Dal Falernum al Falerno, un percorso di duemila anni, illustrato con diapositive e relazioni scientifiche da parte di eminenti studiosi del settore, nel seminario svoltosi nel museo civico "Biagio Greco" di Mondragone.
Al tavolo dei relatori, il sindaco della cittadina casertana, Achille Cennami, l'archeologo Luigi Crimarco, il prof. Luigi Moio, docente universitario e autore di 150 pubblicazioni, il dott. Nicola Trabucco, agronomo. Moderatore il giornalista Luciano Pignataro; presenti il deputato Mario Landolfi, l'assessore all'Agricoltura della Regione Campania, Gianfranco Nappi.
Si è partiti dalla scoperta di un'antica vite rinvenuta nel piccolo borgo di Falciano del Massico, dove sono stati individuati una serie di sulci (filari) in cui dovevano essere sistemate le viti per la produzione del Falerno per approdare alla nuova produzione e una maggiore visibilità sul mercato internazionale di un vino apprezzato e conosciuto anche in terre lontane fin dai tempi dei greci e dei romani.
La scoperta archeologica che ha dato nuovo vigore al Falerno del Massico, vino Doc dal 1993, quindi, il rinvenimento su uno dei numerosi terrazzamenti antichi, alle pendici del monte di tracce fossili di un vigneto e, all'interno dei solchi frammenti di ceramica fine di produzione africana, tipica del mondo imperiale romano.
L'obiettivo del forum mettere un punto fermo sugli studi e la divulgazione di una delle aree più importanti nella diffusione della vite nel Mediterraneo, l'Ager Falernum.
La testimonianza è che i Romani coltivavano la vite dai tempi di Romolo il fondatore, ma, se è citato dalle fonti antiche la presenza nella Roma arcaica di viti maritate ad alberi, su un modello di origine etrusca e di vigneti bassi, coltivati in vigne "a sostegno morto", sul modello greco (questi ultimi soprattutto in Campanile nel Lazio), poco noti e rari sono, invece, i rinvenimenti di testimonianze fossili di vigneti antichi.
Proposte e iniziative sono venute a conclusione dei lavori. Da parte dell'assessore Nappi, l'istituzione di una rete di Enoteche in ogni provincia, le strade del vino per convogliare nelle zone di produzioni un maggior numero di turisti e un tour nel mese di ottobre sulle rotte dei Romani. Il prof. Moio ha avanzato l'idea di un riconoscimento internazionale per il vino Falerno da parte dell'Unesco. L'on. Landolfi, mondragonese doc, disposto a seguire in ogni sua fase lo sviluppo di un programma di promozione e sostegno di un vino di nobili tradizioni.
Il meeting, promosso da Agrisviluppo, la società di promozione della Camera di Commercio di Caserta, presieduta da Giuseppe Falco che ha dichiarato di voler far ricostruire tre vigneti sul modello di quelli degli antichi romani in tre diverse zone: il teatro Romano di Sessa Aurunca,
Il vino era una delle fonti principali di guadagno degli antichi proprietari terrieri romani, a causa della grande richiesta di prodotti vitivinicoli proveniente da ogni parte dell'impero e anche da terre situate oltre i confini controllati da Roma, in aree abitate da popolazioni barbare. Anfore vinarie di produzione italica sono state rinvenute, insieme con alcune monete d'oro con l'effigie dell'imperatore Antonino Pio, in una zona precisa del sud-est asiatico, presso il delta del fiume Mekong. I vigneti dell'area tirrenica, in particolare quelli della Campania settentrionale e del Lazio meridionale, contribuivano a soddisfare, anche se in minima parte, una domanda di vaste proporzioni. Tra queste aree si distinse il vinum Falernum. Il miracolo non fu solo opera dell'uomo, poiché il risultato fu ancora una volta il frutto del giusto equilibrio che si venne a generare tra l'opera della natura e la fatica dell'uomo. I suoli eterogenei dei monti Petrino e Massico, sono, infatti, un prezioso miscuglio mineralogico, composto di rocce ignee, calcaree e sedimentarie. Le conclusioni un consorzio di produttori per riportare agli antichi splendori il Falernum.
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