- Quando e come è nata la passione per Marilyn Monroe?
Ho avuto da sempre una forte passione per il mondo del cinema ed i suoi interpreti; ricordo di aver subito il fascino del cinema classico hollywoodiano - forse inconsapevolmente - fin da ragazzino, visionando tante pellicole in bianco e nero e acquisendo competenze ed un certo gusto personale e critico che ho avuto modo di affinare durante gli anni universitari, frequentando fra l’altro diversi corsi in giornalismo, storia e critica cinematografica.
Mi vien da dire che il mio “incontro” con Marilyn Monroe è avvenuto in maniera alquanto inaspettata, un’assolata e pigra mattina d’agosto di tanti anni fa quando mi ritrovai a guardare il film “Fermata d’autobus” di Joshua Logan. Rimasi subito colpito, oltre che dalla pallida bellezza della Monroe nel ruolo della showgirl Chérie - quasi un simulacro femminile della poetica stilnovista - da quella capacità di stabilire una relazione empatica con il pubblico; a differenza delle grandi dive che l’hanno preceduta, Marilyn sorride, ammicca, seduce lo spettatore con una deliziosa ed innocente malizia. È l’attrice che incarna totalmente il “divismo” hollywoodiano ma al contempo - con le sue fragilità, le sue debolezze e la sua triste prematura scomparsa - la fine di quella Hollywood intesa come macchina generatrice di sogni.
- Ti definisci un collezionista , un fan o un protettore della memoria personale e artistica di Marilyn ?
Ricollegandomi a quanto accennavo prima, nasco come “appassionato” della settima arte, sopratutto di quel cinema americano del dopoguerra, fatto di talentuosi registi, grandi icone e lunghi piani sequenza. Il collezionismo è un qualcosa che nasce successivamente, ma - dal mio punto di vista - deve essere supportato da una forte passione: non avrebbe senso collezionare materiale circa un attore o un artista, senza amarne la filmografia e la produzione artistica.
Ancora oggi, non riesco a “definirmi” perchè, come scrivevo, non si può essere un collezionista se non si è anche un “fan” appassionato. Ad ogni modo, la cosa che più mi lusinga, è l’essere spesso contattato in qualità di ”esperto” in questo ambito, per una collaborazione o anche solo per un’opinione. Per me è sempre un grande piacere, specialmente se posso contribuire a preservare la “verità” umana ed artistica di Marilyn Monroe, una verità che si sta sempre più perdendo in un fantasioso “verosimile” costellato da un sensazionalismo ingannevole e da annacquate biografie che vanno ad alimentare il mercato del ricordo.
Ciò ripaga il mio tempo speso in anni di instancabile passione e metodica ricerca .
- Cosa separa secondo te da un fan di "prima scelta " e
Perché a tuo avviso non c'è più il "divismo" della dolce vita oggi ?
Il “divismo” fu una peculiarità del cinema americano fin dalla nascita di Hollywood.
Fondamentale, sopratutto nel periodo post-bellico - fu il fenomeno dello star-system, ovvero quella complessa macchinazione messa in atto da parte delle grandi major cinematografiche e volta a “costruire” degli “idoli perfetti” per la massa di spettatori paganti in fila alle casse dei cinema. Attori apparentemente avvolti da un’aura di charme e successo, ma “prigionieri” per contratto di un ruolo e di uno stereotipo che si estendeva anche alla vita privata fuori dal set.
Lo star-system si riversava su qualsiasi aspetto della filiera produttiva: dall’estetica dell’attore, manipolato e plasmato a piacimento per andare incontro ai gusti del pubblico, fino alla serrata scelta delle foto pubblicitarie pre e post produzione, che in qualche modo dovevano rimandare ad un modello estetico canonizzato.
Se Rodolfo Valentino e Greta Garbo possono essere annoverati fra i “capostipiti” del divismo cinematografico, è proprio Marilyn Monroe il “prodotto” meglio riuscito generato dalle potenti majors. Sarà proprio la scomparsa di Marilyn a segnare il declino dello stars-system e il fiorire di nuovi modelli estetici ed attoriali: non più femmes fatali e ribelli senza causa, ma interpreti cinematografici dall’aspetto ordinario di uomo “della strada”, emblemi del passaggio di un’epoca all’altra.
E’ in questa prospettiva di cambiamento che il cinema è giunto a noi, privandoci di quel gusto glamour e patinato che aveva caratterizzato Hollywood ma anche il nostro lungotevere romano.
- Hollywood quanto ha influito secondo te nella vita di Marilyn ? Qualcuno disse che fu Hollywood ad ucciderla.
Se ricordo correttamente, fu Anna Magnani a dirlo, in un’intervista rilasciata ad Oriana Fallaci per L’Europeo, proprio successivamente alla morte di Marilyn, nel 1962.
La Magnani aveva sottolineato in questa intervista l’ipocrisia e la solitudine che regnavano ad Hollywood e che furono potenziali cause - a suo dire - della morte della Monroe.
Sicuramente Marilyn ha subito una fortissima pressione da parte di Hollywood e degli Studios. Ogni suo movimento era costantemente seguito da un obbiettivo. I suoi successi al botteghino così come i suoi fallimenti sentimentali erano un qualcosa di condiviso con il pubblico. Lei stessa sottolineò più volte la sua “appartenenza” al pubblico e Hollywood non perse occasione per riversare tutti i sui interessi su una donna che era già un “fenomeno di costume” in vita. La presenza invasiva da parte degli Studios e dei media doveva essere per lei veramente un qualcosa di destabilizzante nella sfera del privato e degli affetti. Ma ci tengo anche a sottolineare come Marilyn fosse consapevole del proprio ruolo e della propria “influenza” all’interno del sistema. Era un’abile manager di sé stessa (tanto da fondare una casa produttrice indipendente) e conosceva la potenzialità del personaggio che le era stato affidato per copione. Si dice che fosse nata per stare davanti alla macchina da presa e ogni fotografo ricorda come fosse “amata” dall’obbiettivo.
Se devo dare una colpa ad Hollywood direi che fu quella di aver ingigantito in lei fobie e tormenti irrisolti che si trascinava dietro fin da bambina (In questo credo fortemente nella teoria del “danno“ provocato dal “Metodo” di recitazione Strasberg/Stanislavskij) e di aver fatto da tramite ad una serie di frequentazioni per lei poco proficue se non addirittura lesive.
- Hai collezionato qualcosa anche tu dalle tante aste ? Se si cosa è perché ?
Sì, mi affascina collezionare piccoli cimeli, accessori e oggetti personali appartenuti alle stars hollywoodiane. Collezionare questo genere di “cimeli” è a mio parere, un modo per avvicinarsi in punta di piedi e con estrema sensibilità, alla vita e alla carriera di un interprete. Scoprire un universo artistico e molto spesso varcare la soglia del loro privato. Si abbatte quella barriera invisibile fra attore/spettatore, rendendo concreta l’esistenza di questi “eroi di celluloide” che hanno vissuto - nella nostra prospettiva di pubblico - in una dimensione sospesa molto lontana dal reale quotidiano delle persone.
Ciò vale un po’ in generale per il collezionismo relativo a qualsiasi figura storica.
Ogni piccola cosa, che si tratti di una lettera manoscritta, di un capo d’abbigliamento o di una fotografia personale, ci svela molto della vita dell’artista e - al contempo - ci permette di aprire un varco nella storia sociale, del costume e della moda dell’epoca in questione.
Nello specifico parlando di Marilyn, ho avuto la possibilità negli anni di collezionare delle piccole cose che le furono di proprietà: piccoli oggetti di make-up, materiale autografo, provini e scatti inediti oltre ad assemblare un archivio cartaceo che qualcuno del settore ha definito come uno dei più importanti a livello nazionale.
Nella percezione dell’appassionato credo di poter affermare che il toccare e ancor più il possedere qualcosa che fu appartenuto a Marilyn Monroe, rappresenti una sorta di forte e significativa esperienza emozionale.
Quello che ci resta di lei - i costumi di scena, le fotografie e i semplici oggetti personali che vengono costantemente battuti (a cifre esorbitanti!) dalle case d’asta - sono tutto ciò che rimane a testimoniare l’esistenza “reale” di quella che fu la “donna più bella del mondo”.
- Sono 54 anni dalla sua prematura scomparsa e 90 dalla sua nascita come si può spiegare che la sua popolarità è ancora alta ?
Marilyn continua e continuerà a rappresentare un canone estetico irraggiungibile e costantemente emulato. Guardando una sua foto ci si accorge di come la sua bellezza fosse sospesa e senza tempo. Una bellezza tale da non poter durare per sempre ma che - preservata dalla morte prematura - è stata consegnata a noi e al mito in una sorta di giovinezza perpetua. Un mito indissolubile racchiuso in un binomio primordiale: Marilyn fu angelo e demone, diva e bambina, sensualità e letizia.
Non credo ci sarà mai un’altra figura femminile così fragile, frammentata e complessa, capace come lei di condizionare la storia, l’arte e la cultura di ogni paese.
Sì. Quella che ritengo una mia grande fortuna è stata proprio la possibilità - nel corso degli anni - di entrare in contatto con molte persone che furono vicine a Marilyn. Per anni ho avuto un’amicizia epistolare con l’attore Eli Wallach e sua moglie, Anne Jackson (che con mio grande dispiacere è venuta a mancare proprio poche settimane fa). Eli Wallach, oltre ad essere stato un grandissimo interprete cinematografico, con Marilyn girò l’ultimo, sfortunato film, “Gli Spostati” per la regia di John Huston. I Wallach erano davvero delle persone deliziose delle quali conservo con affetto foto autografe e biglietti ricevuti nel corso degli anni. Sempre parlando di attori, quella che per me è stata una bellissima esperienza è stata incontrare il premio Oscar George Chakiris - che conobbe Marilyn durante i suo primi successi alla Fox - e di potermi intrattenere e conversare con Don Murray, che con Marilyn condivise il set di “Fermata d’autobus” nel 1956. Murray, per compostezza ed educazione è quello che definirei un vero gentiluomo. Anche se solo telefonicamente, ho avuto una sincera amicizia con la colf di Marilyn Monroe, Lena Pepitone. Lena, italiana di origini ma newyorkese d’adozione, fu anche autrice del volume “Marilyn Confidenziale”. Era una persona frizzante e vitale. Avevamo pianificato di incontrarci e lei mi invitò personalmente negli States. Purtroppo, gioco crudele del destino, prima che ciò avvenisse fu stroncata da un infarto nel 2011. Ho un bel ricordo, lei era molto grata a Marilyn.
Sono state scritte e dette tante, troppe cose, che hanno alimentato molteplici versioni di quanto poteva essere accaduto quella notte. Trovo che aggiungerne una mia, anche se ipotetica, non andrebbe ad ogni modo a cambiare il tragico epilogo dei fatti: solo chi era presente nella dimora di Brentwood quella tragica notte, potrebbe illuminarci su ciò che è realmente accaduto. Preferisco ricordare e celebrare Marilyn per la donna e l'artista sensibile e vera che fu, il resto é solo gossip e sciacallaggio di cui chi ama davvero Norma Jeane non ha bisogno.
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