 miliardi di euro facendo ricorso a capitali privati, attraverso il project financing. A questa cifra si aggiungerà un miliardo e trecento milioni di euro di fondi pubblici, già stanziati dal Cipe, che serviranno per realizzare gli interventi propedeutici sulle coste siciliana e calabrese e posso assicurare che si tratta di opere stradali, ferroviarie e di consolidamento dell'assetto urbano. Alcuni esperti mi dicono in questi giorni che se tali opere fossero state già eseguite, l'emergenza messinese sarebbe stata vissuta in modo più attenuato. Desidero, inoltre, precisare che i fondi pubblici per il Ponte non sono nella cassaforte del Ministero ma saranno stanziati di finanziaria in finanziaria per pagare, tra l'altro, gli avanzamenti delle opere propedeutiche. Rammento questo non secondario particolare perché nell'immaginario collettivo e, purtroppo anche nella convinzione di qualche collega parlamentare, si ritiene che i fondi per il Ponte possano essere dirottati altrove e nel caso specifico per mettere in sicurezza i territori colpiti dall'alluvione di Messina. Così non è per le ragioni che ho esposto mentre è chiaramente escluso che i privati investano in opere come la messa in sicurezza dei territori senza alcuna possibilità di recuperare il capitale né tantomeno di ottenere ricavi.
QUESTE considerazioni, che traggono la loro origine da inconfutabili dati di fatto, sono necessarie per affrontare la tematica Ponte in modo realistico e non strumentale. Poi, è naturalmente legittimo essere a favore o contro il Ponte, ma dichiararsi a favore e proporre un altro rinvio della realizzazione è una contraddizione che, peraltro, esporrebbe le casse dello Stato a pesantissimi risarcimenti dei danni, per centinaia di milioni di euro, in favore delle imprese che hanno vinto l'appalto e che già hanno subito uno stop da parte del precedente governo Prodi. Significherebbe più semplicemente archiviare definitivamente un'opera essenziale per il Paese, non solo per il Mezzogiorno.
IL GOVERNO ha l'obbligo politico di mantenere gli impegni programmatici senza lasciarsi trascinare da polemiche strumentali e senza avallare le richieste di chi - non è certo il caso di Mazzuca - utilizza una tragedia immane per bloccare una infrastruttura così necessaria. Cambiare idea non è sempre possibile e corretto, questa è un occasione per il governo per andare avanti dimostrando razionalità e determinazione.
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