Roma -
Sono passati ormai 35 anni da quei terribili giorni nei quali tutta l'Italia, ancora, fortunatamente all'oscuro di cosa fossero Grande Fratello e reality show, per la prima volta si riunì tutta davanti alle televisioni per vivere una tragedia immane. In diretta. Come un film dell'orrore, senza cattivi, solo un buco maledetto che si era preso nelle sue viscere un bimbo di sei anni, Alfredo Rampi,senza volerlo più risputare fuori, nonostante fuori, tanti 'buoni' le tentassero tutte per salvarlo.
Io a quell'epoca avevo 4 anni e non posso ricordare, ma dai racconti dei miei genitori ancora traspare l'orrore, la disperazione e il senso dell'impotenza di chi c'era e non ha potuto fare niente. Pochi giorni fa mi è capitato di vedere in tv uno speciale video su quella vicenda. Finora avevo visto solo immagini e letto resoconti. Non l'avessi mai fatto, non avessi mai sentito quel pianto sempre più flebile provenire dalle viscere di terra e fango quel "Mamma, sono stanco" che che mi ha fatto piangere lacrime di terrore, nel pensarlo lui, Alfredino, così piccino... lì nel buio, stanco, ferito, affamato, terrorizzato.
Non è possibile... continuo a ripetermi Non è possibile.. che non si sia potuto fare nulla.. e invece così fu. Non si potè fare nulla e chi ha provato a fare qualcosa ancora oggi, soffre.
Tra le tantissime tragedie della nostra storia nazionale, quella di Vermicino è insieme la più seguita e la più rimossa.
Il 10 giugno 1981 verso le sette di sera, il piccolo Alfredo Rampi di sei anni cade in un pozzo artesiano largo 30 cm e profondo 80 metri a Vermicino, provincia di Roma. Il bimbo ha una malformazione cardiaca che comporta una minore tolleranza della fatica. Incredibilmente però, Alfredo sopravviverà quasi tre giorni, al buio, al freddo e solo con un po’ di acqua zuccherata calata attraverso un tubicino.
Nel pozzo viene calato un microfono per comunicare con Alfredino. Il pompiere Nando Broglio, papà di tre bambini, cerca di calmarlo cantando con lui le canzoni dei cartoni animati.
Dall’alba dell’11 giugno, intorno al pozzo si raccoglie un piccolo gruppo di speleologi, convinti di poter salvare il piccolo. C'è chi prova a calarsi ma senza successo. Ci si convince che un pozzo parallelo è l’unica via di salvezza per Alfredino. Ma la trivellazione procede troppo a rilento.
Venerdì 12 giugno sembra imminente il salvataggio di Alfredino. I telegiornali non interrompono il collegamento e inizia così una diretta fiume, per 18 ore. Sul posto accorre anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Poi Alfredino scivola più giù. È scivolato a 61 metri. Colpa delle vibrazioni della scavatrice? Non si capisce. A questo punto rientrano in gioco gli speleologi: occorre qualcuno che riesca a calarsi attraverso quel budello per i trenta metri che separano i pompieri da Alfredino.
Si presenta Angelo Licheri, un uomo magrissimo senza alcune esperienza di speleologia. Alle 23,50 di venerdì 12 giugno Licheri viene calato nel cunicolo. Raggiunge Alfredino ma non riesce a tiralo su. L’imbracatura non si infila, il corpo è reso scivoloso dal fango. Alfredino sta ormai soffocando per il fango e la tante ore trascorse nel pozzo. Licheri tenta l’impossibile: rimane a testa in giù per 45 minuti. Per sette volte Alfredino gli scivola. Torna su in evidente stato confusionale, con ferite su tutto il corpo. Dopo di lui, si cala un altro volontario, Donato Caruso. Neanche lui riesce a tirare su Alfredino che è ormai rantolante. All’alba di sabato dal microfono calato nel pozzo non si sente più nulla. Un medico conferma che Alfredino è morto.
Il corpo fu recuperato dai minatori della miniera di Gavorrano l'11 luglio, ben 28 giorni dopo la sua morte. Il funerale di Alfredino Rampi si tenne il 17 luglio del 1981 nella Basilica di San Lorenzo Fuori Le Mura.
Dalla tragedia di Vermicino nasce la Protezione civile e Il Centro Alfredo Rampi fondato dalla madre di Alfredo, Franca, perchè tragedie come questa non vengano dimenticate e soprattutto non accadano più
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