In concomitanza con la mostra di Assadour, è allestita negli spazi del Book Shop del Museo Pericle Fazzini di Assisi, diretto da Giuseppe Appella, una piccola ma elegante mostra dedicata ai disegni e alle incisioni del pittore spagnolo Josè Ortega (Arroba de Los Montes, Castiglia, 1921 - Parigi 1990) che, con rari e preziosi esemplari, ricorda l'importante presenza del grande artista nel panorama della storia artistica del Novecento spagnolo e internazionale. Pittore e incisore, fin da adolescente impegnato nella lotta antifranchista, appena quindicenne dipinge per le vie di Madrid in solidarietà con le milizie popolari. Nel 1947 viene condannato a dieci anni di carcere per la sua attività politica; nel '53 riceve una borsa di studio da parte del governo francese e può frequentare l'Ecole de beaux arts di Parigi, incominciando a produrre le prime importanti serie di opere grafiche, specializzandosi nelle diverse tecniche della litografia, del linoleum e dela xilografia.
Torna in Spagna; il poeta Gabriel Celaya pubblica sulla rivista "Insula" il poema A Josè Ortega pittore spagnolo, un coraggioso atto di solidarietà verso un pittore, ormai affermato, perseguitato dalla polizia politica, che ama affacciarsi, oltre le anguste strettoie del panorama culturale spagnolo soffocato dal regime, nelle realtà più lontane e diverse del pianeta, scegliendo, ad esempio, come meta dei suoi interessi intellettuali il mondo e la cultura della Cina, dove soggiornò per un certo periodo. Nel 1958 fonda il gruppo "Estampa Popular" e pubblica il manifesto "Arte Contro", mentre si affaccia per la prima volta nel nostro paese, dove contribuisce a farlo conoscere un altro poeta, Velso Mucci, che gli dedica la poesia "Quest'uomo" nel suo libro Carte in tavola edito da Feltrinelli: frequenta Albissola e conosce importanti artisti come Lam, Appel, Fontana, Sassu, e comincia a praticare l'arte della ceramica.
Esule in Francia, frequenta lo studio del noto incisore Johnny Friedlander e presto acquista fama di "caposcuola" e di artista di livello internazionale, approdando a New York, dove la Lublin Co. pubblica le sue incisioni e organizza per lui importanti mostre a Saint Louis e Toronto. Intanto - siamo nel 1963 - il Congresso Internazionale di Critici d'arte del Verucchio, presieduto da Giulio Carlo Argan, gli assegna una medaglia d'oro per la sua arte e per il suo impegno a favore della libertà, e l'artista partecipa ad una grande rassegna di artisti iberici alla "Maison de la Pensée" di Parigi, nel quadro di una campagna a favore dell'amnistia in Spagna, mentre Antonello Trombadori organizza la sua prima personale italiana alla galleria "La Nuova Pesa" di Roma.
E' il 1969 quando Ortega realizza le venti incisioni della grande suite dei "Segadores", che si ispira alle sofferenze quotidiane dei lavoratori della terra; lavoro che lo farà apprezzare in tutto il mondo, in quanto frutto di una nuova espressione grafica, nella quale vengono utilizzate varie tecniche insieme, dalla pietra litografica all'incisione su materiali diversi, a conferma del lavoro di ricerca e sperimentazione che connota tutta la sua produzione e che, instancabilmente, porterà avanti fino ai suoi anni più maturi, quando sempre più stretto ed assiduo diventerà il suo rapporto con l'Italia. Tiene la sua prima personale a Milano alla "Galleria 32", con la presentazione di Mario De Micheli, salutata dalla poesia Ortega de segadores scritta per l'occasione dal suo grande amico Raphael Alberti, anch'egli esule nel nostro paese. Si stabilisce a Matera, folgorato dalla "città dei Sassi", dove, nella sua inesauribile sete innovativa, "scopre" la cartapesta, che diventa materia per i suoi bellissimi bassorilievi, e adotta per i suoi dipinti a tempera, come colore dominante, il grigio biancastro del calcare materano, visto anche simbolicamente come memoria storica degli usi e costumi delle antiche civiltà contadine lucane.
Nel 1976 Ortega, dopo sedici anni d'esilio, torna in patria e finalmente può esporre le sue opere nel suo paese; a Madrid, a Valencia e a Bilbao, dove, in particolare, espone il suo grande ciclo di bassorilievi realizzato a Matera. Ottiene il passaporto per tornare definitivamente in Spagna, ma presto ritorna in Italia, sua seconda patria, e realizza a Bosco, nel Salernitano, dove ha aperto un nuovo studio, un grande murale in ceramica, il cui tema è un piccolo paese del Cilento incendiato e distrutto per difendere la propria libertà. La sua attività continua freneticamente e con totale impegno, tra Spagna e Italia, nel quindicennio che precede la sua scomparsa, con importanti riconoscimenti e mostre in tutt'Europa; in un affascinante intreccio di "arte e vita" che, la stringata quanto ben rappresentativa selezione esposta fino al 6 giugno al Museo Fazzini di Assisi riesce suggestivamente a rievocare.
Orario: 10/13 - 16/19 (lunedì chiuso)
Ingresso: (al Museo, alla mostra di Assadour e alla mostra di Ortega) Euro 5 - rid. 3
Museo Pericle Fazzini:
Palazzo del Capitano del Perdono
Piazza Garibaldi, 1/c
06081 ASSISI
Tel. e fax 075/8044586
info@periclefazzini.it
Fondazione Pericle Fazzini
Via Margutta, 61 - 00186 ROMA
tel. 06/3207763
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