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martedì 24 settembre 2013

SCUOLA. Anief: Napolitano ha ragione, nella PA solo all'Istruzione tolti 200mila posti in sei anni


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Con l'alibi delle riforme, nessun altro comparto ha ceduto così tante risorse umane per far quadrare i conti dello Stato. E ora a pagare sono i nostri giovani.

Le parole pronunciate ieri dal capo dello Stato sui tagli "alla cieca" attuati nei confronti della scuola negli ultimi anni, confermano quanto l'Anief sostiene da tempo: a partite dal 2006 l'istruzione pubblica italiana è stata privata di 200mila posti, che corrispondono a 1 docente e Ata ogni 12 di ruolo e addirittura a 1 dirigente scolastico o Dsga ogni 4 in pianta stabile. Il sindacato lo aveva denunciato un anno fa, mettendo a confronto il numero degli aventi diritto al voto delle Rsu scelte nel 2006 nelle scuole (oltre 1 milione e 200mila) con quelli dello scorso anno, quando la quantità di votanti crollò ad appena 1 milione.

"Solo ora le massime istituzioni delle Stato ammettono che negli ultimi sei anni non abbiamo assistito a delle riforme, ma a dei veri e propri atti vandalici nei confronti della scuola", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "Quanto detto dal Presidente della Repubblica - continua - rappresenta dunque una resa dei conti, un'ammissione, su un'opera di abbattimento degli organici che nessun'altra amministrazione pubblica ha subìto. Con conseguenze che i nostri ragazzi stanno pagando quotidianamente attraverso un'offerta formativa ridotta e inadeguata".

La verità, oggi venuta fuori pubblicamente, è che quelle che i nostri decisori politici hanno ipocritamente definito 'riforme', non sono altro che riduzioni considerevoli del tempo scolastico, innalzamenti continui del numero di alunni per classe, sparizioni di migliaia di istituti, cancellazioni infinite di posti.

"Anche sul rapporto numerico docenti-studenti si è speculato molto: non si è tenuto conto - spiega Pacifico - della peculiarità tutta italiana dell'alto numero di docenti di sostegno e di religione. Si tratta di quasi 150mila insegnanti la cui presenza, non 'depurata' dal totale, ha falsato il rapporto nazionale rispetto a quello europeo o dell'area OCSE".

Pure l'Università non è uscita indenne da questa politica all'insegna del risparmio a spese delle nuove generazioni: oltre ai tagli ai fondi ordinari, le facoltà accademiche si sono improvvisamente viste privare della preziosa figura dei ricercatori, messa ad esaurimento.

"Ad oltre 40mila menti brillanti italiane - commenta ancora il sindacalista Anief-Confedir - sono state tarpate le ali, costringendo tanti di loro ad emigrare all'estero. Una parte, come tanti altri meritevoli, ha cercato spazio nella scuola: si sono infatti abilitati all'insegnamento attraverso i Tfa oppure hanno vinto il concorso a cattedra, ma anche in questo caso lo Stato gli ha negato il diritto all'assunzione: opponendosi al loro inserimento nelle graduatorie pre-ruolo oppure posticipando le immissioni in ruolo per una serie di incredibili  intoppi burocratici".

Ora però la misura è colma. Anche il Capo dello Stato lo ha detto. Per questo, occorre che il Parlamento approvi correzioni urgenti al Decreto sulla Scuola, varando quegli emendamenti che l'Anief reclama di diversi giorni. Altrimenti, tutti i buoni propositi di questo inizio di anno scolastico, anche quelli più autorevoli, verranno ancora una volta spazzati via dai conti ragionieristici del Mef.

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