Fino ad oggi avevo evitato di
dire la mia sulla grave crisi siriana. Non per indifferenza ma per una ragione
più valida: non mi ci raccapezzo più di tanto. Tuttavia, in queste ore in cui nella
stanza dei bottoni si discute se attaccare la Siria e scatenare il probabile inferno,
è necessario sforzarsi di comprendere cosa stia realmente accadendo in quel
Paese che un attacco militare esterno renderebbe incandescente.
La Siria è un
rebus che ci riguarda. Di più, un pandemonio contorto benché ci siano alcuni
punti fermi. Ne consegue la difficoltà di parteggiare per l’uno o per l’altro e tanto più di aderire alla scelta interventista o a quella
pacifista. Quel che è certo è che in Siria è in atto una guerra civile senza
quartiere. Il conflitto ha avuto inizio il 15 marzo 2011 con dimostrazioni pubbliche
e sommosse di piazza simili a quelle che hanno infiammato i paesi del Maghreb
(Algeria, Tunisia, Egitto e Libia) a partire dall’inverno 2010/11 e che i mass
media hanno inquadrato come “primavera araba”. Le dimostrazioni sono degenerate
nel corso del 2012 e hanno portato a una cruenta guerra civile che oppone due
schieramenti: le forze armate della Repubblica Araba di Siria e i ribelli, cioè
la coalizione nazionale siriana. Il primo schieramento è filogovernativo,
difende il presidente Bashar al-Assad. È sostenuto dall’Iran, dall’Iraq, dagli
Hezbollah libanesi, dalla Russia, dalla Cina e dall’Algeria. Il secondo è
rivoluzionario e ha l’appoggio dei Mujaheddin, dell’Arabia Saudita, del Qatar,
degli USA, della Turchia e in linea di massima dell’Europa. Mai come in questa
occasione, amici e nemici storici si ritrovano mescolati e non se ne capisce il
motivo. Dall’inizio del conflitto ad oggi le vittime sono state oltre 110.000,
i profughi sono già due milioni. A partire dal 2013, sono state impiegate anche
le armi chimiche. La situazione è tale che è impossibile prevedere gli sviluppi
di questa follia, molto dipenderà dalla decisione del Congresso americano se
bombardare o no Damasco. Intanto, uno stato antichissimo viene distrutto
sistematicamente, nel menefreghismo totale. Ricordiamoci che la nazione siriana
esiste da almeno 3.000 anni e che ha recitato un ruolo primario nella
storia della civiltà (tra l’altro, è la culla del cristianesimo).
La prima cosa
che balza all’occhio è la forte contraddizione in atto. Fermo restando che
Assad è dipinto come un criminale e potrebbe esserlo, per quel che ci
raccontano, e che il Paese ha bisogno di riforme, diventa difficile districarsi
in un Risiko giocato in un’area caldissima, sotto lo sguardo arcigno e
preoccupato di Israele. Chi sono i buoni, chi sono i cattivi? Quel che è certo,
è che i burattinai sono scatenati e i burattini eseguono pedissequamente i loro
ordini. L’altra, drammatica certezza è che il popolo siriano giace inerme fra
l’incudine e il martello, vittima di giochi di potere, grandi manovre di
geopolitica e rigurgiti di natura religiosa all’insegna della scelleratezza
umana. La morale è stata bandita, come la compassione. Non si combatte solo per
prevalere sull’avversario ma anche per annientarsi e qui entra in gioco l’odio
religioso. Parallelamente al braccio di ferro strategico che contrappone
l’Arabia Saudita e gli stati del Golfo a Iran e Iraq, gli Usa e i suoi alleati
alla Russia e alla Cina, è in corso anche un conflitto interno reale tra sciti
e sunniti, fra gli alawiti (un gruppo religioso musulmano cui appartiene Assad)
e la maggioranza sunnita del Paese. Per tacere della minoranza curda e di Al
Qaeda, i cui ruoli non sono chiari. La faccenda è più complicata di quel che
sembra, dunque, e gli interessi in gioco sono molteplici.
La sensazione
orribile è che la Siria sia un banco di prova, un laboratorio dove si pratica con
cinismo la vivisezione umana pur di raggiungere gli obiettivi. È come se vi si
attuasse una esercitazione generale, un test in vista dei prossimi giochi, che
non saranno olimpici ma apocalittici. Non è che per caso ci si sta preparando
alla terza guerra mondiale? Credo che il disordine scatenato in Siria non sia
casuale ma scientifico. Forse è veramente un “disordine creativo”, come lo ha
definito Mimmo Srour, un ingegnere siriano che vive in Italia. E se la terra
degli aramei fosse stata scelta per gettare le basi di un nuovo equilibrio
mondiale? L’ipotesi, taciuta dai mass media occidentali, è che Russia, Cina e i
paesi emergenti (India, Brasile, Sudafrica) lavorino dietro le quinte per
stabilire l’Ordine Nuovo, un nuovo assetto geopolitico sgradito agli USA, a Israele
e alla vecchia Europa. Lo dimostrerebbe il fatto che in Siria stanno
combattendo troppi mercenari, provenienti da ogni parte del mondo, cui si
aggiungono bande di delinquenti organizzati militarmente. Chi li manda? Chi li
paga? È gente assoldata per fare tabula
rasa. Se l’obiettivo è cambiare il regime, il fine ultimo è creare il
“Grande Medio Oriente” secondo un disegno di matrice segreta. Assad è tenace,
spavaldo, ma non potrà resistere a tempo indeterminato. La sua sorte è comunque
segnata. Conoscerà un triste crepuscolo, come Saddam Hussein e Gheddafi? Ma,
soprattutto, che fine farà la povera Siria? Una brutta fine, temo.
Il Nuovo
Ordine Mondiale, fautore di una cospirazione mondiale avvolta nel silenzio, ha le idee
chiare in merito. Odia la Siria e la vuole annientare. Perché? Le ragioni sono
diverse. Intanto, la Siria è in una posizione strategica, è una pedina
fondamentale sulla scacchiera. Purtroppo per lei ha una forte identità
nazionale e non ha debiti con il Fondo Monetario Internazionale. Elementi
inaccettabili per gli oligarchi mondiali. È un pericolo perché è a conoscenza
dei piani del Nuovo Ordine e potrebbe denunciarli. Poi, è l’ultimo paese laico
del Medio Oriente, dove convivono 19 confessioni religiose. Inoltre, ha il gas
e intende costruire oleodotti. Infine, è contro l’OGM. La sua autonomia e la
sua indipendenza, e in ultima analisi la fierezza del suo popolo, non si
conciliano coi progetti del NWO (New World Order) sull’area mediorientale e il
Mediterraneo. I siriani vanno castigati, anzi asfaltati. È ciò che sta
accadendo nell’indifferenza generale del mondo civile, la cui ipocrisia è vergognosa.
Si finge ribrezzo per l’uso delle armi chimiche e solidarietà per donne e
bambini trucidati ogni giorno. Ma si gira la testa dall’altra parte per non
vedere che nel volgere di poche settimane la Siria è stata riportata al
Medioevo, come è accaduto in Afghanistan. La rete ferroviaria e le centrali
elettriche sono state distrutte. Anche gli oleodotti sono fuori gioco. I
diritti umani sono cancellati. Ovunque regnano il caos, la violenza e la
miseria. I siriani vivono in un clima di terrore. Con grande ritardo, oggi si
discute se attaccare la Siria e riportare l’ordine. Va bene, ma quale? Che
ordine può portare il lancio dei missili e delle bombe intelligenti?
Ancora una
volta ci si sveglia tardi e ci si arroga il ruolo dei liberatori. La verità è
che assistiamo impotenti a una sceneggiata aleatoria, la cui evoluzione dipende
da troppi fattori economici e geopolitici per scommettere su ciò che accadrà domani
o, più semplicemente, per assumere una posizione convinta. E, soprattutto. per prendere
coscienza di chi siano i giusti in questa contesa, ammesso che ce ne siano. Al
momento, possiamo solo riconoscere con tristezza che ci sono tanti, troppi martiri
innocenti. Come le cavie di laboratorio, i siriani sono sacrificati in nome di
un cambiamento basato sull’avidità, la sete di potere, la cultura dell’odio e
la tecnologia della morte. In fondo, pensano in molti, sono solo topi.
www.giuseppebresciani.com
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