La strage a Paternò. I bambini avevano 6 e 4 anni, la donna 35. Secondo i carabinieri, il movente è la gelosia o le difficoltà economiche. I corpi scoperti dal papà di lei. Il cugino: "Era un ragazzo d'oro". La suocera urla: "Maledetto". Nella casa trovati farmaci antidrepressivi
Il Ministro dell'Interno Matteo Salvini non spreca parole per questa famiglia distrutta da un nostro connazionale e la notizia sparirà in breve dall'attenzione dell'opinione pubblica italiana.
Del resto anche La Repubblica, nel dare oggi la triste news di questa strage famigliare compiutasi a Catania la titola così: "Catania: uccide la moglie e i due figli piccoli, poi si spara".
E così, mentre ogni allarme sociale viene indirizzato verso gli stranieri in Italia, ai quali viene attribuita ogni nefandezza criminale, purtroppo non ci troviamo a commentare un caso singolo parlando degli omicidi consumatisi all'interno delle famiglie o al termine di relazioni sentimentali.
La questione non è da inquadrare come il semplici insieme di episodi scatenati da disturbi psichici, gravi forme depressive, instabilità mentali patologiche.
Quando il fenomeno si ripete e continua ineluttabilmente ripetersi il dramma non è più singolo ma diventa collettivo perché riguarda tutto il contesto sociale in cui il fenomeno si manifesta.
Per questo ritengo che il problema sia da analizzare secondo categorie sociologiche.
Bollare il fatto come una "tragedia della follia" è per noi rassicurante.
Se l'azione è stata commessa da un matto, una persona gravemente malata mentalmente, allora il fatto si riesce in qualche modo a comprendere perché si spiega da sé: è stata solo la singola azione di un folle.
Ma è corretto ridurre il dramma ad un elenco di singoli episodi isolati che non avrebbero alcun collegamento tra di loro?
Ci rendiamo conto di quanti sono stati, solo quest'anno, i singoli uomini, padri di famiglia, vicini di casa esemplari, persone fino al giorno prima per bene, che ad un certo punto sono "impazziti"?
Ovvio che sia andato fuori di testa un uomo che uccide la donna che ha amato e da cui non riesce a separarsi, salvo per poi separarsene per sempre uccidendola.
Ovvio che ha perso ogni lume della ragione un uomo che arriva a desiderare la morte per i propri figli, l'azione umana che va più contro qualsiasi istinto naturale
Ovvio che l'assassino abbia avuto drammatici disturbi psicologici.
Per questo ho pietà pure di lui. Non perché alla fine sia morto pure lui.
Ma perché pure lui è rimasto vittima di una "follia sociale" che continua a replicarsi.
Ribadisco ancora: poiché queste tragedie si ripetono e ripetono, qualcosa di morbosamente malato ci deve essere nella nostra Società, nella nostra Cultura.
E in qualche modo ne siamo tutti responsabili perché tutti contribuiamo: vivendo, relazionandoci con i nostri cari, crescendo ed educando i nostri figli e nipoti.
Quasi tutte queste persone che hanno commesso questo tipo di omicidi, prima di compierle erano ritenute sane di mente
Pensate pure all'ulteriore dramma di parenti e amici di queste famiglie sterminate, che magari sapevano che c'era una crisi coniugale, tensioni, depressione... ma mai e poi mai si sarebbero immaginati un epilogo del genere. E se ne faranno per sempre una colpa esistenziale.
Provo solo ad immedesimarmi e poi con terrore mi chiedo: io sarei capace di capire e quindi evitare qualcosa del genere se capitasse a qualcuno che conosco o, peggio ancora, a qualcuno che mi è caro?
Ecco... io spero e credo di sì. Ma il mio stato d'animo resta dolente e angosciato.
In Italia, mentre gli episodi di criminalità sono in trend calante - nonostante quanto urli la propaganda di Salvini - non diminuiscono le donne uccise nell'ambito di tragedie familiari.
Ad oggi si contano quasi un centinaio di donne uccise dall'inizio del 2018.
Solo quest'anno quasi ogni tre giorni una moglie o compagna è stata assassinata dal proprio marito o partner e spesso la tragedia si è conclusa pure con la morte dei loro figli.
Questo sì è pazzesco!
A me il termine femminicidio per definire queste uccisioni non piace particolarmente perché mi sembra di porre la questione solo in termini di genere, come un semplice: "uomini che odiano le donne".
Forse, invece, dovremmo interrogarci sulle sorti del declino della famiglia tradizionale allargata che probabilmente un tempo faceva da rete protettiva contro i drammi della moderne famiglie ridotte a nuclei isolati.
E in effetti la cronaca ci riporta anche la triste realtà degli episodi di donne che uccidono i propri figli e poi si tolgono la vita.
Ma è innegabile che -ahimè - quasi sempre è il genere maschile a scatenare la violenza famigliare.
Di sicuro, gli interrogativi restano tantissimi, ma certezze, spiegazioni e risposte semplici non ce ne sono.
E allora mi fanno rabbia quei politici che gettano continuamente lo sguardo alla caccia allo straniero.
Sempre presenti come sciacalli a commentare i crimini commessi dagli stranieri, quasi come se li commettessero proprio per il loro "essere stranieri".
Le vittime assumono importanza mediatica solo a causa della nazionalità dei loro aguzzini.
Così tutti ci ricordiamo della povera Pamela uccisa dai nigeriani, ma non della povera Jessica, uccisa una settimana dopo, con oltre ottanta coltellate da un italiano.
Due ragazze accomunate in tutto, non solo dalle morti violente ma anche dalle tristi esistenze parallele fatte di marginalità, ma non nella memoria collettiva.
A questo ci ha portato la campagna di odio razziale con la quale Salvini sta conquistando sempre più i favori dell'elettorato italiano.
Un'altra cosa che mi lascia sgomento.
Una donna uccisa quasi ogni tre giorni.
Questa è "l'emergenza". Ma l’attenzione è tutta dirottata sugli stranieri, "neri, brutti e cattivi".
Non me ne do pace.
Nessun commento:
Posta un commento