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mercoledì 8 febbraio 2006

TREND - Storie dall'ambiente di marketing


TREND - Storie dall’ambiente di marketing
(Numero 1/2006)

Editoriale
Siamo entrati nel 2006 da poco più di un mese e sono già molti i segnali, da diverse parti del mondo, che ci fanno intuire che anche quest’anno sarà ricco di novità e cambiamenti che influenzeranno il mercato ed i suoi attori. Mentre approntiamo la scaletta delle prossime uscite della nostra newsletter, in cui cercheremo di portare alla vostra attenzione alcuni dei segnali di cui sopra, abbiamo deciso di dedicare la prima uscita di quest’anno ad un artista e un temerario che risponde al nome di Philippe Petit. Lascio quindi a Ferdinando Buscema, Senior Trainer dell’Istituto, e alla sua collega e compagna Annarita Eva, il compito di introdurci a questo affascinante personaggio e alle lezioni che dal suo mondo possiamo applicare al management.

Buona lettura,
Mario Pasquino – Direttore, Istituto Superiore del Marketing

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Lezioni di Project Management.
Incontro con Philippe Petit, professione: funambolo
di Annarita Eva e Ferdinando Buscema

“I limiti esistono solo nell’anima di chi è a corto di sogni” Philippe Petit.

Project Management [prə’dzekt mǽnidzmənt], 1.L'insieme di attività volte alla realizzazione di uno o più obiettivi 2. Metodologia e logica organizzativa del lavoro in un team finalizzato ad un preciso obiettivo, che spesso rende necessaria una figura di riferimento (project manager), con specifiche responsabilità di organizzazione e gestione del progetto stesso.

Funambolismo [vc.dotta dal lat.tardo: funặmbulu(m), “che cammina sulla corda”], 1. Arte del funambolo, equilibrista che esercita le sue acrobazie su una corda o un cavo di metallo 2. (fig.) capacità di destreggiarsi nella vita, attraverso opinioni e tendenze diverse, affrontare probemi, in modo acrobatico.

Il personaggio di cui parleremo oggi è l’autore di uno dei testi di riferimento consigliati nei corsi di Project Management dell’Istituto Superiore del Marketing. Quanto segue è tratto dall’intervista concessa durante il suo soggiorno a Torino, nel Settembre 2005.

Si chiama Philippe Petit, di professione funambolo, da 40 anni gira il mondo sfidando le leggi della gravità, a grandi altezze e senza alcun tipo di protezione.

Definire Petit un funambolo è, ad onor del vero, un po’ riduttivo. Artista poliedrico, uomo colto e dal grande spessore umano, prestigiatore, giocoliere, artista di strada, disegnatore, scrittore, coreografo, regista teatrale, poeta, scacchista, ingegnere. Visionario e perfezionista, sognatore e ribelle, un uomo che si stupisce e gioisce di piccole cose, ma al contempo un uomo capace di concepire e portare a termine progetti ambiziosi ed estremamente complessi.
Ha iniziato a girare il mondo da giovanissimo, portando in scena le sue esibizioni, sia nelle piazze che su cavi installati a grandi altezze, clandestinamente. Sono proprio le sue performance sul filo che hanno fatto echeggiare il suo nome in ogni parte del mondo: dal Sydney Harbour Bridge in Australia alle guglie di Notre Dame a Parigi, dalle Cascate del Niagara alla Torre Eiffel, per citarne solo alcune, quasi tutte installazioni illegali, dopo le quali veniva regolarmente arrestato.

La sua installazione più spettacolare è stata quella del World Trade Center: nel 1974, all’età di 24 anni, ha teso un cavo tra le cime delle Torri Gemelle di New York, aggirando ogni sorveglianza, realizzando così il sogno di passeggiare nel vuoto tra le torri, avanti e indietro, per ben otto volte, a 412 metri d’altezza, per 45 minuti! Il suo libro“Toccare le nuvole” è il resoconto dettagliato e mozzafiato del “coup” (“il colpo”, come lo definì lui stesso, NdT) delle Torri, cronaca dei 6 anni passati dal concepimento dell’idea fino alla sua realizzazione.

Quando inizia a parlare del coup delle Torri si accende: a 30 anni di distanza, emana ancora quell’energia e quell’entusiasmo che gli hanno permesso di realizzare questo sogno:
“Ho concepito l’idea di camminare tra le torri quando non erano ancora state costruite! Vidi il disegno su una pubblicità circa la prossima costruzione delle torri. E lì ebbi l’idea. Avevo 18 anni.
I successivi anni li dedicai alla progettazione del colpo. Sei anni di studi, ricerche, disegni, sopralluoghi, allenamenti… che culminarono una mattina di agosto del 1974, 6 anni dopo”.

Philippe sottolinea la necessità di quella che in azienda è nota come Vision: l’idea di base, la Visione, dalla quale scaturisce la passione, l’entusiasmo, la determinazione a portare avanti il lavoro, anche attraverso gli immancabili momenti di smarrimento, dubbio e difficoltà. Avere una Vision in cui credere è una condizione sine qua non per procedere alle fasi esecutive del progetto.

Tutte le installazioni di Petit, sono dei veri e propri progetti:
“ Esistono vari tipi di progetto: tirare su un palazzo, costruire una macchina, dipingere un quadro o scrivere un libro. Per me, installare un cavo, mettere in collegamento 2 punti distanti tra loro, è un progetto, un progetto di sublime bellezza!!”
Nella realizzazione del coup delle Torri non sono mancati i problemi tecnici nonché altre problematiche, dall’illegalità del gesto alla gestione del team,… e di certo non intendiamo togliervi il piacere della lettura del libro, al quale rimandiamo per l’intera cronaca. In questa sede condividiamo con Voi le parole di Philippe, che completano e integrano quanto scritto nel libro.

Dopo la Vision, arriva la pianificazione del progetto, per rendere l’idea operativa e tradurre la Vision in Realtà. “……Il progetto richiede una pianificazione, una struttura, una road map: bisogna sapere quali sono le cose da fare, metterle in ordine di tempo, di gerarchia, di importanza, e FARLE! Dopo la pianificazione, bisogna AGIRE!”. Queste parole non sono diverse da quelle che si incontrano in libri di strategia aziendale e management, come quelli di Welch e Ohmae: “Costruire una nave richiede project management, così come scrivere un software, o fare un dolce, o ristrutturare un azienda…” o, aggiungiamo noi, installare un cavo sospeso a centinaia di metri d’altezza per poi camminarci sopra!

Poi ci sono i dettagli: “…io sono un fanatico dei dettagli, un maniaco, un ossessivo… controllo tutto quello che si può controllare, e anche di più, anche più volte! Da molti dettagli dipende la buona riuscita di una traversata, …e la buona riuscita di una traversata per me significa restare vivo! E ci tengo molto, per quanto possano sembrare folli le mie performance. Ho fatto molte cose improvvisate nella vita, e mi hanno insegnato molto. Ora ho un’organizzazione.”

E arriviamo ad un altro elemento importante: il teamwork. L’organizzazione di cui Philippe parla è un team composto anche da 40 persone, a seconda della complessità dell’opera. Gli abbiamo chiesto quale fosse il suo rapporto col suo Team. “Lavorare in team è un’equazione delicata, è un’alchimia di cuore e mente. Io amo collaborare con gente appassionata, che ci tiene a quello che sta facendo. E negli anni ho messo insieme una squadra di persone davvero eccezionali! Da alcuni di loro dipende la mia stessa vita! Ho un rapporto molto stretto con tutti loro, nel tempo della realizzazione del progetto. Insieme stiamo per creare qualcosa di bello, un’opera d’arte! Ecco perché il progetto è da amare! Questo non è un “lavoro”, (anche se ovviamente la gente viene pagata), questa è un’avventura!, della quale devono sentisi parte integrante e fondamentale, sebbene poi la performance vera e propria sia la mia. Nel periodo del progetto sono molto esigente: la gente sospende la sua vita, c’è solo il progetto! Prendere o lasciare!”

Parole molto decise, di chi pone un grosso investimento emotivo e psicologico su un progetto, e deve poter contare ciecamente sul suo team. Anche il suo stile di leadership è congruente:
“Io ascolto i consigli di tutti, ma alla fine decido io come e cosa fare. Ho il quadro della situazione molto chiaro e quindi capisco se un suggerimento è utile o no. Se lo riconosco utile, benissimo! Altrimenti facciamo a modo mio.” Anche il suo stile di leadership ci sembra chiaro.

E infine, arriva il giorno della performance, dell’esecuzione: “Quando arriva il giorno della traversata, mi sento pronto. La protezione di cui ho bisogno è nella mia testa, nelle lunghe ore di allenamento. Acquisto una tale sicurezza e concentrazione, che quando metto il primo piede sul filo, so esattamente quello che sto facendo. Entro in una dimensione a me familiare, mi sento a casa, non posso sbagliare. Ovviamente dico queste parole con grande umiltà, perché sono estremamente consapevole della fragilità della condizione umana, e so che potrei morire ad ogni passo. La mia è una ricerca dell’immobilità, lo zen sul filo, dove il vento dei pensieri è più violento di quello dell’equilibrio”.

Petit è un mirabile esempio di artista del vivere con passione e intensità, che ci mostra, con la sua opera, come sia possibile realizzare i propri sogni, con l’opportuna dose di studio, sacrificio e dedizione. È un mago che ci dimostra che niente è impossibile! E’ una perfetta incarnazione dell’archetipo jungiano dell’Eroe, che ha un progetto e lo porta a termine con feroce determinazione, superando ostacoli, esterni ed interiori.

Vogliamo chiudere con le parole che Philippe sentì rimbombare dentro di sè, la prima volta che vide le Torri Gemelle dal vivo, al pensiero di installare il cavo: “Impossibile! Impossibile! Impossibile!... e la sua risposta fu: “Let’s start to work”. (“Mettiamoci a lavoro!” NdT).

Oggi Philippe Petit ha 57 anni, è più in forma che mai e sta lavorando ad altri progetti molto ambiziosi. Gira il mondo tenendo conferenze e seminari in aziende su creatività, motivazione e project management. Vive a New York, dove è Resident Artist presso la Cattedrale Gotica Saint John The Divine.

Bibliografia:
“Trattato di funambolismo”, Philippe Petit, Ponte alla Grazie Editore
“Toccare le nuvole”, Philippe Petit, Ponte alla Grazie Editore
“The Art of possibility” – Roz and Ben Zander – Penguin Books
“L’eroe dai mille volti”, Joseph Campbell, Ed.Guanda
“Jack: Straight from the gut” – Jack Welch – Warner Books
“The mind of the Strategist” – Kenichi Ohmae – McGraw- Hill Books

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L’ISM – Istituto Superiore del Marketing
L’Istituto Superiore del Marketing si occupa da diversi anni e con successo di formazione aziendale e consulenza direzionale, principalmente nelle aree marketing, comunicazione e skill manageriali.

L’Istituto vanta oltre 2000 profili formati e più di 7000 ore d’aula ed un’offerta formativa al pubblico estremamente selezionata e focalizzata alle principali aree e funzioni aziendali. I Master proposti dall’Istituto si caratterizzano per la marcata operatività dei contenuti con l’obiettivo di costruire e riqualificare le competenze dei corsisti per un loro ottimale inserimento in ambito occupazionale. I Master dell’Istituto Superiore del Marketing sono sviluppati in collaborazione con esperti di settore, aziende leader nei rispettivi campi e il prestigioso Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche dell’Università di Roma “La Sapienza”.

TREND - Storie dall’ambiente di marketing
Il punto di partenza di ogni buon professionista del marketing è sempre l’ambiente che lo circonda. Il saper osservare la realtà con le giuste lenti può costituire, infatti, un vantaggio competitivo ove si scoprano nuove possibilità, opportunità, orizzonti. Spesso si tratta di deboli segnali dal futuro, semi di un qualcosa che deve ancora accadere, o evolvere.

TREND, la newsletter dell’Istituto Superiore del Marketing, vuole rappresentare l’occasione di esplorare, insieme ai nostri lettori, storie che sottintendono tendenze di carattere economico, sociologico o tecnologico che potrebbero dare forma al mercato del futuro. La parola “insieme” è importante perché il duplice invito che vi rivolgiamo è il seguente: da una parte contribuire con le vostre segnalazioni ad arricchire la nostra visione del panorama che ci circonda; dall’altra aiutarci ad invitare a prendere parte a questa conversazione altre persone.
Questo è lo spirito con cui vi presentiamo TREND, fateci avere i vostri feedback all’indirizzo newsletter@istimar.it

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