EDITORIALE - Si celebra oggi, 27 gennaio, il Giorno della Memoria per ricordare le vittime della Shoah ma anche l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz e la liberazione del più grande campo di sterminio nazista, avvenuta nel 1945.
Sono trascorsi quindi 73 anni dal giorno in cui la Prima armata del Fronte ucraino fece il suo ingresso sotto la famigerata scritta Arbei macht frei, in una giornata che cambiò la storia del Novecento e la percezione dei crimini del regime nazista.
L’Italia, che istituito il Giorno della memoria nel 2000, ricorda lo sterminio del popolo ebraico ma anche più direttamente la persecuzione degli ebrei italiani, una pagina di storia che non può essere dimenticata e che inevitabilmente richiama le responsabilità nostrane sulle disonorevoli leggi razziali.
Iniziative e momenti di riflessione sono quindi rivolti alle vittime, nel complesso, e ai deportati politici e militari italiani, ma anche a chi volle opporsi allo sterminio, rischiando la vita per salvare i perseguitati.
C’è bisogno di continuare a ricordare, affinché mai più possa verificarsi una tale catastrofe; Shoah in ebraico significa appunto catastrofe, disastro, distruzione.
E continuare a vigilare sulla capacità degli europei di mettersi alla prova con una memoria costruttiva: come rivela un rapporto del 2015 della Fondazione Bertelsmann dal titolo Germany and Israel Today: Linked by the Past, Divided by the Present?
Il 58% degli intervistati tedeschi, dai 18 anni in su, avrebbe voluto relegare al passato il tema Olocausto e non parlarne più. Il 35% degli intervistati equiparava le politiche israeliane verso i Palestinesi a quelle naziste subite in Germania dagli ebrei durante il regime, un dato in crescita del 30% rispetto al 2007.
La Giornata della Memoria non serve solo a commemorare quei milioni di persone uccise crudelmente e senza nessuna pietà ormai quasi 80 anni fa. Serve a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi. Spesso noi stessi ne siamo gli autori, senza rendercene conto.
La Giornata della Memoria ci ricorda che verso queste discriminazioni non alziamo abbastanza la voce e che spesso, per comodità e opportunismo, ci nascondiamo in quella che gli storici chiamano la zona grigia.
Si tratta di una zona della mente e del nostro comportamento, a metà tra il bianco e il nero, tra l'innocenza e la colpevolezza.
Marco Nicoletti ©️2018
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