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domenica 26 aprile 2015

APRLE 1945: LA BRIGATA MAIELLA INCONTRO' LA FAMIGLIA GASBARRINI A BOLOGNA

 
GIULIANOVA – Incredibile, ma vero. A distanza di settanta anni  viene rinvenuto nella cittadina adriatica un documento storico risalente al 25 aprile del 1945. Tre pagine scritte a macchina da Elisabetta Tinozzi, moglie di Antonio Gasbarrini che di lì a pochi anni diventerà archiatra pontificio di Pio XII e Giovanni XXIII e di altre illustri personaggi. Il resoconto della liberazione di Bologna era custodito in fondo ad un cassetto della villa liberty (anno 1912) ubicata a Giulianova nella omonima via Antonio Gasbarrini che porta al lungomare monumentale realizzato durante il ventennio. Nel breve racconto di Elisabetta Tinozzi  viene ricordato, tra le altre cose, anche l'entrata nella città felsinea della Brigata Maiella del comandante abruzzese Ettore Troilo.  L'incontro inatteso tra corregionali avvenne all'incrocio con via Castiglione. Alla domanda "Di dove siete?" i soldati-partigiani risposero: "Di Sulmona, siamo la Briga­ta Maiella".
Questo il documento integrale rinvenuto dalla signora Marilù, moglie del professor Giovanni Gasbarrini, figlio dell'estensore Elisabetta Tinozzi:
APRILE 1945
A Bologna, in quella metà di aprile, si viveva una vita, per così dire, sospesa a mezz'aria.
L'esercito alleato non era lontano.
Frequenti cannonate annunziavano il suo prossimo arrivo.
Ospiti dell'indimenticabile Contessa Carolina Isolani e dei suoi fa­miliari, chiedevamo al caro Generale Dall'Olio, ex-Ministro della Guerra, quale potesse essere la traiettoria dei proiettili dei can­noni ed egli pazientemente ci indicava l'uno o l'altro posto più si­curo, forse solo per darci coraggio.
Per via Santo Stefano drappelli di giovani in uniformi fasciste più o meno consunte; tra loro qualche ragazza.
Nella piazza delle Sette Chiese si era diradata la folla dei bologne­si rientrati in città e di quanti, sfollati dalle campagne, l'avevano animata durante i mesi invernali, cioè da quando Bologna era in un certo modo sicura, come città ospedaliera; si sentiva l'approssimar­si di un grande evento!
Alba del 25 aprile: un rombo potente di aeroplani sulle nostre teste ci svegliò. all'improvviso.
Un accorrere di gente festante verso la Basilica, entravano gli alle­ati: era quello il primo incontro con i bolognesi.
In quell'attimo cessavano anche per noi le ore di angoscia che aveva­mo vissuto.
Ci abbracciammo commossi, io e mademoiselle Anna Maria, istitutrice dei nostri bambini, corremmo in chiesa per ringraziare il Signore. Agli angoli delle strade mucchi di tessere e di carte annonarie strap­pate.
Per tutto il giorno continuò la sfilata, anche per noi l'incubo della guerra era finito, ma era così per tutti?
Chissà, se in quel giorno tutto si sarebbe svolto pacificamente, o se rancori e vendette avrebbero causato altri lutti?
Il Cardinale Nasalli Rocca, d'accordo con le autorità, decise di

far
scendere dal suo colle la Madonna di San Luca, protettrice
dalla città,, rinnovando così la tradizione della visita

annuale e della' benedizione in Piazza.
Antonio ed io, con i nostri bambini, partecipammo a questa indimen­ticabile adunata che gremiva Piazza Maggiore fino all'inverosimile. All'incrocio con via Castiglione un incontro inaspettato, gradito: - Di dove siete? - la nostra domanda, - Di Sulmona, siamo la Briga­ta Maiella.
Avremmo voluto abbracciare quei cari ragazzi nostri conterranei. Presso il Palazzo Re Enzo, riuniti con Lorenzo e Maria Bianchi ed altri colleghi universitari di Antonio, ringraziammo la nostra Ma­donna e ricevemmo la Sua benedizione.
Al ritorno a Palazzo Isolani ancora un incontro felice.
Il Colonnello Ettore Trailo ed il Tenente Medico Tommaso Cicchini ci attendevano per darci il primo saluto dell'Abruzzo.
Alla sera un allarme ed una minaccia di bombardamento; questa volta erano i tedeschi, ma la contraerea alleata mise in fuga gli aerei nemici.
La nostra casa era ormai libera ed era necessario rioccuparla subito. Il Comando alleato si installò, per qualche sera, all'ultimo piano della nostra villa; tra essi un caro amico, Angelo Salviddio, che portò le notizie dei nostri parenti ed amici di Roma, di Napoli e degli Abruzzi.
Si iniziò, tra via Murri e Palazzo Isolani, un continuo andirivieni, ognuno riportava in casa gli oggetti più cari e più utili che erano stati "sfollati" con noi.
Mademoiselle, per amore Verso i nostri bambini, volle salvare i loro bambolotti; ma a Porta Santo Stefano un "mongolo", lì di guardia, (così in quel periodo venivano chiamati i militari di colore che erano tra le truppe alleate) cercò di appropriarsene.
La reazione di mademoiselle fu immediata; un colpo ben assestato al "mongolo" e i bambolotti rimasero a lei.
Per molti giorni un'interminabile sfilata di carri armati e di mezzi anfibi, adatti ad attraversare il Po e raggiungere l'Italia del nord,ci dettero la conferma della potenza ed efficienza dell'esercito alleato.
In casa nostra un disordine indescrivibile!
Per molte notti dovemmo arrangiarci alla meglio, dormire su letti di fortuna; poi la vita riprese il suo corso normale: i nostri mobi­li ed i libri "sfollati" nei Conventi di San Domenico e di Santo Ste­fano tornarono in casa.
Un continuo arrivo di amici che, rifugiatisi al nord, ritornavano nelle loro sedi e chiedevano ospitalità.
Spesso anche degli sconosciuti chiedevano asilo per una notte e noi preparammo per loro due stanze nel seminterrato.
Nella depandance vennero ad abitare il Generale Marini con la sua ca­ra consorte che avevano avuto la casa distrutta da un bombardamento. In quell'estate rimanemmo a Bologna, era così bello godere nuovamen­te la nostra casa, la nostra città!
Ogni sera sull'imbrunire si riunivano nel nostro giardino parenti ed amici e i bambini erano felici di aver ritrovato i primi Compagni della loro infanzia.
Senza dubbio fu quella la più bella estate della nostra vita, forse perchè, provati dalle dure esperienze della guerra, il mondo ci pa­reva più bello e più facile la vita da percorrere ancora.
Alfonso Aloisi 

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