La crisi avvicina Nord e Sud del mare nostrum
Il 'Rapporto sulle economie del Mediterraneo' 2011 dell'Issm-Cnr sarà presentato presso la Presidenza del consiglio dei ministri. Nel bacino vivono 500 milioni di persone, ma il terzo della popolazione che vive nei Paesi avanzati del Nord dispone dei due terzi del Pil e dell'energia. Un divario che si va riducendo, anche se con forti preoccupazioni per l'ambiente
Le 'primavere' del 2011 in Tunisia, Egitto, Libia, Siria hanno richiamato l'attenzione sulle vicende politiche della sponda Sud del Mediterraneo: istituzioni e opinione pubblica europee riservano invece un interesse discontinuo alle economie di questi paesi, da tempo oggetto delle attività di ricerca dell'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Issm-Cnr) di Napoli, che dal 2005 pubblica annualmente per le edizioni de Il Mulino il 'Rapporto sulle economie del Mediterraneo'. L'edizione del 2011 sarà presentata il 6 dicembre 2011 a Roma presso la Presidenza del consiglio dei ministri (Sala Monumentale, Largo Chigi 19, ore 17).
Nei 25 paesi del Mediterraneo vivono 500 milioni di persone, il 7% della popolazione mondiale. Nelle quattro economie avanzate del Nord (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) vive il 37% della popolazione, che dispone del 69% di tutto il Prodotto interno lordo del Mediterraneo (dieci anni fa era il 70%) e consuma il 60% di tutta l'energia utilizzata nell'area e spesso importata dai paesi del Sud (nel 1990 era più del 70%).
"Negli ultimi anni le diseguaglianze fra le due sponde, che pur rimangono rilevanti, si vanno lentamente riducendo", spiega Paolo Malanima, direttore dell'Issm-Cnr. "Il Rapporto evidenzia proprio la persistenza e il processo d'integrazione in atto, una grande opportunità di sviluppo per i paesi di tutte le sponde mediterranee. Paradossalmente, a quest'avvicinamento hanno contribuito la crisi economica del 2008, colpendo maggiormente i paesi più avanzati, le rilevanti migrazioni dalla sponda meridionale a Nord dell'ultimo decennio e le tendenze demografiche, sulle quali va però osservato che la sponda afro-asiatica conoscerà nei prossimi decenni una contrazione in termini di fecondità e di mortalità".
Un fattore di preoccupazione relativo alla crescita delle economie e della produzione industriale del Sud e dell'Est del Mediterraneo è la pressione sugli equilibri ecologici. "La biodiversità rappresenta un'enorme ricchezza: sulla superficie del bacino, pari all'1,6% di quella mondiale, è concentrato il 10% delle specie vegetali conosciute, che per oltre la metà (circa 11.700 specie) non esiste in altre parti del mondo", spiega Eugenia Ferragina, ricercatrice Issm-Cnr. "Questo patrimonio è oggi messo a rischio da attività antropiche incuranti dell'impatto sul paesaggio mediterraneo oltre che dal cambiamento climatico globale che induce forme di desertificazione e dissesto idrogeologico".
Appare pertanto fondamentale l'adozione di criteri e indicatori finalizzati a un percorso di sviluppo economico sostenibile, che consenta di soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare le possibilità di soddisfare quelli delle generazioni future", conclude Malanima.
Roma, 5 dicembre 2011
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