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mercoledì 14 luglio 2010

Il rischio chimico negli ambienti ospedalieri

Tra i molti ambienti lavorativi in cui è presente un rischio chimico, quello ospedaliero risulta essere senza dubbio uno dei più complessi per l’esecuzione della valutazione del rischio. I motivi sono rintracciabili nella presenza di sostanze con elevate caratteristiche di tossicità, nelle scelte cliniche che spesso portano gli operatori a contatto con farmaci di nuova generazione, i cui effetti secondari non sono completamente noti, o nelle procedure operative che prevedono l’utilizzo di sostanze chimiche diverse, come la manipolazione dei farmaci chemioterapici antiblastici.
Le fonti di rischio chimico possono essere distinte in quattro classi di composti: gli anestetici per inalazione, usati nelle sale operatorie, la cui presenza ambientale può essere causata da fattori diversi (raccordi mal funzionanti, cattiva areazione dei locali, procedure anestesiologiche maldestre ecc.); i disinfettanti e gli sterilizzanti chimici che vengono utilizzati in grande varietà nei reparti di degenza come negli ambulatori e negli ambienti più vari e spesso l’uso routinario che se ne fa porta ad una riduzione della percezione del rischio; i composti chimici usati nei laboratori di analisi, anatomia patologica, ricerca. Infine, anche la manipolazione dei farmaci chemioterapici antiblastici può essere fonte di rischio chimico nella fase di preparazione, somministrazione e successiva cura del paziente; alcuni chemioterapici rientrano nel gruppo 1 della IARC (cancerogeni per l’uomo). Questo gruppo di farmaci riunisce sostanze diverse per struttura e reattività che possono essere raggruppate a grandi linee come: agenti alchilanti (ciclofosfamide, ifosfamide, cis-platino, carbopla- tino), antimetaboliti (5-Fluorouracile, Gemcitabina, Metotrexato), alcaloidi vegetali (Taxolo, Vincristina, vindesina), antibiotici antitumorali (Epirubicina, Doxorubicina, Bleomicina).
Generalmente, il rischio chimico derivato dalla manipolazione dei farmaci chemioterapici antiblastici è di tipo moderato, purtuttavia tale delicata attività richiede l’applicazione di precise normative sicurezza. Durante le fasi di preparazione si può ad esempio verificare l’accidentale esposizione al farmaco per via inalatoria e/o per contatto diretto in seguito alla formazione di aerosol o a causa di spandimenti avvenuti sotto la cappa a flusso laminare: è pertanto necessario, prima di eseguire la preparazione, verificare la funzionalità della cappa e dei sistemi di sicurezza, che il personale addetto indossi gli adeguati D.P.I., eliminare dall’area di lavoro il materiale non necessario alla preparazione e decontaminare in modo opportuno il piano di lavoro.
Per ridurre al massimo il rischio chimico, durante la fase di preparazione è opportuno utilizzare sistemi chiusi per la ricostituzione dei farmaci come Securmix, un dispositivo medico sviluppato appositamente per operazioni di manipolazione dei farmaci chemioterapici antiblastici: realizzato da Eurospital S.p.A. garantisce l’incolumità e la sicurezza del personale prevenendo il rischio chimico legato a un’eventuale contaminazione. In particolare, per la lavorazione di grandi quantità consente di semplificare la procedura di lavoro. Il sistema lavora con tre parti connesse contemporaneamente in circuito chiuso: una parte a cui si connette il flaconcino contenente il farmaco, una seconda per la soluzione I.V., infine vi è rubinetto luer-lock girevole al quale si connette la siringa.
Questo rubinetto girevole chiude o rispettivamente apre i vari accessi. Vi è una freccia che indica quale accesso sia aperto in quel momento.
La connessione che porta alla soluzione I.V. ha un attacco di sicurezza e si possono usare senza problemi anche flaconi o sacche di varie dimensioni ( per esempio soluzioni di NaCl allo 0.9%  da 250 ml o 500 ml); all’interno del dispositivo è presente il sistema filtrante con membrane da 0,22 µm per garantire la sterilità della soluzione ricostituita e per bloccare l’aerosol durante la fase di diluizione.

 

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