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domenica 18 settembre 2011

Il mondo raggiunge 7 miliardi di persone

31 ottobre: il mondo raggiungerà 7 miliardi d'individui. Non solo curiosità, ma la sfida diventa sempre più difficile per i governi del mondo per fame e povertà

Gli statistici non hanno dubbi: tra poco più di un mese, il 31 ottobre per essere precisi – l'umanità raggiungerà la soglia mai raggiunta prima nella storia dei 7 miliardi di individui.

Non si tratta di una semplice curiosità o di un dato campato in aria, ma il campanello di allarme di una nuova sfida per i governanti del mondo che si troveranno ad affrontare una enorme sfida da affrontare su scala globale per una popolazione mondiale che in soli dodici anni è passata da 6 a 7 miliardi.

Ma gli studiosi di statistica non si fermano qui e sono pronti a giurare che l'umanità continua a crescere al ritmo di 258 unità al minuto ed entro la fine del secolo verrà probabilmente superato il traguardo dei 10 miliardi di esseri umani.

Secondo quanto sottolineato dalla senior economist del Gruppo Allianz dottoressa Michaela Grimm, come è noto ormai da diverse decine di anni, i tassi di natalità più elevati si riscontrano in Africa, Asia e America Latina e, secondo gli esperti, la storica soglia demografica sarà varcata in India dove ci si aspetta la maggior parte delle nascite quest'anno anche perché secondo le proiezioni in possesso di chi studia i fenomeni demografici globali, la popolazione indiana sarà destinata a superare quella cinese nell'arco di una decina d'anni.

La data del 31 ottobre oltre ad assumere un significato epocale per chi si occupa di questi fenomeni, quindi, coinvolgerà aspetti che per Giovanni D'Agata componente del Dipartimento Tematico "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", dovrebbero preoccupare e preoccuperanno i governi attuali e futuri perché una crescita così repentina e impetuosa della popolazione comporterà inevitabilmente gravi problemi che riguardano l'approvvigionamento di cibo, acqua ed energia connessi al concetto stesso di sostenibilità di uno sviluppo demografico così ampio, specie in determinate aree del mondo dove ad un aumento di tali indici già oggi corrisponde una più bassa aspettativa di vita.

Tant'è che è già noto in statistica che se mediamente un bambino nato oggi ha un'aspettativa di vita di 68 anni, un neonato che viene al mondo nel Vecchio Continente può ragionevolmente vivere fino a 80-90 anni. Tuttavia, il basso tasso di natalità che caratterizza l'Europa rende estremamente improbabile che il "7 billion baby" nasca in uno dei Paesi U.E. (c'è solo uno 0,5% di possibilità).

A fare purtroppo la differenza ancora ai giorni nostri non è tanto il "quanti siamo", ma anche e soprattutto il "dove si nasce".

Lecce, 18 settembre 2011 Giovanni D'AGATA

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