Ma sulle pagine del Corriere Veneto che si può trovare una dichiarazione dei suoi compaesani che ben mostra quale sia lo spirito di ipocrisia di chi è sempre pronto a lanciare giudizi morali sulla base del pregiudizio per poi mettere in soffitta i loro dogmi nel garantire piena assoluzione a chi conoscono. Afferma il quotidiano:
I paesani lo difendono a spada tratta: «La sua confessione è già una scusa - dice una mamma con il passeggino -. Non si parla di pedofilia né di rapporti gay, per cui siamo tranquilli. Bisogna distinguere l’uomo dal sacerdote, e don Roberto è un prete in gamba: speriamo che torni presto, siamo pronti a mettere la firma e a perdonarlo». «Don Roberto –aggiunge Maria Elena Sinigaglia, sindaco di Rovolon– ha ben operato e i cittadini hanno sempre manifestato soddisfazione e affetto nei suoi confronti».
Insomma, il sacerdote perdonato perché le molteplici donne con cui aveva rapporti sessuali avevano una vagina. Fosse stato gay e se avesse avuto una relazione stabile con un altro uomo, lo si sarebbe dovuto mettere al rogo.
Ecco dunque la perversa logica di una Chiesa che appare sempre più omofoba, prova di come alcuni vescovi dovrebbero porsi delle serie domande riguardo al messaggio distorto che stanno inculcando nei fedeli solo perché non sono disposti ad accettare che anche i gay meritano rispetto e dignità.
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