(20 Febbraio 2007) "L'insieme delle quaranta e piu' disposizioni del decreto correttivo al Codice ambientale riporterebbe il quadro giuridico sui rifiuti ad una situazione di confusione peggiore di quella che caratterizzo' i primi anni novanta.
E' quindi esattamente il contrario di quanto sarebbe auspicabile anche perchè se una di queste norme favorira' davvero la tutela dell'ambiente non risolverà i problemi del settore dei rifiuti".
Cosi' Emma Marcegaglia, vice presidente Confindustria per l'energia e il coordinamento delle politiche industriali e ambientali, nel suo intervento al convegno "Riforma del Codice dell'Ambiente: ascoltare per decidere", organizzato dai gruppi dell'Ulivo delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato.
"Il maggior onere sul sistema industriale si misurerebbe in centinaia di milioni di euro ogni anno - avverte Emma Marcegaglia, che prosegue: "Le norme che regolamentano la gestione delle imprese hanno una ricaduta determinante non solo sul loro sviluppo ma anche sulla crescita economica del Paese.
Sbaglia chi le considera variabili indipendenti, perchè l'industria non si puo' fare carico di qualsiasi costo ingiustificato e di qualsiasi inefficienza amministrativa senza risentirne e senza alcun impatto sull'operativita' e sulla capacita' stessa per le imprese di restare nel mercato".
"Le motivazioni addotte per le norme contenute nello schema di decreto correttivo - continua il vice presidente di Confindustria - sono spesso insufficienti ed autoreferenziate e molte di loro sono state contraddette nelle ultime settimane da atti formali e pubblici come le sentenze della Corte costituzionale, della Cassazione, della Corte di Giustizia ed anche dal Parlamento europeo e dalla Commissione UE. Ad esempio i punti che riguardano i sottoprodotti, il deposito temporaneo, le terre da scavo, le bonifiche, hanno trovato autorevoli smentite.Nel frattempo sul territorio le amministrazioni, gli operatori, gli stessi controllori vivono un clima di incertezza che porta ad un totale immobilismo. Nel dubbio sulle norme da applicare, le decisioni vengono rinviate o, se inevitabili, sono improntate al diniego aprioristico".
"A livello centrale nel frattempo, i ritardi dell'Amministrazione nell'emanazione di provvedimenti necessari ed urgenti sono divenuti la regola - fa notare Emma Marcegaglia - e questo e' particolarmente grave per quelle disposizioni legislative derivanti da direttive comunitarie, gia' recepite con estremo ritardo nel nostro Paese, che richiedono norme attuative.
Questioni importanti come la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici, l'emission trading e l'IPPC attendono da tempo i provvedimenti senza i quali le imprese non possono dare corso alle obbligazioni di legge. Senza una buona amministrazione non si tutela bene l'ambiente".
"In materia di rifiuti in Italia un punto nevralgico e' la mancanza di infrastrutture adeguate. Tutelare l'ambiente richiede che si investa in questi impianti, privilegiando l'innovazione tecnologica, ma nella caotica situazione che stiamo vivendo e' sempre piu' difficile che ci siano imprenditori disposti ad investire. L'interesse del Paese sarebbe quello che venissero individuate e facilitate le infrastrutture minime indispensabili. Avviene il contrario: ostacoli burocratici e amministrativi, tempi biblici per ottenere le autorizzazioni, procedure di nessuna valenza ambientale, fiscalismo nei controlli, mancanza di criteri oggettivi con conseguente rinvio a decisioni discrezionali. Non e' cosi' che si tutela l'ambiente - conclude il vice presidente degli imprenditori - perchè le vere questioni ambientali, che potrebbero dare un impulso all'innovazione e al miglioramento della qualita' della vita, molto spesso non vengono affrontate".
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