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sabato 18 novembre 2006
Aspetti femminili della creazione: Debora Hirsch e Cristina Treppo
a cura di Maria Luisa Trevisan,
15 dicembre 2006 – 31 gennaio 2007
Radar Arte Contemporanea, via Caneve 12 – 30173 Mestre Venezia, +39 041 534 44 27, +39 338 529 30 34 info@arteradar.com, http://www.arteradar.com/, ma-sa 16-19.30 (verificare telefonicamente)
La mostra ideata e curata da Maria Luisa Trevisan prende spunto dall’esposizione Lilith. L’aspetto femminili della creazione, (ideazione, progetto e cura di Maria Luisa Trevisan, 2004 Scuderie Aldobrandini, Frascati) e ne rappresenta la continuazione, in quanto si sono volute accostare creatività e sensibilità femminili differenti, che comunque mostrano una loro forte identità rispetto a quella prodotta dall’altro genere, il maschile.
Due artiste molto diverse a confronto dunque, appartenenti alla stessa generazione, ma con culture differenti alle spalle: una di origine brasiliana e l’altra italiana e quindi rappresentanti due modi di esprimere una visione del mondo al femminile, in cui si evidenziano le dicotomie natura-cultura, naturale-artificiale, manuale-tecnologico, innovazione-tradizione, caldo-freddo, lineare-prospettico, superficiale-profondo, chiuso-aperto, chiaro-scuro, alto e basso, spazio-tempo, tattile-visivo, ecc.
Debora Hirsch (San Paulo del Brasile, 1967) usa la pittura, il video, la fotografia, ama il mito, la storia dell’arte (ad esempio il Rinascimento ma anche la pittura europea dell’800, la Pop Art, correnti che riprende sia nei temi che nella tecnica), ma anche la letteratura, il cinema, la musica, il fumetto. Molti sono i riferimenti espliciti e dichiarati che effettua nell’accoppiare personaggi distanti nel tempo e nello spazio, come nella serie So What, dove effettua arditi abbinamenti ed un gioco tra cultura alta e bassa, immagini note della storia dell’arte e tecnica del fumetto: Federico da Montefeltro e Dick Tracy con l’impostazione del ritratto rigidamente di profilo utilizzato da Piero della Francesca ed il segno lineare di Osvaldo Cavandoli, oppure la Sibilla Delfica di Michelangelo presente nella Cappella Sistina e Wonder Woman con l’impianto compositivo del grande Buonarroti, o altri con riferimenti a Van Gogh e Corto Maltese con segno tipico di Ugo Pratt e l’immagine di tre quarti del ritratto di Van Gogh, Marilyn Monroe e Daisy Mae con riferimenti alla campitura piatta, alla solarizzazione di Andy Warhol, Papa Innocenzo X e Silver Surfer, ecc. Riflette sui meccanismi della comunicazione (il video Etix e la serie ITEM e FILE), affrontando tematiche attuali, in cui mostra un impegno sociale nel denunciare ingiustizie (The Last Supper, video sui condannati di piccoli reati ammazzati dalla polizia brasiliana), differenze di classe e diseguaglianze della società brasiliana, come nella serie Br 101 e Br 101 outdoor che prende il nome da una autostrada lunga 15.000 km che lega il Sud ricco con il Nord povero del paese. In queste fotografie mostra scene emblematiche in cui immagini comuni prese dalla strada si mescolano con l’arredo lussuoso di un salotto borghese (A view from inside the car), giocando sull’ambiguità delle immagini come in Showers in cui le docce nel giardino di uno dei più esclusivi resort brasiliani sembrano delle croci di un cimitero o memoriale ai caduti, o mettendo in risalto - come in Oasis - il rapporto subalterno tra due uomini neri dove uno è il capo l’altro un operaio su una spiaggia. In Building ha formato un condominio cadente mettendo insieme pezzi di immagini di palazzi diroccati di San Paulo. Tocca temi esistenziali personali come nel video - autoritratto Lachesis. Parla un linguaggio tecnologico, freddo, volutamente distaccato, anche quando usa un medium caldo – per dirla secondo le categorie di Herinch Wöllflin - come la pittura, e ha come riferimento l’orizzonte culturale occidentale.
Cristina Treppo (Udine, 1968) al contrario ha come riferimento la natura e il rapporto che con essa l’uomo contemporaneo attua. Utilizza un linguaggio caldo, esaltando l’aspetto tattile dei materiali e recuperando in chiave artistica una manualità che richiama un lavoro attribuito per tradizione alla donna, quello della lavorazione delle stoffe, dei filati, dei pizzi, ecc., un’attività che molte ragazze della nostra generazione hanno rifiutato o non hanno imparato dalle mamme o dalle nonne per vari motivi, di cui Cristina Treppo come artista-donna si riappropria. Le sue opere sembrano parlare in modo sommesso, bisbigliato, con lunghe pause e silenzi più che un linguaggio apertamente dichiarato. Realizza installazioni che ambienta in luoghi chiusi o aperti (Muffa; Segreti e bugie), sfiorando con delicata leggerezza temi quali la difficoltà nei rapporti interpersonali e il fragile equilibrio che si evidenzia a volte anche nel rapporto di coppia (Talamo rosso). Dalle installazioni trae a volte intense immagini che fissa nelle raffinate stampe digitali su alluminio (Muffa, sviluppo verticale), ispirate alla natura, ai sentimenti, all’esistenza, al femminile (Perdita 1 - 2, To Night). Altre volte le foto ritraggono composizioni floreali, nature morte, composte in maniera accurata con oggetti di vario tipo. Di particolare interesse per l’artista sono le piante e la tematica naturalistica in genere. La natura è riprodotta con materiali morbidi, caldi, carezzevoli (pizzi, peluche, filo, arazzi, stoffe di vario tipo) che sollecitano ricordi famigliari, creando ambiguità tra naturale e artificiale (Pink Garden; Paesaggio rosa; Naturale Artificiale – Giardino d’inverno; Naturale Artificiale – Erbario; Paesaggio Rosa; Paesaggio Verde; Paesaggio Oro).
La fotografia riveste un’importante funzione per entrambe le artiste, in quanto in Debora Hirsch è alla base delle sue elaborazioni video e si sa che ricopre un ruolo fondamentale anche nel fumetto, come substrato compositivo. In Cristina Treppo la fotografia diventa lo strumento per fissare e conservare nel tempo interventi ambientali, concepiti come fossero scene teatrali o set cinematografici accuratamente preparati da un sapiente scenografo.
Dal testo di Maria Luisa Trevisan
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