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lunedì 5 febbraio 2007

VIOLENZA DA STADIO: URGONO MISURE DECISIVE

MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA
fondato nel 1943


- CUMUNICATU STAMPA -

VIOLENZA DA STADIO: URGONO MISURE DECISIVE

Il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia esprime il proprio sgomento e sdegno per la barbara uccisione dell'ispettore capo Filippo Raciti, caduto in un'imboscata, tesagli da teppisti presenti nei pressi dello stadio "A. Massimino" di Catania durante l'incontro di calcio Catania-Palermo del 2 febbraio scorso.

L'Ispettore Raciti, di cui si sono celebrate oggi le esequie, è chiaramente l'ennesima vittima siciliana di un sistema malevolo e perverso.

Un sistema che lascia fermentare, e anzi coltiva, quel diffuso malesse sociale che, ghettizzato nei quartieri dormitorio, diventa emarginazione dando vita ad un autentico substrato culturale delinquenziale che, per chi vi nasce dentro, è sempre e comunque senza alternativa.

È in questo ambiente, oltre che nell'ambito di quelle famiglie benestanti ove durissima incide la propaganda assimilazionista italiana che porta ai giovani solo fenomeni di alienazione culturale, sociale e mentale, che nascono le conseguenti tendenze violente e autodistruttive.

Una follìa che nasce dalla collettiva e progressiva perdita di identità nazionale indotta e affermata dalle politiche dello Stato Italiano, dalla violenta repressione che con il "divide et impera" fomenta cieche contrapposizioni e sanguinari campanilismi, dalla cieca accondiscendenza da parte della classe politica italiana che accenna a provvedimenti solo quando la consueta inerzia stonerebbe troppo innanzi all'opinione pubblica, vale a dire quando ci "scappa il morto".

Sin dalla fine degli anni '60 il mondo del calcio è diventato una "zona franca" della violenza e dell'odio in cui far scaricare le frustrazioni sociali ed esistenziali di cittadini, soprattutto i più giovani, ridotti a numeri da gestire in chiave elettorale.

E proprio al fine di un miglior controllo e gestione del voto sono proprio promossi dai partiti italiani (tutti, non solo quelli di "frangia estremista" come qualcuno ha ritenuto utile affermare) tutti quei "clubs" di "ultras" che hanno facile gioco nel tenere in ostaggio le società calcistiche, anche in virtù della chiacchierata "responsabilità oggettiva".

In questo, stimiamo le affermazioni del Presidente del Catania Calcio, Nino Pulvirenti, che sin dal suo arrivo ai vertici della società rossazzurra si opposto, alla stessa stregua di quei coraggiosi commercianti che dicono "no" al pizzo, a questo sistema di ricatti ed accondiscendenze, e che, dopo il comprensibile smarrimento in seguito ai recenti fatti, ha deciso di continuare questa battaglia di civiltà e legalità, che in quanto tale è da ritenersi propria di ogni indipendentista.

Perché il nostro Movimento è un fronte popolare di giustizia, legalità e progresso che vede in tali scelte, dure e coraggiose, la chiave per la rinascita della Nazione Siciliana.

Non serve il sacrosanto stop al campionato, e tutte quelle riflessioni normative circa la privatizzazione degli stadi, l'applicazione di norme repressive esistenti o la nascita di nuove norme, gli appelli alla moderazione dei termini e dei toni, se poi si finisce con il solito nulla di fatto, o con lo spostamento del problema in altro campo.

Si fa tanto appello al "modello inglese", ma anche a contromisure applicate in Francia o Paesi Bassi, ma se ci facciamo caso, in questi Paesi il problema dell'alienazione sociale e del malessere dei giovani è solo stato allontanato dagli stadi di calcio per ritrovarlo serpeggiare e spesso esplodere nei quartieri ghetto.

E se in nei summenzionati Paesi il problema è vissuto principalmente fra i tantissimi immigrati, come anche nel sistema politico chiuso ed autoreferenziale che esclude i giovani dalla reale partecipazione politica per poter influire sul loro futuro e su quello delle proprie nazioni, nello Stato Italiano influisce tanto il sistema dei partiti-stato quanto il dramma della colonizzazione.

Emblematico, in tal senso, è il silenzio della fittissima folla, che presenziava, nella mattina di ieri, alla "messa dell'aurora" che ha aperto i festeggiamenti agatini a Catania, silenzio risuonato quando l'arcivescovo Gristina ha invocato la solidarietà alle Forze dell'Ordine. Quando, pochi istanti prima, quella stessa folla aveva lungamente fatto udire la propria vicinanza ai familiari dell'ispettore scomparso.

E tutta la comunità indipendentista si stringe attorno ai famigliari, la moglie, i figli dell'ispettore Raciti in un forte e solidale abbraccio. Ma non possiamo altrettanto accodarci al silenzio rivolto ai tutori della legge, che, ricordiamocelo, sono anch'essi siciliani vittime del sistema di oppressione colonialista italiano.

Anche se, certamente, la soluzione non è di certo la "militarizzazione" della Sicilia invocata da un esponente "autonomista" proprio il giorno prima l'assassinio dell'ispettore Raciti. La soluzione è una maggiore responsabilizzazione dei Siciliani verso le problematiche della propria terra, e, ovviamente, la necessaria totale libertà di poter gestire e risolvere i propri problemi e soddisfare le proprie esigenze.

I siciliani che non hanno applaudito nella Cattedrale di Catania non sono degli estremisti "antisistema", ma comunissime persone che patiscono l'Italia e le sue istituzioni come una presenza estranea e deleteria. E se degrado e violenza imperano nelle nostra città ridotte a tristi scenari da guerriglia urbana, ciò non accade per le stesse ragioni, puramente ideologiche, che in varie città italiane hanno portato ad anonime (ma tutte standardizzate nella grafia, come da consuetudine dei vari gruppi estremisti) quanto vergognose scritte d'apologia verso la violenza contro la Polizia.

Che, in Sicilia, dovrebbe, a norma di Statuto, essere ai comandi del Presidente della Regione ai fini del mantenimento dell'ordine pubblico.

Ma non è questa l'unica manchevolezza sulla pelle dei siciliani.
Si pensi, rimanendo nell'ambito dell'episodio, alla Amministrazione comunale di Catania che ha permesso, creando incredulità e sconforto nella cittadinanza già in lacrime per la morte di un concittadino mentre il territorio urbano era messo a ferro e fuoco, il regolare svolgimento di un mercatino rionale proprio nella piazza che poche ora prima era stata scenario di efferate violenze, contro le quali gli agenti non hanno nemmeno potuto usare mezzi blindati con idranti, quando già privi di una reale organizzazione antisommossa come quella vista in opera durante i recenti campionati mondiali di Calcio in Germania.

E si pensi alla scelta, contestata da molti, di dare comunque vita alle celebrazioni agatine con tanto di doppia processione lungo le vie della città.

Quando, invece, al Popolo Siciliano servono scelte decisive. E la smettano di ridere quanti non capiscono l'intento pacificatore del creare, come da nostra proposta, la Federazione Calcistica Siciliana, con tanto di selezione nazionale e coppa nazionale (sul modello del Galles), che certamente contribuirebbe a restituire lo sport e la fratellanza ai siciliani, che invece, in ogni comparto della vita sociale, sono tenuti allo stato dei cani da combattimento: esasperati, affamati, picchiati, addestrati all'odio.

Ma questa situazione non può essere lasciata fermentare: diventa ogni momento sempre più pregna di gravi conseguenze. Non possono "bastone e carota" durare per sempre. Urge, invece, da parte italiana, lasciare che il processo di decolonizzazione prosegua spedito e compiuto, per giungere celermente, da parte del Popolo Siciliano ma non solo, all'esercizio dei propri inalienabili diritti di autodeterminazione, e ridare vita allo Stato Siciliano Indipendente, per una Nazione Siciliana che sia unita e libera, partner, vicina e amica dell'Italia, ma sempre, riprendendo le parole del martire indipendentista Mario Turri, «libera, ricca, felice, senza tiranni e senza sfruttatori».

Catania, 5 frivaru 2007

A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.


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«Noi vogliamo difendere e diffondere un’idea della cui santità e giustizia siamo profondamente convinti e che fatalmente ed ineluttabilmente trionferà».

Andrea Finocchiaro Aprile, 1944

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