LA COMPAGNIA DEL TEATRO DELLE MUSE
presenta WANDA PIROL e RINO SANTORO
in
L'AMICO DI PAPA'
Con la gentile partecipazione e la Regia di GEPPI DI STASIO
Dal 9 aprile al 6 maggio 2008Teatro delle Muse Via Forlì, 43
Dal martedì al venerdì ore 21.00
Sabato ore 17.00 e 21.00 – domenica ore 18.00
Come Cechov ne "I danni del tabacco" faceva finta di prendersela con le conseguenze del fumo, si può dire che Scarpetta se la prenda con gli effetti collaterali di un'amicizia morbosa.
Proprio in quanto morboso, qualsiasi sentimento può provocare degli effetti indesiderati. E' il caso del forte legame di amicizia che unisce don Liborio Paposcia e don Felice Sciosciammocca, maschera ormai senza più maschera di Eduardo Scarpetta.
Com'è mio costume, "L'Amico di papà" è stata completamente riscritta per cercare di attualizzare soprattutto il linguaggio adattandolo alla recitazione dei nostri tempi che prevede soluzioni linguistiche meno leziose e ritmi più sostenuti. Ma occupiamoci dell'argomento.
Quante volte ci è capitato di desiderare ardentemente di rivedere una persona cara e dopo poco questa ci infastidisce invadendoci il campo con eccessive effusioni non richieste? E' proprio questo che genera il riavvicinamento dei due amici per la pelle. Ma sono già arrivato all'effetto finale. Questa farsa diverte perché in tutto il suo svolgimento mostra gli equivoci dei quali Felice cade vittima e male informa Liborio che, dal canto suo, riceve dai travisati racconti dell'amico una serie di danni che rischiano di compromettere finanche la sua incolumità.
Ma la buona fede di Felice è davvero al di sopra di ogni sospetto? Questo Scarpetta non ce lo dice, figuriamoci se sarò io a farlo. Ci piace, però, insinuare un dubbio che aggiunge un pizzico di sale all'azione. E' un po' questa la piccola variante che ho cercato di inserire nel personaggio di Felice che ho affidato a me stesso giocando sul confine mai definito fra consapevolezza e ingenuità, una figura a metà strada fra un santo e un demonio.
Sul testo di Scarpetta ho operato una suddivisione in due tempi dai tre atti originari. Ma non è che abbia tagliato, anzi. Ho provato a dare più spessore ad alcuni personaggi che ritenevo ne avessero poco, questo naturalmente non per demerito di don Eduardo, ma solo, forse, perché il padre dei De Filippo conosceva in partenza le potenzialità dei componenti la sua compagnia. Proprio come me (mi scuso per l'accostamento).
In attesa dell'arrivo del suo amico, Liborio si disinteressa a tutto, anche al letto coniugale. Ed ecco che sua moglie Angiolina assume le forme di moglie trascurata in cerca di emozioni erotiche che riuscirà a trovare solo dal suo legittimo sposo dopo che questi, finalmente, reagisce all'ennesimo gesto di amicizia di Felice.
Ma quel tipo di emozioni, si sa, interessano a tutti. Interessano alla serva Luisella che deve occultare il suo matrimonio con Ciccillo per un veto del padrone di casa, interessano alla libera Pasqualina (ruolo che per ragioni di cast è diventata donna) che aspira ad un patetico ingentilimento del suo nome come interessano all'intraprendente fidanzato Ernesto che ottiene il consenso grazie solo alla sua posizione economica. Ma interessano a Felice più di ogni altro. Egli è giovane, ricco e di buon appetito, sembra pronto ad approfittare di ogni occasione ma all'atto pratico è inconcludente da diventare goffo.
L'unico disinteressato ai piaceri della carne sembra essere proprio Liborio. Ma Liborio è pur sempre un uomo e qualche scheletro nell'armadio deve per forza avercelo. E infatti ce l'ha. Ha commesso il gravissimo errore di avere corteggiato, sotto i fumi dell'alcool, una patetica ed improbabile fanciulla in cerca di sistemazione che gli chiederà conto delle sue avventate promesse.
Insomma la commedia è permeata di quei pruriti che sono alla base dei nostri sensi. La chiave, però, non vuole essere mai pesante, mai troppo scollacciata, né troppo salace, forse solo un po' ridicolizzatrice della condizione dell'essere umano di fronte al suo più forte istinto.
Geppi di Stasio
Maria Fabbricatore
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